Parlare di militanza, di coerenza e integrità ideale e valoriale, in una società (come lo è la nostra) che tende a sospingere chiunque verso un cinismo radicale divenuto strategia di sopravvivenza e che ha fatto della massima homo homini lupus una regola, può sembrare vagamente (se non addirittura totalmente) anacronistico. Eppure ci sono realtà che, anche in un contesto così desolante, come fiori nati e cresciuti sull’asfalto, sanno farsi comunità e che, forse proprio in virtù di questo, sanno tradurre le proprie idee in azione, in progetti, in iniziative dall’elevato valore simbolico e contenutistico. Tra queste realtà vanno sicuramente menzionati alcuni gruppi che possono essere definiti, per comodità, “tradizionalisti”, ossia aderenti ai principi della “Tradizione”, con l’iniziale maiuscola e così come intesa da insigni pensatori occidentali quali, su tutti, Julius Evola e Renè Guenon, e assolutamente da non confondere con un vacuo e borghese conservatorismo (oggi, peraltro, tanto di moda nel dibattito politico e politologico).

Ma che cos’è questa “Tradizione”? E che cosa può essere definito “tradizionale”? A rispondere, a scanso di equivoci, a questi quesiti è, in un nuovo e agile saggio di recentissima pubblicazione (la presentazione ufficiale avverrà sabato 17 dicembre), intitolatoTradizione è militanza, è l’archeologo, antropologo ed etnografo romano (classe 1947) Mario Polia. Già docente di “Antropologia Medica” presso la Pontificia Universidad Católica di Lima e di “Antropologia” alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, Polia, attualmente curatore del Museo Demo-antropologico di Leonessa, in provincia di Rieti, ha da tempo avviato una produttiva collaborazione con la piccola casa editrice Cinabro, per la quale ha dato alle stampe (all’interno della collana Paideia, da lui fondata e diretta) già quattro volumi. Il quinto, per l’appunto (questa volta pubblicato all’interno della collana Militia), si prefigge l’obiettivo di fornire ai più giovani, aspiranti militanti, un vero e proprio “breviario” di lotta e di fede che, attraverso un linguaggio diretto e semplice, vuole sopra ogni cosa aiutare il lettore a discernere tra il semplice entusiasmo e la vera vocazione, puntando sull’esperienza di una vita, quella dell’autore, integralmente dedicata alla causa tradizionale.

Perché, in fondo e come ben sa ogni ricercatore o appassionato di studi tradizionali, la prima, vera, battaglia, per ogni militante, parte dallae proprie “viscere spirituali”: dalla capacità (o meno) di domare quei “demoni” interiori dell’essere umano  che, in un’epoca che sembra aver smarrito totalmente il lume della vera Sapienza, hanno potuto dilagare. E, allora, come spiega in una nota la casa editrice del libro, “i punti di riferimento qui evocati dall’Autore guidano nell’assimilazione di una conoscenza che deve precedere e informare l’azione e indirizzano nella maturazione di quei semi d’oro che rappresentano il primo fondamento di una stabile, efficace e reale iniziativa militante e che sono in grado di germogliare con il sole di un’alba nuova, attesa dopo una lunga notte trascorsa vegliando alla luce delle stelle”.

 

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