Costa Smeralda,
come prima, più di prima

60 anni di Cala di Volpe,
dove nacque il mito e vola il jet set

 

Di Camilla Golzi Saporiti

 

 

 

In origine, aria, acqua, terra e fuoco. I quattro elementi naturali che, nell’estrema punta nord-orientale della Sardegna, si traducevano in aria di mare permeata di odori mediterranei, acqua cristallina color verde smeraldo, terra selvaggia, sole caldo, lucente e intenso come il fuoco.

Non c’era nient’altro negli anni Sessanta. Eppure c’era tutto quel che serviva per colpire nel segno e nel cuore del principe ismailita Sua Altezza Karim Aga Khan. Se ne innamorò perdutamente. Al punto non solo da volere per sé quello spicchio di sabbia, mare e macchia mediterranea, ma da volerlo anche proteggere.

 

 

 

 

 

C’ERA UNA VOLTA…

 

Leggenda vuole che il principe, rientrato a Londra e non dimenticato l’amore scoccato per quella terra baciata da madre natura, propose a un gruppo di abbienti amici di comprarsela e farne la propria “casa” al mare. Un luogo intimo che, a due ore dalla capitale britannica, poteva assicurare loro vacanze vista mare. E che mare. Era il 1959.

Due anni dopo, il destino di quell’uomo, il principe Aga Khan, e quel posto, la Costa Smeralda, si legavano per sempre, con una firma che, il 29 settembre 1961, sanciva la loro unione (e dei soci amici) e rappresentava la dichiarazione di intenti che avrebbe portato alla costituzione, il 14 marzo 1962, del Consorzio Costa Smeralda (www.consorziocostasmeralda.com).

Iniziò tutto così, come la più bella e solida delle storie d’amore.

 

 

 

 

 

L’ORIGINE DEL MITO COSTA SMERALDA

 

Da quel momento, da quella firma, i 3.500 ettari di Costa Smeralda, distesi su 55 chilometri di costa bagnata dal mare più bello del mondo, vennero letteralmente creati.

Nel pieno rispetto della natura e in perfetta sintonia con lo stile locale si alzarono da terra le prime abitazioni. Prese forma Porto Cervo. Comparvero gli alberghi Cervo, Romazzino, Pitrizza e Cala di Volpe, che in origine doveva chiamarsi La Casa al Mare. Nel quartetto, il Cala, come lo chiamano gli habitué, era il preferito del principe.

 

 

DA CASA AL MARE A CALA DI VOLPE

 

Per progettare il Cala di Volpe, il principe Aga Khan chiamò l’architetto francese, definito “scultore di case”, Jacque Couëlle. Un genio visionario che, prima di disegnare mezzo schizzo del progetto, trascorse tre, dicesi tre anni al Cala.

Leggenda anche qui vuole che Couëlle passasse giorni sdraiato sull’erba a guardare l’orizzonte. In realtà osservava attentamente la natura, studiava la luce, sentiva le vibrazioni, coglieva i dettagli. Riflessi del sole, movimenti dell’acqua, ombre e colori del luogo. Per impostare i volumi e creare la meraviglia. «Non è sufficiente creare volumi che all’interno offrano uno spazio piacevole per l’uomo e che all’esterno siano bellissimi: i volumi devono essere integrati con il territorio», sosteneva. Venne fuori un complesso sinuoso, fatto di materiali locali e ispirato a un borgo di pescatori. Con archi e finestre da tutte le parti, circondato dal verde e dal mare. Con facciate pastello, arredi apparentemente rustici e tocchi creativi. Vetri colorati, pontile curvo, volumi ondulati, altezze che salgono e scendono, muovendosi leggere.

 

 

ICONA SENZA TEMPO

 

Non passò molto dall’inaugurazione, nel 1963, sessant’anni esatti fa, che il Cala divenne the place to be per aristocratici, imprenditori, politici, artisti, attori.

Da Frank Sinatra a Greta Garbo, da Grace Kelly a Gianni Agnelli, da Brigitte Bardot a James Bond Roger Moore in La spia che mi amava fino a Beyocè e Charlotte di Monaco: tutto il jet set che conta è passato e continua a passare di qui. Perché non è solo un albergo di lusso – tra i più rinomati e costosi al mondo, basti dire che l’Harrods suite (250 mq) viaggia sui 40mila euro a notte ed è sempre sold out – ma è anche un’icona senza tempo (www.caladivolpe.it).

 

 

 

60 ANNI E NON SENTIRLI

 

Non sente la crisi, certo, ma non sente neanche la moda. Ha sessant’anni ed è più bello e à la page che mai, complici anche i cinque anni di restyling, voluti dalla Proprietà Smeralda Holding che, curati degli architetti francesi Bruno Moinard e Claire Bétaille, si sono conclusi in tempo utile per questa stagione estiva. Che qui vola sulla scia del glamour. All’interno il must Atrium Bar e ristoranti d’élite, in primis il sushi e fusion Nobu style Matsuhisa, il cult della carne Beefbar e il best seller della cucina mediterranea Le Grand.

 

 

Attorno i locali più in vista della scena marina, dal Nikki Beach al Phi Beach, all’insuperabile giapponese Zuma. Ma soprattutto le 22 spiagge della Costa Smeralda: poche, ma non buone, eccezionali.

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