Mio Padre ha fatto il poliziotto proprio nell’epoca in cui Pasolini li teneva nel cuore e li cantava come i” figli dei poveri, che vengono dalle periferie, contadine o urbane”, quelli “delle preziose mille Lire”. Proprio quella generazione lì. Dell’Italia intatta come uno scrigno, ancora non stuprata addosso al muro della globalizzazione e del grande Capitale. Lo ha fatto per una vita. Ha iniziato ben prima che nascessi, ha finito quando ero abbastanza grande da capire che avrei voluto farlo anche io, poi ho fatto altro. Mio padre ha lavorato per tanti anni al ministero dell’Interno. Temuto e rispettato, ma mai sbirro. Lo chiamavano Dottore, ma non si è mai laureato. Il Dottor Ricucci è sempre stato educato e cordiale. Per Natale gli portavano un pensiero dal sud e dal Nord, tutti. Era nella segreteria particolare del Ministro. E ogni tanto mi portava con lui, a capire cos’era l’istituzione. L’istituzione è rappresentanza e la rappresentanza è esempio, mi diceva; l’istituzione è signorilità, nobiltà d’animo; è senso di responsabilità assoluta, buon gusto ed eleganza. È preparazione e umanità; me lo ripeteva sempre: per essere come loro, devi essere onesto quel che basta, ma non troppo; devi essere, però, e sempre, un Signore. Dai la mano, saluta tutti, ricorda da dove vieni, non farti corrompere. Hai sbagliato, paga. E zitto. In realtà, per i miei occhi piccoli, l’istituzione era tante persone in giacca e cravatta che uscivano da uffici pieni di affreschi, vi entravano, si chiudevano dentro e poi, solitamente, squillava un telefono. Uscivano dopo ore e quando lo facevano chiunque fosse lì, si alzava in piedi, lasciando stare tutto il resto. Solo io rimanevo seduto.
Disciplina.
L’istituzione aveva sempre i fogli sottobraccio. Aveva un’aura intorno. C’era silenzio e ordine ovunque, in quei corridoi. Tutti erano eleganti.

L’orgia, la bolgia dantesca.
Il senso di Istituzione è cambiato. L’onorabilità della persona non è più contemplata. Per l’ottenimento dell’obiettivo si farebbe di tutto, senza neanche la minima dimostrazione di tenersi il popolo amico, parafrasando Machiavelli. Per guadagnare si è sempre fatto di tutto, ma almeno un tempo si sapeva fingere bene, si rispettavano le minoranze, si evitava l’odio, si salutavano i dipendenti, si andava incontro ad un codice etico che disciplinava l’Istituzione e il suo essere al mondo, soprattutto, il suo ruolo, politico, sociale, comunicativo, umano. Si faceva, seppur coperti da un mascherone di ipocrisia. Lungi da me legittimare il cartongesso, neanche a pensarlo.
Si può scadere nella menzogna, eccome. Nella storia è successo, successo più volte. Quante volte un re ha mentito alla propria corte; quante un governo al proprio popolo, quante un Dio alla propria gente. Mentire è uno dei mille rivoli legittimi del potere, inutile nasconderlo. Ma il potere è l’immagine di se stesso. Il potere è la dignità di se stesso. L’istituzione è potere, il potere è umanità, l’umanità è fallibile ma quando supera la soglia minima del decoro concessole, dell’umana rispettabilità stessa, allora lì vi è la vergogna, lo schifo, l’irripetibile. Lo schifo, l’irripetibile. La sindrome di S.Pietro, nella più bieca forma di tradimento individuale, coscienziale, coglie quella che dovrebbe essere l’Istituzione. Marra era intoccabile: se gli torcete un capello ce ne andiamo tutti a casa, disse il sindaco di Roma Virginia Raggi alla stampa. Oggi, che è stato arrestato, oggi che è un tipo “socialmente pericoloso” com’è stato definito, è uno dei 23mila dipendenti del Comune, secondo il sindaco che chiede scusa e rinnega, tutto, sempre. Se perdiamo il referendum lascerò la politica, certo che lo farò. Sarebbe indegno, vergognoso continuare. Eppure Matteo Renzi è ancora segretario del Pd; eppure Maria Elena Boschi è ancora lì, anzi no, più su, promossa per schifoso demerito, a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Valeria Fedeli, dovrebbe dimettersi, sì, dovrebbe farlo, se esistesse ancora un friccico di onestà intellettuale; dovrebbe dire: ok, sono stata smascherata, non posso proprio continuare ad essere, seppur appena nominata, ministro dell’Istruzione, avendo finto per anni di avere una laurea, persino un diploma.

Peggio della fine di ogni Prima Repubblica. Una sentenza giudiziaria può, ora, aprire la strada al centrodestra – chi l’avrebbe mai detto… – ma non potrebbe invertire la rotta che annichilisce la funziona paterna della politica, che la conduce verso la rozzezza, la brutalità, il totale distacco dall’etica. A differenza dei tempi che sono stati, essa non è più neanche compagna dell’estetica, per quanto di plastica; niente, nulla, è la sparizione di entrambe: questo è quello che preoccupa. La fine ingloriosa di uno stile italiano, un po’ all’Agnelli, un po’ alla Craxi, un sentore terribile di irrimediabilità. Anche perché le alternative non sono poi così migliori. Barare con astuzia ma mai con la bassezza dei vigliacchi. Se i padri sono dei disgraziati, come potete pretendere che i figli siano meglio?

Ecco perché per me, e conterà poco per tutti, non siete affatto Onorevoli.