Il difficile mestiere del capo
Quello del «boss» non è un lavoro semplice perché richiede l’assunzione di molte responsabilità. Il problema è che chi lo esercita non sempre si rende conto che creare il feeling giusto con dipendenti e collaboratori può risultare un vantaggio competitivo e non un’incombenza superflua. Ad esempio, la frase-tipo «siamo qui per lavorare non per divertirci» andrebbe cancellata da qualsiasi “vocabolario aziendale” in quanto tende più a demotivare che a far concentrare la forza-lavoro sul target da raggiungere. La sofferenza (lavoro deriva dal latino labor che indica «pena», «sofferenza», ndr) non è per nulla stimolante.
Ecco perché Alessandro Curioni ed Elio Meloni, ideatori del framework formativo Happy Working, ci suggeriscono un’altra strada per gestire i compiti di vertice in ambito aziendale. «Ormai la maggior parte delle attività produttive richiede un certo grado di creatività e quella, sfortunatamente, non ha l’abitudine di funzionare sempre dalle nove alle sei», sottolineano i due esperti ricordando due esempi.
«Una storiella buddista racconta di un contadino che vede in lontananza un cavaliere avanzare a grande velocità sulla strada. Quando l’uomo a cavalla gli sfreccia accanto l’agricoltore chiede: “dove vai così in fretta?”. E il cavaliere di rimando: “Non lo so domandalo al cavallo?”. Provate a chiedere ai vostri collaboratori se sanno dove corrono, ma fate attenzione perché la direzione dovreste averla fornita voi. Avete comunicato con chiarezza gli obiettivi? Ne siete certi? Soprattutto siete sicuri che abbiano compreso? Comunicare gli obiettivi è molto difficile. Fatevi soltanto una domanda: quando ho spiegato il senso del nostro lavoro sono rimasto intrappolato nella vacuità del linguaggio aziendale (noi siamo qui per offrire un servizio di qualità, etc.)?».
Il secondo esempio è una metafora. «Apro la dispensa e prendo la pasta all’uovo, perché mi ricordo che avevo fatto un figurone l’ultima volta e poi le trofie non mi ispirano, poi il pesto, che mi ha consigliato un mio amico e tenevo in serbo per un’occasione speciale, visto che il ragù potrebbe essere un po’ pesante, e infine il peperoncino, perché l’ho comprato naturale e biologico direttamente in Calabria durante le mie ultime vacanze, ma non i fagiolini che mi sembrano un po’ piccoli. Il risultato è diciamo “curioso”, ma frutto di un errore assolutamente comune non tanto in cucina, quanto nelle aziende: troppo spesso si tengono in considerazione le qualità dei singoli, ma non la loro “natura”, si sopravvaluta “cosa” sanno fare a discapito di “come” riescono ad ottenere il risultato. La nostra pasta e il nostro sugo non soltanto sono differenti, ma nella loro diversità devono avere una natura che si combini altrimenti 1+1 non fa 3, come noi speriamo, ma il più delle volte nemmeno 2». Costruire un gruppo di lavoro significa mettere insieme le persone giuste e considerarne tutte le caratteristiche di ciascuno di essi.
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