guenon_copertinaNei giorni (bui) del Covid-19 e dell’ #Iorestoacasa, le giornate sembrano infinite, con 60 milioni di italiani costretti a una forzata detenzione domiciliare. L’apatia, così, rischia di prendere il sopravvento sulla paura del morbo. In una situazione di questo tipo, caratterizzata dal virus della noia, non può esserci cura migliore di una buona lettura.

A tal proposito vale la pena menzionare un saggio di Carlo Corbucci, edito da Cinabro Edizioni per la collana Sophia: “A chi fa paura Renè Guenon?”. L’autore, avvocato e romano di adozione, è un esperto di cultura islamica e studioso di metafisica. Il profilo ideale, dunque, per trattare la vita di quello che è forse il maggiore pensatore tradizionalista degli ultimi due secoli. Già autore di varie pubblicazioni per i tipi di Irfan Edizioni, tra cui “René Guénon e Ibn Arabi” (2014) e “Islam: sunnismo e sciismo dalla prospettiva metafisica e iniziatica dell’esoterismo integrale” (2017), con questo libro inaugura la sua collaborazione con Cinabro.

Il libro, come racconta la quarta di copertina, è stato già “pubblicato in una prima versione”, ora “riveduta e aggiornata dall’autore, sulla rivista Heliodromos nel 2014”. Lo scritto “si pone l’obiettivo di chiarire perché, detto con la chiarezza che questi tempi ultimi ormai richiedono, René Guénon, o meglio la Sua Opera, faccia paura a molti o forse a tutti. Come spiegato lucidamente dall’autore in questo agile ma incisivo saggio, l’Opera di Guénon fa paura perché, muovendo da una radicale e totale condanna della mitologia modernista, dall’individualismo all’illusione progressista, dallo scientismo al democraticismo, dal materialismo fino all’intera cultura moderna, colpisce tutti i ‘sacrari’ sui quali l’uomo moderno ha fondato i suoi illusori equilibri e le sue false ed erronee convinzioni”.

Così, mentre in televisione imperversano Burioni e soci, novelli sacerdoti del credo di cui sopra e cantori del totalitarismo sanitario che avanza a colpi di decreti annunciati di notte e validi dalla mattina seguente, poeti che invitano i cittadini a rallegrarsi del loro stato di prigionia e a non disturbare il manovratore, leggere questo volume può essere un esercizio utile per provare, almeno nell’intimità delle propria mura domestiche, a isolarsi ermeticamente dall’imbecillità dilagante. E, se possibile, a guardare la realtà contingente con uno sguardo di sereno distacco. Distacco che, oggi, appare più che mai necessario.

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