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Scosto la pesante tenda nera di velluto e mi investe la musica e la confusione. Il locale è stracolmo di gente. Mentre attraverso la sala per catturare un angolo del bar mi arrivano alle orecchie frammenti di Singlish, il tipico inglese parlato a Singapore. Sono nella Città del Leone, tra i vertiginosi grattacieli, alle spalle del canale di Clarke Quay e dell’iconica baia e sto ordinando un cocktail in uno dei migliori speakeasy d’Asia, tra i top del mondo secondo l’ultima classifica del World’s 50 Best Bars 2016: 28 Hong Kong Street. Il nome è anche l’indirizzo, quello di una stradina laterale, nascosta tra i palazzi, e da cinque anni è entrato nelle mappe degli intenditori, grazie all’abilità dei suoi bartender, guidati dall’americano Logan Demmy. Cambiano il menù tre volte all’anno con 25 nuovi cocktail. Io sto provando il Prescription Julep a base di due tipi di rum e cognac. Con ben 3 bar nella classifica mondiale, Singapore sta diventando una vera mecca per gli appassionati del buon bere. Oltre a 28 Hong Kong Street, molto premiati sono anche il bar Manhattan, nell’hotel Regent, e Operation Dagger.

Ristoranti stellati

La scena dei bar non è l’unica ad aver inserito Singapore tra le mete favorite dai buongustai di mezzo mondo. Ci sono i ristoranti, aperti da chef locali e stranieri che qui hanno trovato negli ultimi anni il terreno ideale per sviluppare le proprie idee: “Ho aperto qui perchè ho tutta la libertà di sperimentare la mia cucina, trovo gli ingredienti che mi servono e la gente è più disponibile a provare cose nuove” mi ha raccontato lo chef  britannico Ryan Clift. appoggiato al bancone del suo Tippling Club. I piatti in carta si abbinano ai cocktail e usano gli stessi ingredienti. Anche lui è entrato nella prima edizione della Guida Michelin di Singapore presentata a luglio 2016. All’interno ci sono ben 200 indirizzi di 35 diverse cucine e 29 stellati, a dimostrazione della diversità della città stato dove convivono tante anime diverse. Non a caso l’unico tre stelle è quello del francese Joel Robuchon sull’ isola di Sentosa . Tra i due stelle spicca, il Restaurant André dell’innovativo proprietario André Chiang e il ristorante francese Les Amis, di cui ho incontrato la pastry chef , la bravissima Cheryl Koh: “Amo Singapore, è la mia città, dopo tanti giri intorno al mondo sono voluta tornare qui: nelle mie tarte unisco la grande pasticceria francese con il delicato tocco dei sapori e degli aromi asiatici“, mi ha detto seduta a uno dei tavoli del suo Le Tarte by Cheryl Koh, side project accanto al ristorante.

Street food

Nella guida anche due banchetti di strada conosciutissimi e amati: per 2 dollari Singaporeani ho mangiato un delizioso Chicken Rice da Hong Kong Soya Sauce Chicken Rice & Noodle all’interno del Chinatown Complex Market and Food Centre (l’altro nella Michelin è Hill Street Tai Hwa Prok Noodle). Il cibo di strada da queste parti è eccezionale e non c’e’ solo Chinatown. Nel quartiere di Little India, per pochi dollari, ho assaggiato un profumatissimo e cremoso curry di verdure, seduta ai banchi del mercato Tekka Centre, dove fanno la spesa anche gli chef più famosi della città. Poi sono andata nella zona musulmana di Kampong Glam, a maggioranza di origine malese e indonesiana. Qui tra le boutique hipster e modaiole, spunta il notissimo Zam Zam. Faccio la fila fuori e mi guadagno un tavolo tra la folla, per assaggiare il loro famoso murtabak, una sorta di pizza ripiena e speziata.

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La cucina Peranakan

Tra le nuove stelle Michelin anche Candlenut. Qui ai fornelli c’e il giovane 29enne Malcom Lee. La sua cucina rinnova la tradizione Peranakan, la particolare cultura dello Stretto che unisce elementi cinesi e malesi. ”Non è stato facile all’inizio farmi capire, nessuno aveva mai toccato questa cucina antica e familiare e provato a usare in modo innovativo gli ingredienti più noti” mi ha detto quando sono stata a cena da lui. Ora questo riconoscimento mette la Peranakan accanto alle più importanti cucine asiatiche e internazionali. Un esempio della sua creatività? Il dessert a base di Buah Keluak. Sembra cioccolato ma è in realtà una crema fatta con la tipica noce nera indonesiana, usata per diversi piatti, in tutta questa parte dell’Asia, ma mai in versione dolce. Per scoprire di più della cultura Peranakan, tra le più autentiche espressioni della storia di Singapore, il posto giusto è il quartiere di Joo Chat. Tra le sue basse casine colorate c’è il Peranakan Museum. Ma l’esperienza più interessante è fare visita (su appuntamento) alla piccola casa- museo The Intan, gestita da Alvin Yapp. E’ un centro culturale, dove Alvin colleziona e raccoglie da anni pezzi di arredo, oggetti, tessuti della sua cultura d’origine. E’ anche un luogo di incontro dove puoi prendere un tè, come ho fatto io, o prenotare un pranzo. Dopo essere uscita da qui ho fatto tappa nella pasticceria familiare Chin Mee Chin, dagli arredi e l’atmosfera anni Cinquanta. Ordinate un Kopi, cioè un caffè, da accompagnare con un toast imburrato di Kaya, la tipicissima marmellata di cocco. Perchè la profonda identità di Singapore si scopre in questi piccoli luoghi familiari e autentici.

Info: www.yoursingapore.com

Per volare a Singapore: www.singaporeair.com

Alessandra Gesuelli @alegesuelli

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