Vince la destra… in Francia, non in Italia
La Le Pen vince mentre la destra nazionale zappa gli orticelli, lavora sodo per mettere da parte i soldi e fuggire in Francia. A giudicare dalle bacheche di Facebook, pare di vedere Alleanza Nazionale vincere le “politiche”
Così, mentre Gad Lerner crea scioglilingua meravigliosi, tra un maalox e l’altro, in cui non si capisce bene chi fascistizzi o sfascistizzi cosa, sono lontani anni luce i futuristi italiani che invadevano di avanguardia la Francia uscendo col loro manifesto su Le Figaro. Sembrano passati anni luce quando nasceva il Front National ad immagine e somiglianza del Movimento Sociale Italiano. Se un tempo noi dettavamo modelli e la Francia leggeva incuriosita, oggi stiamo a guardare strillando sui social, osannando Marine. Come nella canzone di Cocciante. Anziché Margherita, c’è Marine. Perché Marine è bella, buona, dolce, vera, brava. Marine è forte. Dicono non sia di destra, né di sinistra. Dicono abbia ucciso il drago da sola. E poi che oratrice, che riflessione attenta. Sempre sul pezzo, sempre tra la gente. È ovunque. Ed ora, vince anche, eccome!
E non vince solo alle urne: porta al trionfo un modello, semplice, a portata di popolo (finalmente!). Alzare la testa è liberatorio, è necessità incredibilmente attuale.
Ora che Marine è così brava – e lo è comunque per davvero – è lecito farsi una domanda che profuma di brevissima analisi dal tono un pelo irriverente? Marine è in Francia. Ed è lì che trionfa. È Lì che agisce il Front National. Lì ha rappresentanza, lì ha struttura. E fintanto che parliamo di visioni comuni, fintanto che parliamo di una linea unica che getti le fondamenta per la nuova Europa, ci siamo. Fintanto, appunto, che parliamo di Europa e sovranazionalità.
Cosa siamo diventati? C’è l’incredibile differenza che sta alla base tra la destra lepeniana e quella italiana: Marine, in Francia può, con le sue previsioni percentuali, riuscire a dire e fare ciò che dice e fa. Coerenza, costanza. Poi ci siamo noi, che non riusciamo ad aggregare tra le strade, a creare nuova cultura, una nuova visione, chiusi nei proclami e nelle intenzioni, seppur ottime. Disconoscendo, dimenticando, rimpastando. Incapaci di ammodernare, di sfondare. Ci siamo noi che non sappiamo confrontarci, né reinventarci, limitati a percentuali di cuore ed orgoglio. Poca pazienza in un mare di Tweet, affetti da moderatismo preventivo, utile a condurre al tavolo delle trattative. Per carità gli italiani sono difficili. Ma lo sono anche i francesi, sessantottini, illuministi, figli del giacobinismo e della ghigliottina. Se proprio si vuole emulare, lo si faccia per bene. E così vorremmo essere come la Le Pen? Con i presupposti di cui sopra si vorrebbe creare un modello alternativo al politicamente corretto, di rinascita nazionale e popolare?
Che forse la nostra “destra” non abbia storia, né esempi, non abbia cultura né stimoli, orizzonti? Sì perché nel tempo che passiamo ad imitare ed idolatrare, perdiamo sempre più di vista noi stessi e la costruzione delle nostre proprie colonne, innamorandoci dell’esotico e facendolo nostro per trasposizione, come la paziente s’innamora dello psicologo. E quando si arriva all’imitazione, la fantasia è finita, l’ispirazione è terminale. Chiedetelo ad uno scrittore, ad un cantautore.
C’è la non destra e non sinistra di Salvini, che di sicuro non è sinistra ma che confonderla con la destra, canonicamente intesa, sarebbe eccessivo, c’è la destra della Meloni, c’è la destra berlusconiana. Poi la destra destra di Casapound. Ce ne sono di destre in Italia, esattamente come in Francia, in cui ce n’è una e ben piazzata – oltre a micro satelliti degni di dignità ma non di nota -. Poi la destra pentita, cittadina, comune, individuale, quella nostalgica di chi aveva la tessera di AN, per carità, ma che oggi ha votato 5Stelle perché il vaffanculo è diventato un esercizio di stile, l’unica risposta strutturata e culturale ad una sistema fallimentare, matto e pericolosissimo. Mostri, questi, nati dalla perdizione, quando le radici sono diventate ortiche, la capacità di generare nuovi dettami utili a cavalcare, alla nostra maniera, la contemporaneità, per la trasmissione intergenerazionale, sono venuti meno, quando la tradizione ha fatto la muffa per compiacere “qualcuno”, anziché essere senso e legame con la continuità, quando si è spento il motore culturale a questa destra e si è dato il via al piano di marketing.
La Le Pen vince mentre la destra nazionale zappa gli orticelli, lavora sodo per mettere da parte i soldi e fuggire in Francia.