Ponza da godere
PONZA DA GODERE
Sull’isola della maga Circe alla scoperta delle calette più belle
di Camilla Rocca
Un’isola al tempo stesso tanto inospitale quanto di cuore. Ponza è stata disabitata per 1700 anni, dall’epoca dei Romani fino ai Borboni, colonia carceraria per secoli, oggi l’isola splende di un fascino selvaggio, che ammalia chi la visita. Forse che Ulisse fu attirato dal luogo, più che da Circe? Questo tesoro alle porte di Roma, raggiungibile con traghetto o aliscafo dai porti del Circeo, Terracina e Formia, è stato per secoli dimenticato. E proprio per questo la sua acqua è cristallina, e la roccia stupisce ancora con bolle vulcaniche, i tagli della lava, le curve scolpite dal vento. Potete ammirare le stesse linee sinuose che osservavano gli Antichi Romani. E le calette dove, secondo la leggenda, amava riposare la maga. I suoi abitanti, avvezzi alle fatiche isolane, accolgono i vacanzieri con i sorrisi puri e sinceri di chi, dopo un lungo inverno, si prepara ad accogliere il resto del mondo sulla propria isola. Fieri di mostrarla per la sua selvaggia bellezza. E li irretiscono a base di piatti di pesce fresco, tielle di polpo, cianfotte e casatielli ponzesi (che sono però dolci, rispetto ai cugini napoletani).
Le calette imperdibili
Faraglioni e siti archeologici, disseminati in questa perla del Mediterraneo il cui fascino è intriso di leggenda. Il modo migliore per visitare Ponza è in barca. Si può facilmente affittare per una giornata un gommone da Odissey Diving, accompagnati da Andrea Musella, giovane milanese trasferitosi nell’isola post pandemia o organizzare una gita che abbraccia anche l’isola di Palmarola, con la Cooperativa Ponzese, con tanto di spaghettata in barca con vista sulle scogliere punteggiate di palme nane, che danno il nome all’isola. Appena fuori il porto principale di Ponza si incontrano subito le grotte di Pilato, scavate per ricreare un allevamento di murene ai tempi dei Romani, su cui si innalza la torre borbonica, l’antico carcere in funzione fino ai giorni del Fascio.
Non meno affascinante della cugina caprese, la grotta Azzurra o di Polifemo, si illumina della luce del sole all’alba, grazie a un doppio pertugio sottomarino, che tinge naturalmente l’acqua di azzurro. E all’apice della scogliera, a strapiombo sul mare, l’hotel Bellavista, a conduzione familiare: da segnalare anche per terrazza con vista mare e una proposta di cucina mediterranea. Si giunge quindi ai Bagni Vecchi o i cosiddetti Bagni Penali, cave di tufo dove lavoravano i condannati al confino, dato che per secoli Ponza fu usata come colonia penale dai Borboni. Si arriva all’estremità meridionale dell’isola, punta della Guardia, dove si trova uno dei fari più importanti del Mediterraneo, allora per le navi, oggi preso come riferimento anche per le tratte aeree. Ed ecco l’approdo alla spiaggia più importante dell’isola, Chiaia di Luna, da cui svetta, sulla sommità della scogliere, l’omonimo hotel, tra i più affascinanti dell’isola: si accedeva alla spiaggia da gallerie scavate dai romani, ma oggi è impraticabile per il rischio cadute dalle falesie. Alla fine della baia, Capo Bianco svetta con il suo profilo algido, Scala dei turchi pontina.
Ed ecco avvistare i faraglioni, dove si consuma il suicidio della giovane Lucia Rosa, nobile locale a cui viene impedito il matrimonio con un pescatore di cui si era follemente innamorata. Così follemente da togliersi la vita. Cala Feola merita la sosta, sia per la caletta sabbiosa, sia per provare la peculiare parmigiana di pale di fico d’india al ristorante La Marina. La punta nord dell’isola, detta dell’Incenso, è il paradiso per chi ama il trekking con vista sull’isola di Palmarola, Gavi e Zannone e per scoprire le diverse specie di ginestra, tra cui una rara varietà autoctona.
Qui lo sguardo spazia sulle vigne caratteristiche dell’isola, a terrazzamento, con raccolta rigorosamente a mano e con le uve spesso portate a dorso di mulo. Sono solo quattro i produttori locali che si sono avventurati in questa missione per salvare la Biancolella, vitigno autoctono in via di estinzione: Casale del Giglio, Antiche Cantine Migliaccio, Marisa Taffuri e l’ultima nata, cantina Tre Venti. Infine, sulla via di ritorno per il porto, è imperdibile la sosta a cala Core, dove al di sopra delle acque cristalline, sulla scogliera candida, sembra sanguinare una macchia scura, il cuore della regina dei Giganti, che secondo la leggenda abitavano Ponza. Pugnalata a morte dal marito e re dell’isola, perché si era innamorata, ricambiata, del dio Nettuno.
I ristoranti più chic di Ponza
Unico ristorante stellato dell’isola, l’Acqua Pazza si è trasferita da poco nel proscenio del Porto di Ponza, con una location romantica e tavoli che guardano il blu più intenso dell’isola. In cucina lo chef Gino Pesce e nei piatti una forte territorialità che si combina con la schiettezza e semplicità della cucina ponzese. Un menu dove è il pesce fresco a farla da padrone, con la garanzia della tracciabilità certificata della Cooperativa di Pescatori Ponzesi. Da non perdere i suoi spaghetti alla granseola, da gustare nell’iconica testa di granchio. Altro nome di spicco dell’isola è Oreste, volto televisivo e proprietario dell’Oresteria, sulla camminata che collega il porto al centro storico e del ristorante gourmet Orerock nella località Santa Maria. I ristoranti sono caratterizzati da un design detto “stracquo” ovvero caratterizzato dal riutilizzo di tutto ciò che il mare porta a terra. Tra i piatti iconici, la calamarata di seppie, apprezzata da tanti vip e celebrità come Pierfrancesco Savino, Paolo Sorrentino, Bruno Vespa, Gigi Proietti, Naomi Campbell, Beyoncé, Paola del Belfio e Carolina di Monaco.
Le antiche cisterne, da visitare anche con il maltempo
Negozi all’ultima moda nel corso principale, che abbraccia il porto e gli attracchi, localini di souvenir non scontati e che inneggiano al mare. Ma se dovesse esserci una giornata nuvolosa, ci sono dei nuovi percorsi per conoscere la Ponza sotterranea. Il percorso attraversa l’antica rete idrica costruita dai Romani, che la rendevano un’isola ricca, tanto da esportare sulle navi verso la terraferma l’oro di allora, l’acqua. Infatti i romani consumavano circa 550 litri al giorno, rispetto ai 300 dei giorni nostri, e per questo sull’isola si contano 22 cisterne di cui oggi solo due visitabili, ma con il progetto di riaprire la Grotta del Serpente nella località Santa Maria, il prossimo anno. La cisterna romana di via Parata e quella della Dragonara sono state riaperte sette anni fa dopo un bel piano di recupero. Entrambe caratterizzate dalla tipica cupola ponzese, con il classico arco romano con chiave di volta e con uno strato di calce, solo quella della Dragonara è ricoperta di uno strato cocciopesto che garantiva l’impermeabilità. Dopo lontano dalla cisterna della Dragonara, merita una cena al ristorante Gamberi e Capperi, specializzato in crudità, all’interno del Piccolo Hotel Luisa.
San Silverio e Santa Domitilla
Il 20 giugno si festeggia San Silverio, il patrono dell’isola. La leggenda vuole che il Papa Silvestro, divenuto poi Santo, fosse confinato proprio prima a Ponza, a Punta Papa, nella parte occidentale dell’isola, e poi a Palmiria, oggi Palmarola. Tacciato di tradimento dall’imperatrice bizantina Teodora, con l’accusa di aver complottato con il re ostrogoto Vitige, che nel 537 d.C. mise Roma sotto Assedio. Oggi a Palmarola, sullo sommità di uno scoglio che porta il nome del Papa si trova una piccola cappella, costruita con i resti della prigione del Santo. Ma Ponza è anche teatro del martirio di Flavia Domitilla, che fece voto di castità per donarsi al Signore e rifiutò il matrimonio con il figlio del console, motivo dell’inizio del supplizio. Un culto che ancor oggi è molto sentito sull’isola, tanto da dedicare alla Santa il nome di uno degli hotel più rinomati del centro, il Grand Hotel Santa Domitilla.
Per tutte le informazioni: www.prolocoponza.it