Corso Francia a Torino (qui) è stato sicuramente concepito da qualcuno dotato di ironia toponomastica. In direzione ovest, la linea immaginaria di quell’arteria arriva a Bardonecchia e il tunnel per la Gallia. In fondo al lato est, invece, capeggia la basilica di Superga, un maestoso monumento anti-francese.

Nel 1706, l’apolide Principe Eugenio di Savoia salì sulla collina di Superga per spiare l’accampamento dell’esercito franco-spagnolo che assediava Torino. Nei giorni successivi, il grande condottiero aggirò i nemici, li prese al contrario, e vinse la battaglia, nonostante la disparità delle forze in campo. Per celebrare la vittoria, il re Vittorio Amedeo fece costruire su quella collina l’omonima basilica. Ne consegue che l’importante arteria cittadina citata sopra può avere il significato di onorare i vicini d’oltralpe, ma può anche essere interpretata come un beffardo “ciaone!” sulla strada che li riportò a casa con la coda tra le gambe.

L’Inkompetente di questo blog, grande ammiratore del principe Eugenio, predilige la seconda simbologia, e nella sua immaginazione l’arteria ha cambiato nome: non più “CORSO Francia”, ma “VIA dalle Palle”.

L’Inkompetente non lascia nulla al caso: ogni sera, prima di coricasi, riallaccia tutti i fili di questioni pendenti, private e collettive. A volte scopre trame sorprendenti, altre gli capita di allacciare i fili sbagliati, creando stimolanti cortocircuiti. Uno dei fili sospesi più enigmatici è il Punto 7, Articolo 2 del trattato del Quirinale Italia Francia (2021), a proposito del quale qualche mese fa aveva scritto un articolo (qui): «Le Parti s’impegnano a facilitare il transito e lo stazionamento delle forze armate dell’altra Parte sul proprio territorio».

L’Inkompetente è andato a spulciare l’analogo trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania (2019). L’articolo corrispondente (qui) ha un tono e un significato molto diversi: «(…) In caso di attacco armato ai loro territori, le Parti forniranno reciprocamente ogni mezzo di assistenza o aiuto (…) compresa la forza militare (…)» (Articolo 4 del Capitolo 2).

E’ poco verosimile che nei prossimi anni un esercito Italiano marci a nord-ovest sul suolo francese, anche perchè tradizionalmente, in Europa, i casini accadono sempre a sud est. Sarà quindi più probabile scorgere un pugno di francesi armati fino ai denti fare capolino dal tunnel di Bardonecchia, piuttosto che soldati italiani armati di bombe a mano sbucare a Modane.

Ora ci siamo. L’Italia è sul punto di entrare in una coalizione militare con Francia e Germania nel mar Rosso, dove gli Houthi dello Yemen ostacolano con azioni piratesche il traffico marittimo. Chissà: potrebbe anche essere il primo passo del tanto citato esercito europeo, utile forse anche in prospettiva “Sahel” in Africa.

Gli ultimi tempi sono stati catacombali per il Françafrique. Le politiche Francesi da quelle parti hanno contribuito all’insorgere di un nazionalismo sconosciuto in passato. Anche l’attacco Nato alla Libia nel 2011 ha provocato danni incalcolabili alla reputazione Francese nel centro Africa. Quel Paese con Gheddafi era un filtro essenziale per arginare l’immigrazione clandestina in Europa, ma la guerra voluta fortissimamente dall’allora Presidente Francese Sarkozy, lo ha spezzato in due, trasformandolo in un buco nero.

Negli ultimi tre anni, le ex colonie Francesi sono state martoriate dai colpi di stato: Ciad, Guinea, due colpi a testa in Mali e Burkina Faso, e infine Niger e Gabon. La rivista “Limes” di Settembre riporta le parole di Michael Shurkin, esperto di difesa Europea: «In Sahel i francesi sono radioattivi, e stanno per essere cacciati. Bisogna riempire il vuoto, se possibile, per evitare che lo riempiano i russi».

Per riempire quel vuoto, i Francesi hanno forse bisogno di un vero esercito Europeo dove possano mimetizzarsi, se non proprio nascondersi, e diluire quella radioattività. Prima di fare capolino a Bardonecchia, però, dovranno porsi qualche domanda, e noi cugini saremo felici di aiutarli, fornendo una risposta forte e chiara: la Francia da sola conta come il due di picche.

Per una vera presa di coscienza, il loro Presidente dovrà auto-infliggersi un vertiginoso downgrade, simile a quello applicato dall’Unione Astronomica Internazionale nei confronti di Plutone, declassato nel 2006 da NONO Pianeta del sistema solare a NANO Pianeta. Con quello stesso spirito, Macron dovrà probabilmente rinunciare al soprannome “Jupitérien” che si era scelto, adottandone uno più modesto, magari “Plutonìk”.

Tra l’altro, il plutonio c’entra con l’energia nucleare, anche se in Africa i Francesi devono proteggere le miniere di uranio, ingrediente indispensabile per le loro malandatissime centrali.

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