Ma ti pare che i tempi più stupidi, gigioni, insensati e fuori di testa dovevano capitare a noi? Effettivamente siamo1020 compresse di incazzatura e indignazione sciolte in un bel bicchiere di egoismo universale. Prima di noi, carestie, guerre e guerrette, sangue e altro sangue. Catastrofi naturali. Eppure c’era un senno. C’era quel non so che, quel quid, quel fattore che, in fondo, avrebbe riportato luce nel lume nella ragione degli uomini, speranza di evoluzione dello spirito, dell’anima. Quel qualcosa che avrebbe riportato gli umani a recuperare la saggezza, la ponderazione. L’autocontrollo.

Fino ad oggi. Oggi che si ha la pretesa di fare rivoluzione con semplici gesti – ma Francesco D’Assisi, purtroppo, non c’entra nulla – , così semplici che potrebbe farne un tutorial persino Salvatore Aranzulla – per i profani del fai-da-te su pc, l’uomo che, con le sue chiare istruzioni distribuite tramite wifi, since anni ’90, potrebbe far atterrare correttamente Schiaparelli su Marte dal bagno di casa sua -.

Beh, ‘sta benedetta rivoluzione, in realtà, puzza molto di arrivoluzione, di business, più che di movimento capace di sovvertire in toto sistemi e vizi, visioni e concezioni.

L’importante è arrivare a far parlare di sé. Sensazionalisticamente.
Se un tempo la rivoluzione spettava agli uomini di intelletto che innescavano le braccia ringhianti del popolo minuto, incazzato ma numeroso, oggi a smovere il fango dell’ingiustizia arrivano le categorie delle gioconda modernità. Pacchetti preconfezionati che nascono dai capricci e dai vizi dei loro sostenitori. Peggio delle razze immaginate da Tolkien. Peggio di Waterworld. Peggio di Charlot. Peggio di Giovannona coscia lunga o del mondo macho di Demolition Man.
Del resto c’è spazio per tutti, la cultura è un lontano ricordo ottocentesco e il web è aperto. Meglio di così. Un esempio: i fashion designer. Trump è un nazista spaziale? Uno che vuole ridimensionare la Nato? Che non prepara il sushi con Soros? Uno che vuole spingere la classe media? Uno che vuole riscoprire il senso minimo di identità nazionale? Uno che non tirerebbe un gintonic in faccia a Putin? Uno che rallenterebbe la corsa degli USA alla conquista del mondo? E noi non gli vestiamo la moglie. “Non vogliamo avere alcun ruolo nella normalizzazione della famiglia Trump”, come scrivono dal sito Fashionista. Eh già…

E sti ca…voli?

Ma è normale. Tutto normale – e tutti democratici -. In un Occidente privato delle grandi aggregazioni di idee, capaci di orientare, quantomeno, i suoi figli verso una visione dignitosa del tempo, dello spazio e di come vivere entrambi, si crea un vuoto siderale da riempire, in sostanza quanto descritto abilmente da José Ortega y Gasset, uno che ce l’aveva detto che quando le masse si sarebbero ribellate avrebbero fatto un gran casino: “la barbarie è l’assenza di standard a cui si può fare appello” ; un vuoto che prevede nuove aggregazioni: di giullari al potere. Giullari siderali, estremisti dell’azzardo – scrive Domenico Ferrara nel suo Gli estremisti delle nostre vite: “[…] è una parte della società che mina nel profondo la nostra libertà di scelta. E il più delle volte lo fa con la violenza fisica o verbale, con l’allarmismo sociale o ancora con il terrorismo psicologico. Sono i talebani delle nostre vite. Gli estremisti della quotidianità. I portatori malati di un pernicioso nazismo delle idee” – come il vuoto da riempire. Stronzate colossali come la pretesa di influenzare in maniera determinante e deterministica l’universo mondo, facendolo poggiare non più sui massimi sistemi che s’interrogano di etica e virtù, di estetica e infinito, su Dio e sul reale, sulla metafisica e sul Divino, financo sulla Scienza Politica, bensì su quanto sia necessario e urgente imporre il credo di quanto faccia schifo mangiare la carne, sui pompini da fare a chi è a favore o contro qualcosa, su quanto sia utile interrompere una gara di pesca alla trota sul bordo di un fiume terrorizzando papà e figli – Ricordate? Una gara di pesca alla trota sulle rive del fiume Sesia, è stata interrotta dall’intervento degli attivisti vegani di Meta (Movimento etico tutela animali e ambiente), che hanno iniziato a lanciare dei sassi nell’acqua per far scappare i pesci. Il confronto con i pescatori a questo punto è degenerato in un brutto diverbio, a cui sono seguite aggressioni verbali da entrambe le parti che hanno costretto i partecipanti alla gara ad abbandonare le canne da pesca e andarsene (Dagospia) -, sull’opportunità ribelle di vestire o meno Melania Trump o su quanto sia nocivo per l’umanità la vendita della medaglietta del Duce a Predappio.

Ma tranquilli. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Perciò, le ideologie non sono crepate, sono mutate: se un tempo si viaggiava verso l’aggregazione a scopo migliorativo, in una continua e ponderata ricerca della fase destruens e di quella costruens, sospinta da un nobile principio creatore, attinto dalla miglior forma di intelletto – che fosse quello di Jünger o di Marcuse, poco importa -, in direzione dell’emancipazione individuale e collettiva più adeguata al miglioramento delle condizioni umane e civili, adatte ai tempi, oggi si va verso l’aggregazione – perversa e involontaria – a scopo disgregativo, in una continua e assurda ricerca di attenzioni, sospinta dalla peggior forma di cretinagine a buon mercato, in direzione di una schiavitù sempre più marcata, mascherata da libertà.

Talmente disgregativo che pare più uno sfogo per principianti incazzati che un sovvertimento nobile da professionisti. La rivolta democratica dei pupazzi. Ah, e poi una cosa: cari fashion designer, lasciate stare. Ribellatevi tranquillamente. Non vi preoccupate, non c’è urgenza di veder vestita Melania Trump.

Chika chikaaa

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