“Bisogna avere fiducia nella scienza”. In tempi di polemiche tra i cosiddetti “pro-vax” e “no-vax” questa è una frase ricorrente nel dibattito pubblico. A volte, tuttavia, il termine “fiducia” è sostituito da “fede”, vocabolo che tradisce l’approccio fideistico che l’uomo contemporaneo ha nei confronti del progresso scientifico, convinto com’è che qualsiasi cosa sia partorita dalla tecnica e, per l’appunto, dalla scienza possa fornire un contributo certamente migliorativo all’esistenza umana. Non così la pensava, con tutta evidenza, un signore britannico vissuto tra la fine dell’Ottocento e gli anni Ottanta del XX secolo, Walter Ernest Christopher James, quarto barone (lord) Northbourne. Personaggio eclettico, lord Northbourne fu olimpionico di canottaggio e poi studioso di scienze agrarie, precursore dell’agricoltura biologica oltre che traduttore nel Regno Unito delle opere di René Guenon e Frithjof Schuon, condividendo con entrambi la visione dell’esistenza di verità metafisiche fondamentali condivise da tutte le tradizioni religiose.

Ma con i due grandi maestri lord Northbourne condivideva evidentemente anche un certo (e radicale) pessimismo circa la deriva intrapresa dall’umanità del suo tempo (e quindi anche di quella attuale…), per i pericoli mortali cui il progresso scientifico sottoponeva la visione tradizionale e olistica della vita.

Frutto di questo atteggiamento e delle sue vaste conpscenze furono alcune opere, una delle quali è stata recentemente ripubblicata in italiano da Cinabro Edizioni. Il titolo (“Quale progresso? Come lasciarsi alle spalle un’ideologia”) chiarisce subito come questo saggio sia in realtà una sorta di manifesto, che analizza la situazione contingente dall’universale al particolare (senza dimenticarsi di affrontare il tema delle coltivazioni e dell’agricoltura, evidentemente cari all’autore), con una netta chiarezza espositiva ed evitando astrazioni “esoteriche” e divagazioni intellettualistiche o non necessarie. Il risultato è un’opera di gradevole lettura, dal contenuto immediatamente intelligibile ma forte e segnante.

“Convinta dell’essenziale bontà del progresso – spiega l’introduzione al volume della casa editrice – gran parte dell’umanità è decisamente coinvolta nel proteiforme culto del cambiamento. In effetti i presupposti che sono alla base dell’ideologia progressista non sono mai stati messi seriamente in discussione, né minimamente divulgati. Ormai è cosa urgentissima tirare in ballo tali presupposti e cercare di andare incontro alla reale verità”. Così, “nel saggio l’autore pone la questione da vari punti di vista. La penetrante chiarezza e freschezza delle immagini presentate al lettore non potranno che contribuire a una migliore e provvidenziale comprensione dell’illusoria fede nel progresso, sia nelle sue origini che nelle sue tendenze contemporanee”.

Bisogna però aggiungere che questo saggio non è di interesse solo per chi già ne condivida i presupposti ideologici o culturali, ma può anzi contribuire all’esercizio di una forma di pensiero critico per chi invece non si sia mai posto una domanda oggigiorno rara ma essenziale: ma il progresso è davvero tale?

 

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