Italiani! Autoctoni, il PD, ci chiami le trote
Assurdo. Pare di parlare di un travaso di piante. “L’immigratus immigratus, se innestato nella giusta maniera, entro l’autunno prossimo potrebbe crescere rigogliosamente, con una folta chioma, non prima di aver accuratamente tolto di mezzo ‘l’italiano infestante’, una specie autoctona di pianta tipica del mediterraneo”. Ma dove la fanno la formazione quadri al PD da Luca Sardella?
La comunicazione progressista è fredda come quella stalinista. Pare di assistere alla registrazione audio della vivisezione di un alieno. Per quanto possano renderla morbida con canti di propaganda o con le litanie boldriniane, gli immigrati che immigrano non saranno mai come gli italiani che italiano, e lo fanno da sempre. I sinistri, in tal senso, potrebbero vendere e comprare qualsiasi cosa. Qualsiasi. Sui consensi elettorali, poi, non ne parliamo: maestri. Chiunque inizi a far politica, dalle vecchie sezioni alle più moderne sedi, sentirà dirsi, in fase di formazione, due cose fondamentali: i compagni saranno sempre compatti, fuori dalle urne e dentro, e come trovano i voti loro, non lo fa nessuno. Per l’abitudine al marketing che i rossi di casa nostra hanno, per quel sottile vizietto di mercanteggiare, incastrare e ricavare, non ci sono esseri umani, popoli e dignità nazionale bensì immigrati ed autoctoni.
Il tweet del profilo dei Deputati PD non lascia dubbi su quale sia l’intento eviscerante dei piddini, come risaltato anche da Giorgia Meloni, prontamente, sulla sua pagina Facebook.
Mio caro PD, autoctono dillo a tua sorella! Autoctona sarà una specie di Trota, che so, la Fario.
Voglio dire, di sinistre governative ve ne sono state tante. Inutile citarne sfumature e correnti, risultati e leader. Ma chi immaginava che con questa versione saremmo stati costretti a difendere l’italianità sotto ogni fronte e che, soprattutto, avessimo dovuto farlo per davvero? Per fortuna, continuando in questa ondata di razzismo gratuita contro gli italiani, i sinistri, sdoganano dalle destre il senso di amor patrio o, quantomeno, di appartenenza nazionale. Se prima era esclusiva prerogativa dell’altra parte della barricata, l’ala conservatrice, oggi diventa oggetto di offesa e reazione comune, con il rischio che questa campagna anti-italianità, in apertura al mondo ed all’internazionalizzazione, si ritorca contro di loro. D’altronde amare la propria terra e sentirsi orgogliosamente parte di essa non è prerogativa esclusiva delle destre ma di un qualsiasi cittadino.
Mio caro PD, a te cosa interessa? Quella della nazione, per te, è roba vecchia, ottocentesca, non frutta come dovrebbe. La tua percentuale di governo ce l’hai, dal paesello al Paese, qualora non dovessi averla, la incastri a forza, magari che so, con una bella legge elettorale con le iniziali PD ricamate sopra e proprio nel caso in cui la gran parte degli italiani ti sfiduciasse, cercheresti i nuovi voti dai nuovi italiani!
Geni, chapeau!
Gli esemplari d’immigratus immigratus, stanno prendendo il posto degli italiani nella filiera produttiva? Se i risultati sono come quelli di una chiamata al call center stiamo a posto. Esterofilia, portami via. Avete mai provato quell’irritante sensazione di avere il router un po’ stronzo, diciamocelo, per cui occorre immediatamente chiamare il call center del proprio fornitore di servizi e risolvere la questione in fretta? Bene. Avete mai provato l’irritante sensazione di aspettare centottanta minuti in linea e poi sentire la voce registrata dire “Potrebbero rispondere operatori dall’estero” – postilla: “La legge stabilisce che il cittadino sia informato sul Paese dove si trova l’operatore del call center con cui sta parlando. In particolare, se è l’utente a effettuare la telefonata, dovrebbe avere la possibilità di farsi trasferire la chiamata a un operatore attivo sul territorio italiano – tratto dalle leggi razziali del 1938 ndr -. Solitamente l’utente non viene informato in alcun modo” – precisa Il Fatto Quotidiano riportando le parole di Michele Azzola, segretario generale di Slc Cgil – “Al massimo, viene avvertito con la frase ‘La chiamata potrebbe essere gestita dall’estero’, che non chiarisce il Paese dove si trova l’operatore” – e, poco dopo, sentirsi rispondere da un operatore tunisino, algerino, albanese che non capisce cosa gli stiate dicendo, chieda di ripetere spesso, mentre vi sciorina la formuletta imparata a memoria alle tre fantastiche ore di corso di preparazione? E quella sarebbe assistenza tecnica?
E quante volte, per ottenere un servizio legittimo, che state pagando, a cura di un disservizio non voluto, che siate esperti o meno, avete dovuto richiamare nella speranza di trovare un italiano che vi risponda? Per carità, di italiani cafoni dall’altra parte del telefono è pieno lo stivale; una volta dovetti richiamare quattro volte: la prima, per avere assistenza per il mio router che faceva un po’ lo stronzo, ma non capii nulla; la seconda, per riprovare ma non capì nulla l’operatore straniero, che mi fece sbagliare la procedura d’installazione. La terza, per rimediare all’errore – vedi sopra –, la quarta mi rispose una gentilissima catanese che dovette aprirmi una pratica per il guasto dovuto al non servizio offertomi poco prima dalla collega straniera, errore in cui ero incappato – non essendo un esperto – involontariamente e che avrebbe richiesto addirittura l’intervento dei tecnici.
Nel caso specifico, metaforicamente (ma non troppo) inteso: “All’estero si effettua il 10-12% delle chiamate gestite da aziende italiane” – sempre Michele Azzola – “Stiamo parlando di circa 15mila lavoratori, che ricevono un terzo della paga di un operatore italiano. La priorità delle aziende sarebbe, quindi, il taglio del costo del lavoro, a discapito della qualità del servizio e del rispetto della normativa”
Al di là della delocalizzazione, in questa Italia a sinistra impazza l’esterofilia e gli immigratus immigratus costano meno, crescono velocemente ed annoiano di meno gli speculatori, senza fare ricorso ai sindacati, magari. Ah, e poi voteranno…
Altro che gli autoctoni…