Ci si ammala di più e si sopravvive anche di più. Ma le cose non stanno così dappertutto, in Italia la forbice fra Nord e Sud significa anche una diversa sopravvivenza dopo un tumore: al Sud è di 4-10 punti percentuali (in relazione alle diverse neoplasie) più bassa che al Centro Nord. Il dato è contenuto nel rapporto dell’associazione italiana Registri tumori (Airtum) 2011 che comprende le informazioni raccolte dai 31 registri della rete Airtum.

Guardando all’insieme di tutti i tumori (esclusi quelli di vescica e cute), la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi dei malati oncologici è del 50% per gli uomini e al 60% per le donne. Ed è un dato superiore alla media europea, simile a quello registrato nei Paesi scandinavi.

Le analisi riguardano oltre 1.490.000 casi di tumore diagnosticati tra il 1990 e il 2007, con aggiornamento al 31 dicembre 2008. Lo studio è finanziato dal ministero della Salute attraverso il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm).

 Tra il 1990 e il 2007 la sopravvivenza dei malati di cancro è  aumentata del 14% per gli uomini e del 9% per le donne. Questo miglioramento si registra anche a distanza di 10 e 15 anni dalla diagnosi.

Accanto ai tumori a buona prognosi rimangono quelli a prognosi infausta: la sopravvivenza è alta per tiroide (94%), mammella della donna (87%), prostata (89%), cervice uterina (61%) e colon-retto (58%); ed è inferiore al 50% per le leucemie (43%) e il tumore dello stomaco (29%);  è al di sotto del 20% per fegato (14%) e polmone (13%). Negli uomini la sopravvivenza a 5 anni è di 10 punti percentuali più bassa rispetto a quella delle donne. Nella gran parte dei tumori maligni la sopravvivenza appare inversamente proporzionale all’età.

Sul divario Nord-Sud interviene Mario Fusco, direttore del Registro Tumori della Campania e coordinatore del Rapporto: “Le sopravvivenze più basse rilevate al Sud riguardano tumori diversi per prognosi e per disponibilità di interventi sanitari, tendono a persistere anche tra coloro che sono sopravvissuti al primo anno dopo la diagnosi e anche tra i malati che sopravvivono per più di 5 anni dalla data di diagnosi. Questo significa che la più bassa sopravvivenza non è limitata ai casi di malattia allo stadio avanzato” .

 Fusco parla di “criticità all’interno dei sistemi sanitari delle Regioni meridionali non limitate alla diagnosi, ma  presenti anche nei momenti successivi”.  Le cause indicate sono: il ritardo diagnostico che fa scoprire il cancro in una fase più avanzata e, quindi, con prognosi peggiore; la disuguaglianza nell’accesso alle terapie e nella qualità dei servizi di diagnosi e cura. Infine la poca propensione ad adottare modelli di trattamento multidisciplinare.

 Cosa ne pensate? Qualcuno di voi si è curato nelle regioni del Sud Italia o ha preferito trasferirsi al Nord? Raccontateci la vostra esperienza…

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