Verso il ritorno degli euromissili. L’Europa tace (e quindi acconsente)
Mentre da Londra arrivano notizie negative per la Brexit e anche per il Governo May, da Ginevra ne giungono altre, ancora più negative, ma per la sicurezza mondiale. L’incontro svoltosi ieri all’ONU tra le rappresentanze diplomatiche di Washington e Mosca per cercare di salvare il trattato INF sull’eliminazione dei missili a corto e medio raggio (cioè con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri), siglato nel 1987 da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov e ora minacciato dal proposito statunitense di ritirarsi dall’accordo, non avrebbe portato a nulla di positivo e si sarebbe concluso con un nulla di fatto. Lo ha scritto su Twitter il segretario di Stato americano per il Controllo degli armamenti, Andrea Thompson, così che oggi si è tenuta una riunione dei vertici militari in Europa della NATO sul tema.
(3 of 3) Our message was clear: #Russia must destroy its noncompliant missile system. The U.S. delegation will brief allies and partners, including at @NATO tomorrow, on these discussions.
— U/S of State Andrea Thompson (@UnderSecT) 15 gennaio 2019
Secondo gli americani, sebbene non abbiano ad oggi prodotto prove chiare, il sistema russo 9M729, non rispetterebbe le prescrizioni dell’accordo (cioè avrebbe una gittata superiore ai 500 chilometri) e andrebbe quindi distrutto. “L’incontro è stato deludente, perché è chiaro che la Russia continua a violare il trattato e non è pronta a spiegare come intende tornare alla sua piena e verificabile attuazione“, hanno infatti scritto nella dichiarazione ufficiale dopo il meeting in Svizzera i diplomatici statunitensi. Secondo il Cremlino, quello americano sarebbe un pretesto per schierare nuovamente missili nucleari a raggio intermedio con base a terra in Europa occidentale, dopo aver posizionato i lanciatori del sistema missilistico Aegis Ashore in Romania. L’ipotesi di nuovi euromissili del resto è già stata avallata di fatto dal vertice dei ministeri degli Esteri dei Paesi NATO dello scorso 4 dicembre (c’era anche l’Italia), con l’ultimatum a Mosca di 60 giorni per adeguarsi…
Sì, perchè se Mosca non distruggerà i sistemi, gli USA rigetteranno unilateralmente e definitivamente l’INF. Così, nonostante le affermazioni via Twitter di Donald Trump dello scorso dicembre, in cui annunciava di volersi sedere a discutere il tema con Russia e Cina, si rischierebbe una nuova e pericolosa corsa agli armamenti. Nonostante le numerose divergenze con l’amministrazione Trump, bisogna dire che, in questo caso specifico, i Paesi dell’UE (Italia inclusa, nonostante le dichiarazioni filorusse del Governo Conte) si sono uniformati pienamente ai desiderata americani, votando anche, nella riunione dello scorso mese di ottobre dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, contro una risoluzione russa per la “preservazione e osservanza del trattato INF”, alla fine respinta.
Che la volontà USA sia anche quella di prevenire una corsa agli armamenti missilistici da parte della potenza esclusa dall’INF, ossia la Cina, e quindi di poter mantenere la supremazia sul Paese del dragone, è chiaro e comprensibile. Ma la Repubblica Popolare, da parte sua, non ha, altrettanto comprensibilmente, nessuna voglia di entrarvi. Per cui, dopo questo ennesimo risvolto negativo, l’INF sembra avere davvero i giorni contati. Il dramma è che, a seguire, la stessa sorte potrebbe subirla il New START sugli armamenti intercontinentali…
Ciò che stupisce, in questa situazione, è appunto l’assoluto e totale silenzio da parte dell’Europa che, piegandosi (de facto) nuovamente alla linea statunitense e della NATO, nonostante le precedenti dichiarazioni di supporto alla conservazione del trattato INF da parte di singoli esponenti politici e di Governo, tra gli altri anche del ministro tedesco Heiko Maas (che nei prossimi giorni sarà in Russia), continua a dimostrare di non avere il passo per essere un soggetto geopolitico autonomo, neppure quando si tratta di preservare la sicurezza sul proprio suolo. Non per nulla il titolare del dicastero degli Esteri russo, Sergey Lavrov, aveva dichiarato proprio a dicembre che i Paesi europei “seguono gli Stati Uniti, anche nei casi in cui è chiaramente contrario ai loro interessi”.