L’Anpi si sciacqui la bocca quando parla dell’Inno d’Italia
È curioso notare come solo alcuni passaggi siano significativi, per la sinistra italiana, quando si vanno a cercare le radici di questa terra benedetta, quando si parla di fondazione della Patria. La Costituzione, bella, bellissima, non si tocca – dopo il 4 dicembre, poi, non si tocca neanche per sfogliarla… -, la celebrazione della Resistenza e dell’antifascismo come valore fondante ed immutabile, unica certezza che faccia rima con democrazia, nonostante il fascismo sia stato sfasciato e appiccato a testa in giù, come nelle migliori realtà tribali, qualche anno fa; il valore della solidarietà, del multiculturalismo, del confine invisibile – e invivibile -. Insomma nel kit “Italia”, ci sono pezzi che vanno tenuti, altri che vanno cancellati e altri che vanno spudoratamente ignorati – come per alcuni passaggi della storia nazioanle, vedasi le marocchinate, le foibe e l’operato diabolico di Tito, la guerra civile postbellica -. L’inno nazionale è uno di questi. L’inno, in questa Italia malata di Alzheimer, è un disvalore, o meglio, un non-valore. Meglio ancora, una roba risorgimentale ormai dimenticata che si canta solo alle partite di calcio o alle inaugurazioni delle scuole Elementari, male e stonati, ma sicuramente tutti insieme, in piedi vicino alla poltrona; poi ci si siede e si stappa una Peroni o si va a lavoro lasciando il figlioletto entrare nel grande cancello col grembiulino azzurro, mentre lo si saluta da lontano, orgoglio di mammà.
Per i simpatici nonni dell’Anpi – l’associazione museo impolverata che racchiude il meglio dei giovani ventenni che non hanno combattuto la Seconda Guerra Mondiale, che non hanno visto in faccia la luna della notte sui monti insieme ai vecchietti che la Resistenza l’hanno fatta per davvero, al fianco dei democristiani, liberali, repubblicani, socialisti e perfino i monarchici, va ricordato, ormai rimasti in pochi; realtà rianimata di volta in volta e lasciata in vita come scatolone contenente tutti i pezzi del kit Italia, di cui sopra, cari alle sinistre di casa nostra, come organo di controllo -, l’inno di Mameli è una roba risorgimentale che parla di “cose vecchie”: la morte, il sangue, la Patria; Legnano, Ferruccio, Balilla; la coorte, la chioma, le aquile, Iddio! Per loro è una puntata di Italia’s got talent.
Evidentemente rientrante tra le cose da ignorare. O da cambiare. Come accaduto ieri a Bologna: “in occasione della festa dedicata ai partigiani all’Istituto Aldini Valeriani di Bologna, ex partigiani e studenti hanno cantato un inno di Mameli diverso. Modificato, o forse sarebbe più corretto dire “storpiato”. “Fratelli in Italia” invece di “Fratelli d’Italia”, come riporta Giuseppe De Lorenzo proprio sul Giornale. E prosegue: “ma perché modificare l’inno per promuovere l’accoglienza dei migranti? Secondo quanto riportato dal Tg3 dell’Emilia Romagna, la scelta deriva dal desiderio di esprimere il principio di integrazione come valore fondante della Repubblica. Messaggio che si va ad aggiungere a quelli di indipendenza e libertà di cui i partigiani si fanno promotori. “È un bel significato”, dice una stundetessa di fronte alle telecamere. “Mi sembra più adatto di come era prima – ribatte una compagna – perché comprende tutti“.
Allora si noti l’alto valore democratico, il nobile spirito libero dell’Anpi, ma soprattutto la sua funzione moderna, bendetta dall’Alto Patronato del Presidente della Repubblica: impedire, contestare, censurare, qualsiasi cosa non rientri nei piani dell’egemonia culturale imperante. L’inno si cambia, Salvini stia zitto, la destra non sfila, l’estrema destra sparisca, il senatore Servello dell’MSI non sia seppellito al cimitero (Famedio), Albertazzi non deve avere la cittadinanza onoraria del Comune di Volterra, Emanuele Zilli, militante del Msi morto nel 1973 in circostanze poco chiare, non deve essere ricordato e la manifestazione in suo ricordo va impedita, Nardella, il sindaco di Firenze, va osteggiato perché non li ha fatti parlare della Liberazione, i fiori in ricordo dei morti ammazzati della RSI nel corso della cosiddetta guerra civile non vanno portati, sono un oltraggio, come accaduto a Venaria, Simone Cristicchi deve essere cacciato, espulso per aver ricordato cosa siano le Foibe, l’affresco fascista non va restaurato: “Non si possono mettere sullo stesso piano i partigiani, che hanno contribuito alla Liberazione del Paese e altri combattenti che si sono piegati al nazifascismo”, come accaduto a Martignacco, in Friuli. E così via in una fantastica escalation di rancore spremuto e di paranoia veterocomunista. Una lunga storia pacifica, quella dell’Anpi. Pacifica e tollerante, esclusiva e manifesta. Ma sereni, l’infamia risiede solo in queste mie parole; sono io ad essere “sbagliato”…del resto i nazifasciotrumpcattivi sono tutti gli altri.
Così, mentre il nostro inno, nastro poetico che cinge fratelli che non sono coinquilini, viene sputtanato, calpestato in lungo ed in largo – dalla cantante lirica che al Ferrari Day di Daytona dimentica le parole dell’Inno, inventandone e storpiandone le strofe a microfono aperto, alla storpiatura dei “Piccoli cantori di Milano” che, in occasione dell’apertura dell’Expo, cambiarono il “siam pronti alla morte” con un più politicamente corretto “siam pronti alla vita” -, ci rendiamo conto di quali siano le priorità culturali.
Viene da chiedersi, esattamente come fanno loro parlando di chi non è come loro, senza mezzi termini: qual è la funzione dell’Anpi, oltre a quella museale e provocatoria? O meglio, secondo quale criterio l’Anpi incarnerebbe i valori, in ogni tempo, propri della democrazia, della libertà, dell’emancipazione di un popolo, della rottura delle catene della schiavitù fisica e culturale, del progresso? Evanescente appare come evocazione di un antico censore conservatore di un tempo che fu. Una contraddizione. Con una mano dà, con una mano toglie. Recita un loro manifesto: “sogno un Paese democratico che garantisca i principi costituzionali”. Bene, giusto. E coerente, dopo la chiara scelta del referendum dello scorso 4 dicembre. Eppure, con la sinistra benedice la tolleranza e la libertà, con la destra sculaccia il resto del mondo.
E si parlava di sciogliere il Cnel?