Emilio Cecchi, grande, grandissimo critico letterario del Novecento, non ebbe dubbi. Alla sua uscita definì “1984”, «Libro memorabile. Libro di una tristezza disperata, ossessiva, che definitivamente colloca George Orwell in uno dei primissimi posti dell’odierna letteratura inglese». Un giudizio netto e fulminante che dispiacque a gran parte del panorama intellettuale dell’epoca molto invaghito del socialismo reale e per nulla entusiasta di questo capolavoro anti-utopistico che annunciava un mondo cupo, plumbeo, senza speranza. Troppe le analogie con il “paradiso sovietico”, troppe le similitudini tra l’onnipresente “Big brother” e l’onnisciente compagno Josif Stalin. Non a caso Palmiro Togliatti liquidò il romanzo orwelliano […]