Il “tam tam” guerrafondaio ha raggiunto nuove vette comunicative. Ecco le parole di Federico Rampini sul Corriere dell’8 Giugno:

«Più di quattrocentomila americani morirono nella Seconda guerra mondiale. Ventinovemila solo nell’operazione dello sbarco in Normandia. La sconfitta dei nazifascismi fu possibile perché una generazione di giovani americani pagò un prezzo altissimo in un conflitto europeo che non li minacciava direttamente (…) Di fronte all’aggressione di Putin in Ucraina, il presidente americano non ha mai “aizzato” gli ucraini, non li ha affatto usati in una “guerra per procura” (…) Forse un giorno nelle scuole sarà utile soffermarsi sul significato del D-Day in Normandia, affrontando la domanda seguente. L’Europa sarebbe stata liberata dai nazifascismi, se una generazione di americani ottant’anni fa avesse rifiutato la chiamata alle armi, e avesse scelto invece di sfilare in cortei pacifisti contro Hitler?».

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La resa di Stalingrado (2 Febbraio 1943) inflisse alla Germania un danno mortale equiparabile alla recisione della carotide, con gli effetti del dissanguamento dilatati nel tempo fino alla capitolazione finale. Nella conferenza di Teheran (28 Novembre 1943), Roosevelt Churchill e Stalin discussero già della spartizione dell’Europa alla fine della guerra. La conferenza di Bretton Woods (1 Luglio 1944) cominciò pochi giorni dopo lo sbarco in Normandia (6 Giugno 1944), e già configurava l’assetto finanziario mondiale successivo alla fine della guerra, con l’ancoraggio al dollaro delle valute europee (+ yen giapponese).

Mettere sullo stesso piano, come fa Rampini, l’Europa del 1944 e l’Ucraina del 2024 è imbarazzante per un giornalista del suo rango. Bisogna proprio essere disperatamente alla ricerca di argomenti utili al “tam tam” per paragonare un continente distrutto, ma con enormi competenze culturali sociali e industriali, con un “buco nero” come l’Ucraina, Paese fallito già prima dell’invasione russa.

Rampini sembra invocare il coinvolgimento diretto dei nostri soldati, schierandoci in una guerra fratricida cominciata molto prima del 24 Febbraio 2022, e che la politica estera americana ha costantemente vessato, provocato e stuzzicato come una bolla nell’intonaco. Affermare che Biden non avrebbe mai aizzato, significa sostenere che la decisione di inglobare l’Ucraina nella Nato (Giugno 2021, sei mesi prima dell’invasione russa) fu una decisione democratica e collegiale, dove uno vale uno: Lettonia = Stati Uniti, Ucraina = Germania. Tutti utili, nessuno responsabile.

Ignorare la correlazione tra l’inquadramento dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica e la successiva invasione russa, è come quella tribù che non ha mai compreso la correlazione tra coito e gravidanza.

Con le elezioni europee alle spalle, il rischio è vedere il “tam tam” trasformarsi in mobilitazione militare. Lo storico Christopher Clark ideò la metafora dei sonnambuli Europei che nel 1914 scatenarono la Prima Guerra Mondiale a loro insaputa, in una specie di dormiveglia della ragione. Con migliaia di testate nucleari russe puntate contro l’Europa, quella del 2024 verrebbe ricordata (non da noi, ma dall’allibito ET che ci osserva dall’alto dei cieli) come la mobilitazione degli zombie.

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