Keynesismo militare e dintorni: due libri per capire meglio
Nell’ultimo articolo scritto per questo blog, davo atto del modello di keynesismo militare sottointeso alle politiche di riarmo occidentali e, in modo particolare, europee. Devo dire, con sorpresa, che tale interpretazione ha registrato un certo interesse tra amici, lettori e liberi pensatori. Sentendomi così in dovere di approfondire, con colpevole ritardo do notizia di due corposi volumi pubblicati, nel 2024, per i tipi di Arianna Editrice, rispettivamente da David Colantoni e Filippo Rossi, autori che non ho il piacere di conoscere personalmente. Il primo, “Quando l’Ucraina invase l’Iraq“, utilizza un espediente narrativo (il racconto del modo in cui l’Occidente spinse, nel contesto della “guerra globale al terrorismo” dell’amministrazione americana di George Bush jr., l’Ucraina dell’allora presidente Leonid Kuchma all’interno della coalizione che occupò di l’Iraq baathista di Saddam Hussein) per spiegare come la “classe militare” e il complesso militare-industriale abbisognino di uno stato di conflitto permanente per estendere la propria potenza sull’Occidente. Una potenza crescente e che ha del tutto oscurato sia il capitalismo produttivo e civile che aveva contribuito a innalzare il livello di vita del “mondo libero” dalla fine del secondo conflitto mondiale, sia le prassi democratiche figlie dello stato illuminista. Pur se di non semplicissima lettura questo volume ha il grande merito di illustrare l’irresistibile ascesa della classe militare anglo-americana e i meccanismi con i quali essa riesce, dalla fine della Guerra fredda, a cooptare i clientes delle classi militari europee e non, votandole e legandole alla propria causa. Meccanismi che si basano, inevitabilmente, su ricche premialità economiche, sia per i militari che, soprattutto, per le industrie della difesa. Laddove forse l’autore pecca, a modesto avviso di chi qui scrive, è nel sottovalutare la profonda compenetrazione sussistente tra quella che lui vede come la nuova classe egemone dell’Occidente, la “classe militare”, per l’appunto, e l’élite finanziaria internazionale che, attraverso conglomerati di dimensioni sempre più spaventose, monopolizza anche il mercato degli armamenti (come anche quelli della farmaceutica, dell’hi-tech, dei media, dell’energia e, soprattutto, del credito).
Il secondo libro, dal titolo “Nato per uccidere“, frutto di un coraggioso lavoro giornalistico sul campo che racconta dettagliatamente oltre 40 casi di strazianti massacri compiuti (per errore, per segnalazioni sbagliate o, in qualche caso, per puro cinismo) dalla coalizione occidentale sulla popolazione civile in Afghanistan lungo il ventennio di sostanziale occupazione (2001-2021), soprattutto attraverso l’odiosa pratica dei night raids, permette, tra le altre cose, di capire come lo stato di conflitto sia alimentato attraverso l’illogico sperpero di risorse militari distruttive anziché (come si sarebbe potuto e dovuto fare a quelle latitudini) ricostruendo e avviando alla ripresa Paesi martoriati. Per quanto riguarda l’Afghanistan, il risultato finale di queste politiche è sotto gli occhi del mondo: il ritorno dei talebani al potere dopo un ventennio, povertà, sottosviluppo e un odio collettivo inevitabilmente accresciuto nei confronti dell’Occidente.