Carissima Milano
Qualche giorno fa Ubs ha pubblicato la ricerca Prices and Earnings, un’indagine che ogni triennio rileva la qualità della vita nelle grandi città del mondo mettendo in relazione – come dice il titolo – i prezzi in relazioni alle retribuzioni. Il claim scelto per il 2015 è «guadagno abbastanza per la vita che desidero?». Che, in fondo, è la preoccupazione di ogni banca in relazione alla propria clientela: da un lato, il porre questa domanda consente di strutturare una pianificazione finanziaria che consenta il mantenimento di un adeguato tenore di vita. Dall’altro lato, consente di misurare (e variare) l’affidabilità del cliente e delle sue esposizioni in relazione al suo habitat. Ovviamente, la ricerca fa sempre notizia perché misura quanto sia più o meno difficile vivere nelle due grandi metropoli italiane, cioè Milano e Roma. Ed è su questo punto che ci concentreremo.
Le città più care
Sulla base dei prezzi di un paniere standard di 122 beni e servizi, Zurigo, Ginevra e New York sono le città più care al mondo. Milano occupa il 13° posto, ma scende di qualche gradino se si tiene conto degli affitti. Per contro, Hong Kong sale di 13 posizioni, arrivando al 6° posto. Il costo della vita più basso tra le città considerate è osservato nell’Europa orientale; in particolare a Kiev. Come potete osservare dal grafico qui a fianco la classifica viene stilata prendendo come riferimento la Grande Mela. La colonna a sinistra considera la compatibilità dei prezzi con le retribuzioni, quella a destra include nella componente inflazione anche il costo degli affitti che fanno balzare New York al primo posto mondiale.
Senza voler essere presuntuosi e basandoci su un canone puramente esperienziale, possiamo affermare con una ragionevole approssimazione che la vita a Manhattan diventa sostenibile e godibile con un reddito di almeno 5-6.000 dollari al mese perché se volete vivere non troppo distanti dall’East Side «accontentandovi» di SoHo o di Little Italy, dovrete mettere in preventivo affitti sui 3.500 dollari al mese circa per un appartamentino. Dunque per vivere bene a New York (senza andare nel Queens o rifugiarsi nel New Jersey) occorre un reddito tra i 4.500 e i 5.500 euro mensili. Il che taglia fuori molti di noi. Lo ripetiamo, è un calcolo empirico ma ci consente di assegnare un valore a una variabile e, dunque, di stabilire come siano posizionate realmente Milano e Roma in confronto alle grandi metropoli.
Fatto 100 l’indice dei prezzi di New York (affitti inclusi), tutto il mondo è meno caro. E però si scopre che Milano vale il 64,5% della Grande Mela che è sempre meno di Zurigo (92,6%), Ginevra (91,8%) e Londra (79,5%), ma peggio di Parigi (63,8%), Bruxelles (57,3%) e Roma (57,1%).
I salari più elevati
In termini lordi, i lavoratori di Zurigo, Ginevra e Lussemburgo beneficiano degli stipendi più elevati. In termini netti (che considereremo per semplicità) i newyorkesi sono al terzo posto dopo gli svizzeri.
L’incidenza di imposte e contributi sociali è in alcuni casi molto elevata; per esempio, nel caso di Copenaghen il 45% della contribuzione viene assorbita da questi oneri facendo perdere 20 posizioni in classifica. A Roma e Milano, invece, l’incidenza è inferiore ma le tasse restituiscono un reddito medio pari al 54,2% di quello newyorkese nella Capitale e del 53,1% nel capoluogo lombardo. Ritornando al paragrafo precedente e prendendo come riferimento una retribuzione di circa 5mila euro mensili netti che a New York, a determinati livelli, non è impossibile conseguire come non lo è a Ginevra e Zurigo, si comprende come gli italiani delle grandi città debbano fare i salti mortali per arrivare a fine mese.
Ovviamente il newyorkese, lo zurighese e il ginevrino dovranno scomputare dalla loro ottima paga i versamenti ai loro fondi pensione e alle loro assicurazioni malattia che in Usa e Svizzera sono private e non pubbliche. La sostanza, però, non cambia di molto. Invece, il milanese che vive in condizioni paragonabili con il suo omologo di New York – con 2.700 euro circa già tassati – deve affrontare un costo della vita più elevato rispetto al livello della retribuzione. Di quei 2.700 euro gli affitti di Roma e Milano si mangeranno una buona parte e se sono proprietari di un immobile, lo farà il mutuo.
Il potere d’acquisto
Poiché la matematica non è un’opinione, i risultati confermano quanto sostenuto in precedenza. A Milano si fa molta più fatica che a New York perché il potere d’acquisto delle retribuzioni annue è del 62,7% rispetto a quello registrato nella Grande Mela. Con un 78% di indice dei prezzi e un 53% di valore degli stipendi raggiungere lo standard newyorkese a Milano è molto complicato. Il metodo migliore per giudicare il valore effettivo dei salari, spiega Ubs, è confrontare il potere di acquisto in termini di beni che sono più o meno uguali in tutto il mondo. In quest’ottica Lussemburgo, Zurigo e Ginevra offrono il miglior potere di acquisto: in queste città il salario netto orario permette di comprare la maggior parte dei beni e servizi contenuti nel paniere standard. Nairobi e Giacarta hanno il potere di acquisto più basso, appena un decimo rispetto al Lussemburgo. Un Big Mac costa quasi tre ore di salario medio a Nairobi, laddove a Hong Kong bastano solo nove minuti e a Roma e Milano 18. I lavoratori di Zurigo possono comprarsi un iPhone 6 dopo 21 ore di lavoro; a Kiev ne servono 30 volte di più.
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