Cyberuomini e transumanesimo: perché dal progresso (ogni tanto) si dovrebbe diffidare
Progresso, tecnologia, innovazione, futuro, digitalizzazione. Concetti che sono solitamente espressi sempre e solo in senso positivo, per il loro impatto sulla società umana. Eppure non sempre il progresso ha portato cambiamenti in meglio. Basti pensare alla bomba atomica, o alla disoccupazione provocata dalla “robotizzazione”. Insomma, senza essere “luddisti” a tutti i costi, dal progresso, a volte, sarebbe bene diffidare. Specialmente quando questo rischia di disumanizzare la società. Lo spiega, ad esempio, nel suo ultimo lavoro (“Cyberuomo. L’alba del transumanesimo e il tramonto dell’umanità”, edito da Arianna Editrice), la scrittrice torinese Enrica Perucchietti.
Uno dei primi capitoli si apre con un titolo che è una domanda. Perché scrivere oggi, in pieno neo-positivismo tecnologico, un libro sul transumanesimo? “Perché – spiega l’autrice – è una tematica che sebbene sembri ‘lontana’ nel tempo riguarda e dovrebbe interessare maggiormente la collettività, dall’automazione alle ripercussioni di alcune ricerche nel campo del post-umano. Credo sia necessario proporre all’opinione pubblica i retroscena e gli aspetti più ambigui e opachi non solo della rivoluzione digitale e dell’automazione ma più in generale delle ricerche nel campo dell’Intelligenza Artificiale e della medicina perché sfociano nel controllo sociale e nella sorveglianza tecnologica. Dietro al mantra del ‘progresso’ si stanno finanziando ricerche che secondo me dovrebbero invece essere discusse soprattutto da un punto di vista etico e sociale: che senso hanno clonazione, creazione di chimere, uteri artificiali, crionica, mind uploading e soprattutto l’ibridazione uomo-macchina? Ho l’impressione che si stia divinizzando la tecnologia, facendone un nuovo feticcio da adorare. Al contrario, le macchine e l’innovazione dovrebbero essere al servizio dell’uomo, un mezzo per migliorare il benessere collettivo, non per aumentare il divario tra ricchi e poveri e per stringere le maglie del controllo sociale”.
Nel secolo scorso le distopie futuristico-tecnologiche riscuotevano grande successo, sia nella letteratura che al cinema. Oggi è un genere meno affrontato. Segno che forse l’uomo ha meno paura della tecnica. O, forse, come spiega la Perucchietti: “sono affrontate ma con un taglio radicalmente diverso: hanno subito una specie di ribaltamento, eccetto pochi casi come esempio la trilogia di Richard Morgan Altered Carbon da cui è stata tratta anche la celebre serie TV prodotta da Netflix. Negli anni Settanta e Ottanta, per esempio, i film di fantascienza e i romanzi cyberpunk contenevano un’aspra critica verso le derive tecnologiche: la tecnologia e i suoi paradisi artificiali rischiavano di schiavizzare l’uomo. Oggi, invece, questa critica è solo accennata se non addirittura scomparsa, offrendo semmai un connubio di spettacolo e intrattenimento volti a sdoganare la comodità e l’efficacia della tecnologia. Ci sono sempre più film, romanzi, graphic novels e serie TV con protagonisti ibridi, supereroi che sono stati potenziati fisicamente e cerebralmente o persino automi, che spingono quindi lo spettatore ad anelare di vivere in una condizione simile di potenziamento fisico e psichico, come se la condizione umana non fosse abbastanza. Stiamo cioè vivendo una fase in cui i limiti vengono rigettati e si sogna di poter abbattere le catene biologiche. Drammaticamente, però, come narro nell’antefatto del mio libro, stiamo percorrendo un sentiero inverso a quello del Pinocchio di Collodi: Pinocchio attua una trasmutazione dallo stato di schiavitù (la condizione di marionetta) a quello di Uomo (con la libertà e le responsabilità che ne conseguono). Noi oggi, invece, siamo irretiti da un sogno prometeico: abbattere la natura, potenziare il corpo, cambiare il nostro destino biologico e trascendere i nostri limiti. Per diventare una marionetta dalle sembianze cibernetiche. Una macchina”.
Il progresso sta, insomma, rischiando di superare la capacità umana di guidarlo e controllarlo. “La paradisiaca strada – prosegue la Perucchietti – della tecnologia può condurre verso scenari che non sono stati meritatamente discussi ma che filosofi, scienziati, persino romanzieri hanno predetto in modo straordinario, lanciando un grido d’allarme che è rimasto inascoltato. L’entusiasmo e l’esaltazione acritica nel progresso e nella tecnologia stanno oscurando il lato nascosto delle ricerche che analizzo nel libro, dal campo dell’automazione alla ricerca della vita eterna. La domanda che pongo al lettore è la seguente: ‘Siamo sicuri che tutto ciò che è tecnologicamente possibile (o che lo sarà in futuro) sia da ricercare e applicare a tutti i costi?’. Come mostro nel mio libro, dietro la parola ‘progresso’ si nascondono ricerche che fino a qualche anno fa sarebbero state bollate come incubi distopici e che vengono offerte all’opinione pubblica come un traguardo per l’evoluzione collettiva. Se critichi qualunque cosa venga etichettata come ‘progresso’ vieni automaticamente bollato come un oscurantista e un neoluddista, inibendo il confronto e censurando il dialogo che invece sarebbe a mio dire necessario”.
La tecnica sta oggi raggiungendo dei traguardi (o e prossima a raggiungerli) di cui forse, anziché accoglierli sempre e comunque con aria festante, bisognerebbe avere paura. “Le ricerche che mi inquietano di più – conclude l’autrice – sono quelle relative al tecnosesso, mind uploading, crionica, ibridazione uomo-macchina, ma anche la possibilità di clonare essere umani, la fabbricazione di chimere, gli xenotrapianti e l’ectogenesi: è probabile che in futuro le nuove generazioni nasceranno in uteri artificiali. Vi è poi il problema legato a un eventuale pericolo legato alla IA (Intelligenza Artificiale). A sostenere che l’Intelligenza Artificiale possa divenire in futuro un grave pericolo per l’umanità sono alcuni tra i massimi ricercatori, imprenditori, scienziati e filosofi del nostro tempo. Il patron di Tesla, l’imprenditore visionario Elon Musk ha definitivo l’IA come ‘la più grande minaccia alla nostra esistenza’. Anche Bill Gates e l’astrofisico Stephen Hawking, hanno espresso la loro preoccupazione. Tra i ‘pentiti’ troviamo persino un transumanista come Nick Bostrom che nel suo ultimo libro Superintelligenza prevede quali possono essere i superpoteri e le strategie che una IA divenuta superintelligente potrebbe usare contro di noi: dall’hackeraggio per sfuggire al controllo dei suoi ‘guardiani’ umani, a un vero e proprio attacco. Insomma, quello che costoro ci stanno dicendo è che una sfida tecnologica potrebbe diventare nell’imminente futuro, una sfida per la sopravvivenza. Le macchine prenderanno il sopravvento e la specie umana rischia di scomparire nella competizione tra materia organica e inorganica. Fermo restando che l’innovazione e le ricerche in campo medico, scientifico e tecnologico sono tanto apprezzabili quanto auspicabili, dovremmo andare più cauti e interrogarci sugli eccessi del progresso, individuando quali di queste ricerche non siano in realtà dei ‘cavalli di Troia’ per legittimare progetti iper-capitalistici volti alla reificazione dell’uomo. Ricerca sulla vita artificiale, clonazione, creazione di chimere, potenziamento tecnologico, crionica, mind uploading, sono i molteplici aspetti di un unico scopo, la creazione dell’uomo OGM, di un individuo geneticamente modificato che possa soddisfare le esigenze del potere: obbedienza, sottomissione, omologazione. Lo scopo del saggio è far conoscere al grande pubblico il pensiero transumanista, ancora sconosciuto ai più e aprire un dibattito sulle possibili conseguenze che tali ricerche possono comportare per l’intera società”.