L’età del conflitto
«Un decennio di politiche tese a valorizzare le diversità, a creare nelle imprese e nella società un ambiente favorevole alla espressione delle individualità, ha prodotto gli anticorpi culturali che sono oggi all’origine di un sentimento crescente di fastidio, se non di odio per il diverso», spiega Domenico Fucigna, presidente di Tea Trends Explorers, laboratorio di ricerche predittive sulle tendenze del mercato, ed esperto di innovazione di prodotto. «Questo sentimento è un portato, tra l’altro, della consapevolezza che l’attuale situazione economica occidentale, e forse anche planetaria, non consente più di modificare il proprio status sociale nativo», aggiunge.
Questa nuova consapevolezza, prosegue Fucigna, «dà luogo a una forma di turbolenza sociale di fondo e alimenta la possibilità che questa si trasformi in aggressività». Nell’interpretazione di Emanuele Severino, osserva, «viviamo un periodo in cui gli interessi delle persone, (della moltitudine), gli interessi della politica e gli interessi dell’economia sono in conflitto e viaggiano su binari destinati a scontrarsi».
«Le condizioni sociali sono definitivamente stabilite e il sistema è di fatto organizzato in “caste chiuse”», conclude l’esperto sottolineando che «i conflitti sociali possono essere letti quindi come conflitti tra caste e destinati ad evolvere, in una prossima prospettiva, in lotta tra “élite” e “dropout”».
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