destra-italianaLa destra è in ca(m)mino. Tre giorni orsono, tra morsi e sguardi tesi, si chiudeva la parentesi della Fondazione AN, mentre Berlusconi si reinventa, Salvini affonda i canini e Verdini va con Renzi. Si chiude una parentesi e se ne aprono centinaia. Continuamente si ridisegna la strada che ridefinisce chi è l’uomo di destra e che cos’è la destra all’alba della scoperta dell’acqua su Marte. Quella dal passato immenso, capace di tagliare le epoche, e dal futuro che terrorizza. Il presente a destra sembra un tempo dimenticato, mai adatto ad un’area costantemente in crisi di panico, in fibrillazione.

Ecco una visuale in macro blocchi, semiseria e pagliaccia, prima di tornare polvere. Un esperimento di comunità, tanto di destra parliamo, no? Sostieni aggratis il reportage.

La confraternita della buona destra (o della Bonamorte) – Candida, moderata, pettinata, gira ancora con Windows 98: lenta nel parlare, ipertattica nel ragionare, pare un epico partitone a Risiko il giorno di Santo Stefano. È un lancio di dadi, un freddo calcolo di probabilità: carri armati, truppe cammellate, uomini e risorse si spostano verso il continente migliore da conquistare in quella tranche di gioco. Al diavolo l’etica, l’amicizia, i valori: in guerra tutto è concesso. Schiava del Risiko, giammai prenderebbe posizione senza profitto. Ovattata e perspicace come Sandro Bondi.

La destra alla Loggia – o sovraesposta, come una frattura. Affacciata a guardare il mondo e a cercare di capire come incastrarci dentro la destra, non viceversa. Quelli dell’ismo ovunque: moderatismo, liberalismo, europeismo. Ci manca voyeurismo e stiamo apposto. Quelli che confondono gli ismi di cui sopra: essi potranno essere il mezzo, lo stile, il modo di essere non il contenuto, l‘obiettivo la visione, un po’ come in auto, sapere la velocità a cui si viaggia non include in sé il fatto di sapere dove si stia andando. La destra alla Loggia dei dottorini, dei dottoroni, che prescrivono la cura; quelli della destra su prescrizione medica. Riuscire ad inquadrare questo tipo di blob liberal-metafisico è compito per intellettuali, veri o per commercialisti.

I neri per caso – vanno molto di moda, specie negli ultimi due anni. No immigrazione, no Euro, sì ordine, sì giustizia sociale ed improvvisamente si è “destra”. Nell’universo della politica takeaway, che si nutre del momento, 19906dell’occasione per battagliare ed aumentare l’immagine, spopolano nel versante destro ma di quella storia, di quella identità, di quella coscienza, visione, battaglia, di quei padri non condividono nulla o non poggiano lì le loro fondamenta. Salvini ed il salvinismo militante ne offrono un ricco esempio. Seppur il suo movimento sia palesemente aperto alle destre italiane – finanche alle estreme -, sia nella vicinanza tematica, sia nell’aspetto elettorale (futuro, premesso che si vada al voto entro il 2094) dopo un bel restyling, la federalista Lega Nord non può dirsi propriamente di destra, fin dalla sua nascita: “Mai al governo con la porcilaia fascista “ esclamò nel ’94 il senatur fondatur del movimento, Umberto Bossi, formatosi negli ambienti del PCI negli anni ’70, capace di dare un imprinting a tratti antiberlusconiano ed antifascista alla sua gestione, come sicuramente non può dirsene il suo segretario attuale, dal passato “comunista padano”. Anche in ambito non leghista ve ne sono molti nella consueta area destra. Eppure, il loro moto aggressivo verso la tutela della sovranità fa un favore all’anima stessa della loro identità politica: la destra o è sovranità nazionale o non è.

La destra agricola – o del proprio orticello, cresciuta nel blocco di terra a pane e cetriolo. Ricca di appezzamenti, meno di apprezzamenti, è anche detta destra feudale. Plasmata sul sistema delle corti intermedie, dal più piccolo valvassore segretario di provincia, direttamente al famigerato capo corrente. Gli accoliti giurano fedeltà solo a lui e lui, o lei, cura minuziosamente il suo territorio sempre ricco e rigoglioso, con un bel maniero e fortificazione tutt’intorno. Capizona, capibanda, ‘io c’ero prima’, ‘ma che ne sai te’, ‘tu non puoi passare’. Alleanze a giorni alterni, attende lo scontro o la soffiata per espandere il grazioso feudo di cui si fregia. Una confederazione di città-stato aperta agli scambi dove si scambiano anche la guerra ogni tanto, direbbe uno dei più acuti osservatori della realtà del nostro tempo: Homer Simpson

Destra (il bagno in fondo a) – per chi la scambia per una pattumiera ideologica, scolorita e sputtanata, ridicola e circense. Uno stupro. Una condanna per chi c’è morto e c’ha creduto. Esplode sui social tra saluti a braccio teso anche sul bidet ed espressioni di tremebonda cattiveria sulle foto del profilo. Chi esprime il senso di appartenenza ideale, liquidandolo velocemente con un post di Facebook al giorno. Ne scopri l’esistenza quando godendo della beatitudine serale ti sollazzi sul social più inquisitore che c’è e ti arriva la notifica “Ti ha iscritto al gruppo ‘Mussolini Sieg Heil Santo Dio’”. Quella che giura vendetta al sistema, quella che si auto ghettizza in grupponi dai nomi roboanti, inappropriati ed antichi come Miss Italia 1955,  ma combatte per l’emancipazione. Nostalgia (non sana) portami via. Brave persone, per davvero, però…

La sinestra – Brevemente. Né destra, né  sinistra: sinestra, appunto. Non lo sfondamento a sinistra della destra, non l’accezione più nobile di destra sociale. Non il Fronte della Gioventù degli anni ’80, eclettico, moderno e multiforme, non la vena rautiana di ‘andare oltre’. Non l’eresia, tra Bombacci e Prezzolini. Piuttosto, tra “Nazareni” che salvano uomini sull’orlo di una crisi di gradimento e resuscitano un passato da scudo crociato. Bianchi, rossi e Verdini, verrebbe da dire o Verdini (poi) rossi e bianchi. Dal trasformismo allo scambismo, la ricetta italica è servita: invertendo l’ordine degli addendi, il risultato, non cambia

Ritorno al futuro – Non sono tornati, non sono fermi a questi stupidi gaglioffi che si azzuffano per interpretare i tempi, comunque, in nome di un’identità comune. Non rinnegano, non restaurano ma neanche inventano, al limite riscoprono, rispolverano, mixano. Sono i fascisti del terzo millennio, D’Annunziani del primo biennio, un po’ adolescenti futuristi, un po’avanguardisti col processore overclockkato; vedono più in profondità e quando c’è stasi, quando una teoria, un padre culturale è stato sviscerato per bene, il suo viaggio è compiuto, rimischiano le carte. Dissidenti, intellettuali, rivoluzionari. L’ego risuona dalle Alpi a Calabria: infaticabili analisti, incommensurabili scrittori, attenti filosofi, inarrivabili pensatori, fulminei giornalisti. Ragazzi normali, baluardi, in fondo. Papillonati o rasati, baffetto stilizzati o giacca cravattati (ma con il capello lungo e l’occhialetto tondo), fluttuano nella metafisica e si nutrono di mistica dell’azione, ravvivando spesso piazza e militanza, indiscutibile presenza, verso nuove frontiere dello spirito, col pregio di fungere da olio tra i cuscinetti del (nostro) passato e del (nostro) presente, da bastone e carota, al contempo, per la tradizione e la linearità teorica intese alla maniera de noantri.

La destra onesta – fatta di instancabili militanti di periferia, sempre lì da vent’anni. Il sabato, il volantinaggio e la litigata con la fidanzata che gli aveva detto di non prendere impegni per le 19.00. Quelli fidati che assurgono a figura divina: prima detentori delle chiavi della sezione oggi della password dell’account facebook dov’è contenuta la pagina online del movimento. Onesta perché pura e coraggiosa, che s’incazza ancora, si riunisce ancora, si cerca ancora. Milita e vive, vive e milita parallelamente. Soffre durante l’ora di cena a pensare che tutto potrebbe finire ancora. Quella fatta di piccoli consiglieri comunali di Paese, radice, fondamenta che non vedranno mai il capitello della colonna ma che ne reggono il peso. Qui ci fermiamo per non incappare in grida fameliche: “Ipocrita, buonista, minchione e strappalacrime”.

La destra alzheimer o compiacente– Buio, vacuità. “Che avevo detto di essere?”. Da “Il Fascismo fu parte del male assoluto” – frase del XXI Secolo attribuita a Messere Fini ‘Il Piccolo’ – ad Angelino Alfano con il suo NCC (Noleggio con Conducente che viaggia dal centro-destra al Governo, verso l’infinito ed oltre). Cosa vi ricorda? La lunga sequela di ‘pesanti leggerezze’ da marketing,  non il tentativo di democratizzare gli orizzonti di una sponda politica che trae origini, radice spirituale e culturale dal Fascismo, dotata di una marcata identità. Una damnatio memorie, che, nel tempo, ha disatteso, come puntualmente si aspettava,   l’incipit di un uomo puro: non restaurare, d’accordo, ma neanche rinnegare, avrebbe detto Almirante. Era così che disse no? Allora scatta la corsa al suffisso lava coscienza/aumenta credibilità: post(qualcosa), neo(qualcos’altro), foruncolo e bubbone. Non si capisce bene cosa sia, ma serve a distinguere comunque da ciò che si fu in precedenza. La destra Alzheimer, anche detta compiacente, quella che “non è caduta su progetti, imprese, idee connotate con i propri colori. È morta d’anemia, si è spenta perché si è resa neutra e incolore, uniformata per confondersi; perché non ha inciso, non ha lasciato segni distintivi del suo passaggio. Non è morta d’identità ma di nientità, non è morta di estremismo ma di mediocrità. Non è morta di saluti romani ma d’imitazioni maldestre”, scriveva Veneziani nel 2013. In questo humus ingrigito alla Mattarella si genera il mostro: la compiacenza verso le sinistre sbiadite, ma tali. Le scappatelle proibite e miseramente tristi.

La destra di sempre – “Certi amori non finiscono; fanno dei giri immensi e poi ritornano”, Venditti lo sa bene. E non solo lui. Questa tipologia di destra, senza infamia e senza lode, ma con un grande pregio, ha transumato un pochino, passando negli ambienti moderati, quelli col ‘centro’ prima, dopo e ovunque, per poi tornare a casa. Lì s’è fatta ossa ed esperienza , ha un po’ ammosciato ‘fiamma’ ed elettorato ma almeno ha l’onore e l’onere, la bravura di essere tornata a casa e di impegnarsi fortemente a viso aperto per essa. Furbetta ma sincera e soprattutto, oggigiorno, stoica. Runica e solida, legata ai padri, allo spirito di un tempo, da trasportare all’oggi e al domani. ‘Di sempre’.

La destra intellettuale – Passata, osannata e amatissima. Riscoperta e da riscoprire come diktat. Presente, serve ma non piace. Sacrosanta ma non sopportata. All’anima dell’intellettuale organico! Sempre il solito Marcello Veneziani: “Ma un intellettuale come deve comportarsi di questi tempi? Come si muove è fulminato, e se non si muove è fulminato lo stesso, accusato per il suo superbo letargo e la sua immacolata estraneità («non vuole sporcarsi»). Se scende in campo è servo del Capo o del Partito, se non scende in campo è fossile o disfattista. Se sceglie il male minore ed esprime una relativa e provvisoria preferenza, è accusato di opportunismo. Se condanna s’atteggia a profeta, ma è solo un depresso o un frustrato che trasferisce in politica i suoi problemi intestinali. In realtà è l’intellettuale in sé che non viene accettato, sempre fuori posto, fuori tempo, fuori dalla realtà. Prendete un intellettuale di destra, se ci riuscite; ma è uno sport un po’ più originale di prendere il solito intellettuale di sinistra. Come deve comportarsi in questa situazione? Non si sente rappresentato da nessuno e da nessuna parte, ma non può friggere nel suo olio santo e imboscarsi in altre epoche, altri saperi e altri linguaggi. Coltiverà un giudizio sul suo tempo, dovrà pur attraversarlo anche solo per raggiungere la torre d’avorio, il bosco o la navicella spaziale con cui allontanarsi. E non può semplicemente disfarsi del presente e dei contemporanei”

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Vieni a ballare a Fiuggi, Fiuggi, Fiuggi / dove ti aspetta il boia, boia, boia /dalla tavola rotonda proprio come Re Artù / si apre la voragine e la destra non c’è più

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