downloadD’istinto…

Da Youporn si esce, da Facebook anche. Dai loop è difficile. Girano in tondo e in tondo e in tondo come le palle di chi ci sta ancora con la testa in mezzo a questo caos. Figuriamoci dal blocco di pigrizia mista a voglia di rivoluzionare tutto in due virgola quattro secondi, lo stesso tempo che Google impiega ad offrire risultati alla richiesta di qualsiasi cosa. A questa gioventù, d’altronde, non viene chiesto di salvare il mondo, viene chiesto, quantomeno, di sentirselo proprio, non come uno scomodo lascito.

Dove sono i volti delle nuove leve del futuro occidentale, europeo, solo dietro ad uno stupido filtrino che modifica la foto del profilo social coprendola con la bandiera francese o quella della pace o quella del Turkmenistan, in base all’occorrenza? Dov’è è il guizzo della gioventù che sbeffeggia e schiaffeggia il buonismo militante, lo irride e lo piazza in un angolo, esattamente lì dove dovrebbe stare? Dove il dinamismo? Dov’è il megafono? Dov’è l’irruenza e la sfacciataggine dell’innocenza, dell’ingenuità, la secchiata di merda all’annichilimento di quest’epoca? Ah giusto, occupare piazze, presidiare quell’esatta porzione di suolo nazionale fino a farsi andare via la voce non serve a nulla, certamente. Pensate forse che invece star qui a battere i tasti di un Acer serva a qualcosa? No, serve solo a raddoppiare il livore, a ricalcare a penna la bruttezza della solitudine nelle nostre singole celle sentimentali, rabbiose. Ognuno la propria. Più solitudini virtuali, del resto, non hanno mai fatto una comunità reale. Ah è vero, che pirla che sono diventato: per vomitare rabbia, oggigiorno, basta scrivere in maiuscolo sul web e il gioco è fatto.
Tornando a noi. Insomma Jan Palach è stato uno stronzo. Sì, uno stronzo. Si è dato fuoco per la libertà della sua terra, in pubblica scalinata, figuratevi che imbecille. Sarebbe bastato, che so, un tweet, un post su Facebook: “Mannaggia i carri armati sovietici”. Ve lo immaginate? Ah già, nel ’69 i social neanche esistevano. Come il sacrifico di Palach o come il movimento del ’77 verso il ripudio del marxismo-leninismo, seppur tra le sue storture valoriali. Come le parole di Stenio Solinas all’alba della ‘Nuova Destra’ in versione italiana, così ispirata a un gagliardo De Benoist. Manca la rabbia, manca la rabbia che riempie la piazza, e fomenta d’amore per la propria terra le ore precedenti. Manca il flusso e la liquidità di una generazione gelatinosa, impacchettata nei crismi di quelle precedenti, che si accontenta delle tesi di qualcun altro.

Non si può pretenderla vecchia e saggia fin da subito. Prima dev’essere gioventù errante e prorompente, magari anche fuori dai social.
Come quel plasmarsi continuamente, come quella salvifica metamorfosi che impedisce la cancrena colse gioventù prima della nostra, che dettava l’avanguardia, nuovi modelli e linguaggi, nuove visioni e riferimenti culturali. Un calcio al vecchio, l’innesto del nuovo per reagire alla scelleratezza dei tempi. Dov’è la gioventù europea? Dove, mentre questa terra cade in ginocchio forata dai mitra dell’integralismo islamico, dov’è mentre il vecchio continente è così vecchio da soffrire di Alzheimer e dimenticare padri e radici, dei propri figli? Dov’è la gioventù europea mentre alcuni europei chiedono scusa per ciò che siamo, dimenticando di chi siamo e siamo stati?
Dove sono i colori delle bandiere nazionali? Manca la forza ma c’è l’anima. E pensare che la serenità dei giovani d’Europa farebbe crepare le gonfie coronarie dei loro coetanei scimmieschi armati di un vecchio mitra, completamente lobotomizzati mentre non distinguono il bene dal male, mentre non distinguono la grandezza, la saggezza, la purezza di un Dio da quella di una merda raccolta nei peggiori meandri della cultura infilatagli nella scatola cranica. Dove sono i fiumi di giovani entusiasmi che spingono i governi sull’orlo, che mettono pressione all’Europa con la marcia e la protesta, con i capricci di un’era personale irripetibile?

Alcuni, addirittura, scelsero la strada della jihad al fianco dell’Isis, pescati sul web come cefali, come ricordava un vecchio sondaggio.
Nessuna frettolosa ideologizzazione tardo antica, ma spirito bruciante nell’assistere inerme ad un nuovo ritorno al medioevo, svuotati della speranza nella logica, della sovranità che ci spetta per nascita oltre al peccato originale e ad una bella fetta di debito pubblico.
Senza troppi sofismi. Contesto il mio tempo perché è vuoto d’umanità, perché è un riflusso di noia. È molle e superficiale, è pieno di rinvii e lacune. Perché non ha le palle di reagire. Perché non si ritorna, perché soffre di eiaculazione precoce. Contesto il mio tempo perché non ha fede, non ha identità, non ha memoria.

Togliete le cuffiette quando non siete in Erasmus e per favore, non vi accontentate, come quel popolo dei lenzuoli, dopo la morte di Falcone e Borsellino, che fece sentire alla mafia la combattente presenza di una giovane generazione

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