La guerra in Ucraina come “Attacco all’Europa”. L’ultimo libro di Marco Pizzuti
Si intitola “Attacco all’Europa. L’altra faccia della guerra in Ucraina” l’ultimo libro-inchiesta di Marco Pizzuti (edizioni Il Punto d’Incontro). Il conferenziere, saggista e già ufficiale dell’esercito romano, autore prolifico nel ramo della cosiddetta “contro-informazione” (cioè l’informazione che esce dai circuiti ordinari del mainstream mediatico), ha voluto dedicare la sua ultima fatica al conflitto che vede contrapposte Mosca e Kiev. La scelta del titolo è di per sé significativa, perché prelude a una lettura della guerra in corso che tira in ballo, nelle vesti di vittima, anche l’Europa occidentale. Il testo, peraltro, è uscito quasi contemporaneamente al recente attentato ai danni del gasdotto North Stream, nel Mar Baltico, che ha danneggiato forse irreparabilmente quella che Vladimir Putin, nel discorso di annessione delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporozhzhia, ha definito “infrastruttura paneuropea“…
“Il titolo – spiega l’autore – vuole andare subito al sodo e rivelare il vero scopo di questo conflitto: rafforzare l’egemonia USA sull’Europa, indebolendola economicamente e costringendola a dipendere da Washington e da Wall Street anche per le sue risorse energetiche primarie. In tale contesto, non è un segreto che per gli Stati Uniti, i gasdotti russi North Stream e North Stream 2 erano visti come fumo negli occhi e andavano chiusi mettendo l’Europa contro Mosca. Solo chi è in malafede infatti, può non accorgersi che tutte le sanzioni economiche contro la Russia hanno un effetto boomerang disastroso sull’economia europea. Non a caso, il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire, non ha usato mezzi termini nel dichiarare quanto segue durante il suo intervento all’Assemblea nazionale sulla legge di bilancio: ‘Non dobbiamo lasciare che il conflitto in Ucraina finisca con un dominio economico degli Stati Uniti e un indebolimento dell’Europa. Non possiamo accettare che il nostro partner americano ci venda il suo gas liquido (Gnl) a quattro volte il prezzo al quale lo vende ai propri industriali’. Anche il Quotidiano del Popolo, la voce del Partito comunista cinese, ha assestato un duro affondo contro USA, NATO e soprattutto l’Europa, incapace si sfilarsi dalla stretta americana: “Gli Stati Uniti stanno usando l’Ucraina come una pedina sulla loro scacchiera geopolitica, in modo da contenere la Russia, soffocare l’indipendenza strategica dell’Europa e sostenere la sua egemonia in declino in Europa. Gli alleati europei degli Stati Uniti stanno pagando un prezzo tangibile per la guerra in Ucraina, come l’afflusso di rifugiati e la carenza di energia. Tuttavia, gli Stati Uniti, che vantano ricche risorse di gas e petrolio e si trovano dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, stanno traendo profitti generosi”. La convenienza degli Stati Uniti in questa guerra e nella rottura criminale dei gasdotti non è solo lapalissiana ma addirittura dichiarata: ‘Se la Russia invade, non ci sarà più un North Stream 2. Metteremo fine a questo’, rispondeva il 7 febbraio 2022 il presidente Joe Biden ad un cronista. Il giornalista allora chiese espressamente: ‘E come farete esattamente, visto che il progetto è sotto il controllo della Germania?’. La replica di Biden non lasciò spazio a fraintendimenti: ‘Vi garantisco che saremo in grado di farlo’. Qualche giorno prima, anche Victoria Nuland (sottosegretario di Stato USA) aveva dichiarato pubblicamente che in caso di invasione russa dell’Ucraina, gli Stati uniti avrebbero interrotto il gasdotto North Stream 2 ‘in un modo o nell’altro’. Con la scelta di obbedire supinamente alle decisioni di Washington, i governanti europei hanno deciso di distruggere il proprio Paese e di nascondendosi dietro la retorica di una guerra giusta da fare a qualsiasi costo”.
In Occidente la condanna dell’invasione russa è stata unanime. Subito dopo il 24 febbraio del 2022, a sentire gli interventi di autorevoli giornalisti, esperti e opinionisti in diverse trasmissioni televisive, sembrava che molti ritenessero che, prima di quell’episodio, in Ucraina non vi fosse alcuna guerra. Ma era davvero così? E davvero la Russia si è sentita minacciata?
“La crisi ucraina – prosegue Pizzuti – è stata deliberatamente provocata dagli Stati Uniti con il golpe di Maidan, con le enormi pressioni di Washington per inglobare l’Ucraina nella NATO e con l’ordine di soffocare brutalmente la legittima rivolta della minoranza russa del Donbass che rappresenta quasi il 40% dell’intera popolazione. Ma facciamo un passo indietro: grazie alle trascrizioni declassificate degli accordi verbali presi con Gorbaciov e i successivi presidenti russi, oggi sappiamo che gli Stati Uniti e i suoi ‘alleati’ europei, promisero che a seguito dello smantellamento dell’Unione Sovietica, la NATO non sarebbe avanzata di un pollice ad est. Garantirono inoltre che il Patto Atlantico, avendo perso il suo originario scopo anti sovietico, si sarebbe trasformato in una struttura di natura politica volta a favorire la cooperazione e l’integrazione tra i Paesi europei, compresa la Russia. Un’Europa senza la Russia è un Europa monca mentre un’Europa con la Russia acquisirebbe lo status di prima potenze economica e militare mondiale, un risultato che l’America non vuole assolutamente. Le promesse a Gorbaciov e a Eltsin infatti, non vennero mai rispettate e Washington fece esattamente l’opposto, mantenendo la NATO e facendovi entrare i Paesi dell’ex blocco sovietico per collocare minacciosamente le armi nucleari ad un passo da Mosca. NATO significa basi missilistiche USA e per la Russia l’Ucraina rappresenta l’ultimo “Stato cuscinetto” contro i missili atomici di Washington. Nel 1962, a parti inverse, Mosca tentò di installare le rampe delle sue testate atomiche a Cuba, ad un passo dagli Stati Uniti ma Kennedy intervenne adducendo motivi di sicurezza nazionale. In quei giorni il mondo sfiorò un conflitto nucleare ma i sovietici ebbero buon senso e accettarono le richieste di Washington. Oggi invece, gli Stati Uniti rischiano di far scoppiare un terzo conflitto mondiale solo per aumentare il proprio dominio sull’Europa. Ciò premesso, ripartiamo dai fatti più recenti: Dal 1991, anno di indipendenza dell’Ucraina dalla Russia, gli USA hanno speso almeno 5 miliardi per destabilizzare il Paese e farlo entrare nella NATO. Nel 1997, Joe Biden (all’epoca senatore), dichiarò che il modo migliore per provocare una risposta dura e violenta della Russia era far entrare Lettonia, Lituania, Estonia nella NATO. Biden quindi è perfettamente consapevole del fatto che mettere le basi NATO in Ucraina significa provocare pesantemente la Russia. Peraltro, sempre nel 1997, Brzezinski, l’ex stratega del presidente Carter, ha pubblicato il libro ‘La grande scacchiera’, in cui ha spiegato che la strategia USA è inglobare tutti i Paesi dell’est nella Nato e circondare la Russia in modo sempre più minaccioso. Ora andiamo ai fatti più recenti: Nel 2013 Yanukovych, il presidente Ucraino non accettò di entrare nella UE e si accordò con la Russia per ottenere dei prestiti. Gli Stati Uniti allora lanciarono l’operazione ‘Tech Camp’ della CIA per rovesciarlo con una sommossa. Nel 2014, durante le proteste di piazza Maidan fomentate dalle ong di Washington, il senatore USA John McCain e il sottosegretario Victoria Nuland volarono a Kiev per incitare apertamente alla rivolta. Successivamente alcuni cecchini iniziarono a sparare sui manifestanti uccidendo decine di persone e la colpa venne fatta ricadere su Janukovych che venne prontamente destituito. In seguito però è stato scoperto e dimostrato che in realtà i cecchini erano mercenari georgiani pagati dall’opposizione. Ben tre ministri del nuovo governo golpista furono scelti direttamente da un’agenzia di consulenza di New York finanziata da George Soros, il burattinaio delle rivoluzioni colorate. Tra questi, la statunitense Natalia Jaresco (di origine ucraina) ex dipendente del Dipartimento di Stato USA che assunse la direzione del ministero delle finanze, il banchiere Abromavicius, altro ex dipendente del Dipartimento di Stato USA posto a capo del ministero dell’economia e il georgiano Kvitashvili (ennesimo uomo di fiducia di Washington) al vertice del ministero della salute. Le prime leggi del nuovo governo golpista, pseudodemocratico e filo-americano misero al bando la lingua russa suscitando le vive proteste della minoranza russofona che iniziò a chiedere l’approvazione di uno statuto speciale per poter continuare a parlare la sua lingua sul suo territorio. Ciò nonostante il fatto che la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali di Strasburgo del 1° febbraio 1995 (ratificata dall’Italia con la legge 28 agosto 1997) stabilisce che ‘una società che si vuole pluralista e genuinamente democratica deve non solo rispettare l’identità etnica, culturale, linguistica e religiosa di ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale, ma anche creare condizioni appropriate che le consentano di esprimere, di preservare e di sviluppare questa identità’. L’art.3 della nostra Cost. vieta discriminazioni della razza, della lingua, della religione mentre l’art.6 della Cost. recita quanto segue: ‘La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche’. Dopo il golpe, nella città di Odessa venne organizzata una pacifica manifestazione di protesta ma le milizie estremiste ucraine aggredirono brutalmente i partecipanti che cercarono rifugio nel palazzo della Casa dei Sindacati. Li furono assediati e il palazzo dato alle fiamme con le bombe molotov. Il fumo rese irrespirabile l’aria e alcune delle persone al suo interno, si arrampicarono sui cornicioni per non soffocare mentre le milizie ucraine gli sparavano dal basso con il tiro al piccione. Molti altri disperati si lanciarono dalle finestre ma appena giunti a terra furono finiti a pistolettate (è tutto documentato dai filmati mai trasmessi da media occidentali). Non ancora soddisfatti, i miliziani ucraini sono entrati nell’edificio e una volta sfondate le porte dove si erano barricati i manifestanti, li massacrarono. Tra le vittime anche una donna in cinta, ritrovata morta legata ad un tavolo con il fil di ferro. Dopo questi fatti, tutte le successive elezioni nel Paese si sono svolte in un clima intimidatorio del terrore mentre la minoranza russa del Donbass è stata perseguitata a suon di stupri, torture, espropri e cannonate che sono costate la vita a 14.000 persone. Tutto ciò si è svolto con l’omertosa censura mediatica dei Paesi NATO e quando la Russia è intervenuta (24 febbraio 2022), le truppe ucraine stavano per invadere il Donbass per reprimere la minoranza nel sangue”.
Nel libro si evidenziano diverse “zone d’ombra” relativamente ai circoli di potere attualmente ai vertici di Kiev. “Le più inquietanti – spiega Pizzuti – riguardano direttamente il presidente Joe Biden e suo figlio Hunter che nel 2014, mentre suo padre era vicepresidente con delega speciale per gli affari ucraini, entrò nel consiglio d’amministrazione della Burisma, la maggiore società a capo delle risorse energetiche del Paese. Un gigantesco giro di corruzione che è stato insabbiato dal governo filoamericano con la rimozione dei magistrati inquirenti”.
Il saggio di Marco Pizzuti contiene, però, anche una minuziosa ricostruzione delle tappe di avvicinamento al conflitto ma anche dei rapporti che hanno legato i circoli atlantici e l’estrema destra ucraina che, sorprendentemente, risalgono addirittura al periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda guerra mondiale.