Isola di Pantelleria, regno di biodiversità
È il vento il grande signore di Pantelleria. È lui che regna sovrano sui frutti della terra, sul lavoro dell’uomo e sulle previsioni del raccolto, spettinandole a suo piacere. In primavera lo scirocco può determinare l’andamento della vendemmia successiva, influenzando la qualità dell’uva Zibibbo che è alla base del celebre passito Doc. E muta la forma degli ulivi che qui, unico luogo al mondo, diventano per mano dell’uomo “striscianti” con i rami aderenti al suolo.
È per proteggere le coltivazioni dal vento che verso l’anno Mille gli Arabi iniziarono a costruire i muretti a secco in pietra lavica, patrimonio mondiale dell’Umanità, che, come maglie preziose, cesellano per circa 12.000 km i terrazzamenti, dove agricoltori eroici esaltano i frutti di questa terra vulcanica fertilissima, contribuendo a prevenire l’erosione del suolo, tutelando il paesaggio e la biodiversità. Esempio di relazione armoniosa e virtuosa fra l’uomo e la natura.
Avamposto contro la desertificazione ma anche sentinella nel Canale Di Sicilia, Pantelleria si trova a 110 km a sud ovest della Sicilia e a 65 km a nord est della Tunisia, la cui costa è spesso visibile a occhio nudo.
I vini testimoni dell’Isola
“Ogni 50 m il terreno cambia e la vite ne esalta le caratteristiche. Raccolgo quello che la terra esprime nel più profondo” dice Salvatore Murana nella piccola contrada Mueggen, riparata dal mare e dal vento e per questo conosciuta anche come “l’isola nell’isola”, dove nel suo dammuso settecentesco delizia l’ospite con specialità pantesche e il calore del sole catturato nel suo passito di Pantelleria DOC Creato, nel Martingana e nel Mueggen. “Il passito è la massima espressione di questa terra e va degustato da seduti. È un vino che vive più della vita dell’uomo” dice. “I vini sono i testimoni dell’Isola, espressione del calore, della luce e del mare di Pantelleria”.
Fuori troneggia la torre del vento o giardino pantesco, possente cilindro di pietre vulcaniche a secco che protegge dal vento la pianta di agrumi. Le pietre porose captano umidità dall’atmosfera rilasciandola durante il giorno e, grazie all’abbondanza di ferro, incamerano calore per diffonderlo la notte, evitando sbalzi di temperatura. Un antico e ingegnoso sistema agronomico autosufficiente capace di riprodurre condizioni microclimatiche che soddisfano l’esigenza idrica anche in assenza di irrigazione.
Poesia di equilibrio tra uomo e natura (sull’isola ci sono circa 500 giardini panteschi) che diventa epopea nella pratica agricola della vite ad alberello, dichiarata nel 2014 Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO, coltivata in conche profonde circa 20 cm che proteggono e consentono alla pianta di essere più vicina alla rugiada.
Costruire secondo natura
Sembrano creati da madre natura anche i dammusi, costruiti con muri a sacco che tra due file di pietre vengono riempiti da pietrisco e pomice, con cupole ricoperte di calce a creare ambienti freschi d’estate e capaci di trattenere calore d’inverno.
“Preservare e valorizzare questa virtuosa interazione tra uomo e ambiente e i frutti che ne derivano è tra gli scopi del Parco Nazionale Isola di Pantelleria che si estende per 6.560 ettari interessando l’80% dell’isola” racconta la direttrice Sonia Anelli. “Il Parco esprime e sottolinea il concetto di simbiosi tra uomo e natura”.
Il più grande parco della Sicilia può contare su 52 guide ed è percorso da una fitta rete di sentieri di interesse naturalistico, vulcanologico (tra i centri visita il museo geonaturalistico vicino al faro d’altura di Punta Spadillo) e archeologico. Stretta la collaborazione con il parco archeologico dei Sesi, disseminato di tombe megalitiche, ma l’isola conserva anche vestigia romane, puniche e sei musei subacquei.
Nata da esplosioni vulcaniche solo 365.000 anni fa, come un’arca di Noè, ha specie endemiche come il grillo pantesco (scoperto di recente) e l’asino pantesco di cui rimangono solo 3 esemplari, dal carattere fiero e orgoglioso. Tra i suoi prodotti di eccellenza il cappero a cui è dedicato un museo che racconta le fasi di produzione di questa coltivazione antichissima e offre degustazioni per un’esperienza del gusto che è anche un viaggio nella storia contadina dell’isola.
Vapori e acqua
Il complesso vulcanico è per il 72% sotto il mare e arricchisce l’isola di acque e vapori termali. Come nel Lago di Venere o Bagno dell’Acqua, specchio turchese all’interno di un’antica caldera alimentato dalle piogge, dalle sorgenti idrotermali tra i 40 e i 50C° e dall’acqua di mare, ricco di fanghi benefici e punto di sosta per aironi, cicogne, fenicotteri. Oppure a Gadir, grazioso borgo dove le acque termali alimentano tre antiche vasche scavate nella roccia sul mare che al largo custodisce un museo subacqueo di relitti e anfore databili tra il III secolo aC e il II dC. Nella contrada di Rakhali, la Grotta di Benikulà detta Bagno Asciutto è ricca di vapori termali e si raggiunge lungo un sentiero panoramico costellato di fichi d’India affacciato alla grande Piana di Monastero. A proposito di grotte, quella dei Briganti e sulla Montagna Grande (836 m) è raggiungibile attraversando un fiabesco bosco di lecci e corbezzoli tappezzato di muschio e, in autunno, anche di funghi.
Vini eroici
Poverissima di acqua ma ricca di umidità e microclimi, “l’isola non si lascia mai scoprire del tutto”, come dice Fabrizio Basile, che con il suo passito di pantelleria Doc Shamira 2017, si è aggiudicato il gran premio Cervim 2022, concorso enologico internazionale dedicato ai vini eroici. Ogni contrada differisce per esposizione ed altitudine: dai 20 metri sopra il livello del mare fino a 400, determinando una pluralità di micro-terroir che conferisce caratteristiche uniche alle uve.
Nei locali dell’antica falegnameria spagnola della contrada Bukkuram, sapientemente ristrutturata, Fabrizio e Simona accolgono con calore e raffinatezza, per degustare vini di carattere, Passito, Zibibbo secco da tavola e anche un vino rosso dalle note aromatiche particolari, accompagnandoli con i prodotti e i piatti del territorio, come l’insalata pantesca, le caponate e l’ ammogghiu. Un luogo di incontro e di contemplazione, dove l’Isola parla i linguaggi del gusto, mentre si ascoltano storie di vigne e di vite trascorse nell’amore per questa terra e i suoi frutti.
La tavola a Pantelleria ha sempre qualcosa di festoso e di sognante, come dallo chef itinerante Alessandro Bonomo, nella cantina dove il nonno metteva l’uva passa a Kúddia Attalóra vicino a Rekhali. “Quello che cerco di fare è esaltare i prodotti della mia terra – racconta – per questo coltivo personalmente la melanzana seta e i pomodori”.
I terrazzamenti, battuti dal vento e dal sole, richiedono un lavoro eroico: “A Pantelleria ogni ettaro di vigna necessita di 100 giorni di lavoro di un uomo contro i 30 dei terreni pianeggianti” spiegano all’azienda vitivinicola di Donnafugata in Contrada Khamma. Anche la sgrappolatura è fatta a mano e occorrono 4 kg di uva per produrre un litro di vino.
Se si va in cantina la sera, dopo una ricca degustazione di prodotti, si può assistere anche allo spettacolo della luna che fa capolino sul grande giardino pantesco donato al FAI che custodisce una longeva pianta di arancio Portogallo e passeggiare tra le viti ad alberello delimitate da ben 40 km di muretti a secco. Pura poesia pantesca.
Info: www.parconazionalepantelleria.it.
Elena Pizzetti
@epizzet