Era il 1982 o il 1983. Poca conta. Ero a Roma con il barone Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse — deputato aristocratico e anticonformista di un partito popolano e spesso conformista — indugiando in piazza del Popolo. Ci sedemmo da Rosati dove ci attendeva Pino Romualdi, il “padre nobile” della Fiamma e, allora, presidente dell’acciaccato vascello “tricolore”. I due iniziarono a discutere sulle solite, estenuanti, tediossime questioni di bottega missine. Poi, all’improvviso, Romualdi s’interruppe. Si alzò in piedi e salutò con deferenza un’elegante anziana signora che, casualmente, si era seduta accanto a noi. Tom, a sua volta, si capriolò […]