Solo la delicatezza di un pensiero

Prima o poi doveva succedere.

Quando accade qualcosa del genere, senti tremare i muri della tua generazione insipida, sterile, viziata ed impotente che non riesce a realizzarsi nella storia, non si coalizza nella Bellezza ma si divide nel capriccio. La tua generazione riesce a manifestarsi nella storia di rimbalzo, solo grazie alla virtù, al genio, alla visione di grandi uomini eterni, come lui, che con la loro forza trascinano con sé tutto il resto (nella dignità). Con la sua musica, che è vita, ho pianto, ho scritto, anche di lui, indegnamente, dalle colonne di questo giornale, qualche anno fa, ho ricordato mia madre, ho celebrato la vittoria e la dolcezza, ho impresso la felicità di un momento e mi sono sentito orgoglioso di essere italiano. Quell’Oscar, nel 2016, quel discorso in italiano durante la premiazione, la dedica della vittoria alla moglie Maria, quella naturalezza capace di allontanare l’immagine delle maschere di plastica del politicamente corretto che ci ingabbia ogni giorno, furono un altro, grande trionfo. L’Italianità che non indossi i pantaloncini e non corra dietro ad uno stereotipo a forma di palla, è sempre troppo bella quando ce ne ricordiamo mentre ce ne sfugge l’abitudine.

Morricone ha rappresentato in musica l’Assoluto, lo ha avvicinato a noi permettendo di viverlo nel nostro intimo, legato, magari, a un ricordo, a un attimo, al dolore che non ti fa serrare la mascella dal pianto o alla gioia più lieve, ne ha permesso una traduzione nel privato, con quelle note che esulano dalla colonna sonora ed esplodono oltre le vicende di  film che hanno fatto la storia, ha prolungato la Bellezza del creato. Morricone ha incarnato, senza dubbio, la visione di Steiner che immortala il significato generatore del profondo Rinascimento, evocandone il senso, per cui con la sua musica si manifesta la nostra anima più profonda, un invito a cogliere il divino nella forma e nella Bellezza del mondo. Sfido persino l’animo più arido a non aver fissato un punto della sua stanza abbandonandosi alla leggerezza dell’oltre, alla nostalgia senza fine, come essere morti e ricordare sé stessi, con il tema di C’era una volta il west. O con L’estasi dell’oro, magari con la dolcezza del Tema di Deborah.

Le muse, come ben afferma lo scrittore Andrea Di Consoli, stanno abbandonando l’Italia.
Questo Paese ha perso qualcosa di troppo grande, stavolta, proprio in un anno di sofferenza e miseria umana. Morricone è stato fortemente un uomo sovrano di sé stesso, poiché capace di coltivare sé stesso, di unire e dare sintesi vitale alla profondità delle proprie dimensioni, offrendo arte, mettendo in asse Bellezza e Assoluto. Ben oltre un musicista, un compositore.

Si realizza la storia.

In ginocchio, stavolta davvero, ma solo per applaudire un gigante, tra Raffaello e Monteverdi.

Sogno un via, una piazza, un suo ricordo di marmo in tante città italiane, come fosse normale celebrare il mito di questa nazione, nel pantheon dei più grandi, che merita di andare oltre la contemporaneità. E se così non fosse, allora chi è degno d’esser grande tanto da entrare nella storia comune?

Addio a Ennio Morricone e grazie

 

(foto tratta dal sito enniomorricone.org)
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