Referendum, i giovani italiani si sono rotti le palle di morire di fame e ammalarsi di futuro
Senza troppi sofismi.
Non organizzano più un corteo. Non si stampano più i volantini, né mettono adesivi sul megafono grigio, quello nella stanza più umida e buia della sezione. Quel bugigattolo in cui c’è solo una sedia, una lampadina appesa al soffitto e rotoli, rotoli di manifesti; probabilmente schifano la tessera del partito e, forse, azzardano un po’ nel mischiare capra e cavoli, nel farsi sentire solo quando “si deve”, nell’ignorare la Costituzione – e non solo – per parecchi giorni all’anno. Ma incarnano lo spirito del ribelle jungeriano, quello che si difende usando “tecniche e idee del suo tempo”. E va detto: cercano la ribellione, per natura, l’antitesi, proprio come l’acqua cerca un’uscita dallo stretto e spinge, quando poca, quando tanta, per infilarsi in qualsiasi rivolo che sia utile a farla uscire e, una volta fuori, a farla riunire. Come leggere il voto dei giovani al Referendum? Come l’acqua che tenta di uscire, a forza, a fatica, poco alla volta, dall’idea di essere una generazione cuscinetto, di voyeuristi che guardano crescere le garanzie per le pensioni e rimangono a bocca asciutta, ancora una volta. E che soprattutto non serve a niente.
Non serve a niente se quando bussa trova chiuso. Pensionato, intellò, illuminato, saggio, Divo: a cosa dovrebbero ribellarsi i giovani oggi? Al buon senso o al pessimo gusto, al nichilismo o all’oblio, alla manutenzione o al cinismo? A chi, a cosa?
Un Paese per giovani? L’unico Erasmus da queste parti è la gita a San Giovanni Rotondo con vendita di pentole durante il viaggio. Tra i 18 e i 34, ma anche tra gli over 35, si sono un po’ rotti i coglioni, diciamolo – evocando lo spettro di Ignazio La Russa -; nonostante Lara Puppato, e con essa tutto il succo della nuova borghesia chic, sia convinta che il meglio dell’italica gioventù sia trasmigrato all’estero come i Cormorani – da Twitter: #Referendum, in effetti a pensarci bene, c’è stata la fuga dei cervelli all’estero. Sarà per quello che solo all’estero ha vinto il #Si? – c’è da porsi il problema di quella che rimane. Eh sì, perché anche se Nostro Signore Gesù Cristo premiava il buon figliol prodigo paraculo che tornava a casa spaventato dal futuro dopo averci provato altrove, sperperandosi anche il cuoio dei sandali, in realtà di figlioli fedeli e brutalmente trattati, in casa Italia, ce ne sono già parecchi. Figlioli che non hanno tutti il culo di piombo, che non danno retta ai sogni di rock & roll di mamma e papà e anziché fare i dentisti o gli architetti, scelgono la libera professione perché la sognavano da un pezzo. Giovani imprenditori come Francesca Gallo, Benedetta Bruzziches o quelli nel mondo dell’innovazione e dell’agricoltura che se sopravvivono alla legislazione Europea, possono sperare di fare 1000 euro al mese; figlioli che perdono tutti i giorni contro il mondo del lavoro, che si strozzano a pranzo – quando riescono a mettere insieme due cose per pranzo – con la partita Iva, che non ha agevolazioni e se ce le ha, secondo la legge di Stabilità, è più una presa per il culo che altro – guardiamo l’ultimo caso di “semplificazione” all’italiana spiegato da Luigi Pessina ed Emiliana Alessandrucci, del Colap, Coordinamento Libere Associazioni Professionali, in merito al decreto fiscale collegato alla manovra 2017 in vigore dal 24 ottobre: “Il decreto fiscale tra gli 8 adempimenti nuovi che introduce, prevede che i professionisti a partita iva – spiega Lugi Pessina, presidente dell’Associazione Nazionale Consulenti Tributari e membro del direttivo CoLAP – a ogni liquidazione periodica dovranno trasmettere in modalità telematica all’agenzia delle entrate i dati riferiti a tutte le fatture emesse e ricevute nel periodo considerato e utilizzate per la liquidazione dell’imposta. Si passa così – continua il Presidente Pessina – da una comunicazione annuale a “n” comunicazioni periodiche, gravando il contribuente imprenditore o professionista di ulteriori e ingiustificati oneri derivanti dall’adempimento; in caso di omessa, infedele o incompleta comunicazione il decreto 193 introduce, inoltre, nuovi sanzioni che vanno da 5mila a 50mila euro”. “È una nuova tassa occulta– dichiara Emiliana Alessandrucci, Presidente del CoLAP Nazionale – se una comunicazione, ci dicono i nostri Consulenti può avere un costo variabile tra i dai 50 ai 70 euro se la moltiplichiamo per 4 volte l’anno o per 12 possono diventare più di 200 euro e fino a quasi 1000 euro l’anno contro i 50 dell’anno precedente; costi che molti dei nostri professionisti non possono più permettersi di sostenere. Trovo assurdo che ad un tavolo alla funzione pubblica stiamo lavorando a sistemi di semplificazione, e poi ci introducono altre complicazioni così onerose! Sappiamo che questa è una richiesta dell’Europa che riceve sempre in ritardo i nostri dati, ma non sono i professionisti che ritardano ma l’agenzia delle entrate (infatti stiamo verificando il 2014 nonostante i dati del 2015 siano disponibile da mesi), e allora invece di penalizzare il professionista occorre pensare ad una maggiore efficienza dell’Agenzia stessa. Rispetto all’inasprimento della sanzione – asserisce la Presidente del CoLAP – è il caso di dire che la mano destra non sa cosa fa la mano sinistra, da una parte cancelliamo Equitalia per rendere il sistema di riscossione meno punitivo e più sostenibile e iniziamo rottamando le cartelle annullandone sanzioni e aggio e dall’altra oltre ad inserire nuove prescrizioni inaspriamo ingiustificatamente le sanzioni il tutto nello stesso provvedimento!” -; che sono eterni precari, mai assunti; costerebbero il doppio all’anno e ora, proprio nessuno può permettersi di spendere quei soldi; che rinunciano al talento, lo vedono evaporare, bruciarsi, disperdersi come le ceneri della vitalità e della passione che tutto muovono; che si beccano 400 euro al mese; figlioli nutriti a voucher; che non possono ricevere un bonifico dal papà come aiuto per pagare l’affitto, se non giustificato per iscritto, poiché altrimenti potrebbe risultare come lavoro nero; soldi ingiustificati, pensano loro. Salva vita e salva serenità, pensiamo noi. Figlioli che si sono rotti i coglioni di inventarsi e reinventarsi ogni umiliante stratagemma per avere un minimo di programmazione settimanale per campare. Che possono solo sognare un impiego statale; che se hanno scalato tutto il sistema accademico, con perspicacia e ottimi voti, te li ritrovi a fare i pupazzi per qualche lira, bloccati dalla burocrazia. Figlioli che sono tra i più poveri d’Europa, ben più poveri dei loro nonni, che navigano psicologicamente in un mare di povertà, e sanno di fare parte di quei 4 milioni e oltre di indigenti o pressoché tali; che, o fanno un figlio, o pagano il bollo e l’assicurazione, o si fanno la lavatrice o pagano una rata del mutuo. Che sanno bene che la priorità è quella di mantenere le pensioni, di garantirne il minimo – la manovra: 7 miliardi in 3 anni sulle pensioni contro i 730 milioni di Euro per sgravi al Sud, giovani e disoccupati -.
Allora questi figlioli fedeli d’Italia, scomodi e poco chic, rinnegati anche con la prova del dna, cos’altro avrebbero dovuto fare?
Allora è troppo sognare una ridistribuzione della ricchezza e degli investimenti? Magari con un piano serio di incentivi fiscali non per chi va in giro per il globo a giocare a fare l’adulto emancipato, con la chitarra e gli occhialetti tondi, con il bonifico mensile di papà – all’estero le palle sicuramente le rompono meno – ma per chi rimane a mangiare merda in questo Paese? Magari non per solo per i “nonni” che l’inglese neanche lo sanno e i soldi li mettono sotto al materasso – chi può biasimarli del tutto? -. Giovani italiani: nuove vittime predestinate o risorse per rilanciare il Paese? Citando Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano: questo sistema, ha le idee chiare su come utilizzare le nuove generazioni? E proseguendo: possiamo renderci conto del loro valore solo quando fanno i bravi figlioli – giustappunto – dell’era del progresso e della grande mescolanza delle genti, andandosene dall’Italia all’estero?
Devono occupare la sedia della storia, magari scaldandola per qualche altra generazione più fortunata? Scordatevelo! E senza troppi sofismi – oggi i focolai non si accendono più con le pagine dei testi di Habermas o Marcuse – beccatevi il risultato di questo referendum. Provate a scrivere “giovani italiani” su Google, il grande sacerdote della rivoluzione laica del progresso; cosa uscirà fuori come primo risultato? Questo: “I giovani italiani under 35 vivono con i genitori, anche se lavorano”, fonte Repubblica.
“Le masse non si ribellano mai in maniera spontanea, e non si ribellano perché sono oppresse. In realtà, fino a quando non si consente loro di poter fare confronti, non acquisiscono neanche coscienza di essere oppresse.” (G.Orwell, 1984)