Ne ha parlato qualche settimana fa il nostro premier, durante il Social Summit di Oporto. Nel suo discorso ai 27 capi di Stato presenti, Mario Draghi ha affermato: «Troppi Paesi dell’Ue hanno un mercato del lavoro a doppio binario, che avvantaggia i garantiti – in genere i lavoratori più anziani e maschi – a spese dei non garantiti, come le donne e i giovani. Mentre i cosiddetti garantiti sono meglio retribuiti e godono di una maggiore sicurezza del lavoro, i non garantiti soffrono un vita lavorativa precaria. Questo sistema è profondamente ingiusto e costituisce un ostacolo alla nostra capacità di crescere e di innovare».

Secondo l’indagine condotta dal Consiglio nazionale dei giovani con il supporto di Eures, a cinque anni dal completamento degli studi, i giovani intervistati hanno lavorato in media per tre anni e mezzo. Solo il 37,2% del campione ha un lavoro stabile, mentre il 26% ha rapporti a termine, il 23,7% è disoccupato e il 13,1% è studente-lavoratore. La condizione prevalente (33,3%) è caratterizzata da una «elevata discontinuità lavorativa» (disoccupazione superiore al 40% del tempo) solo 4 su 10 hanno lavorato per almeno l’80% del tempo. La maggior parte ha una retribuzione inferiore a 10.000 euro annui (il 23,9% inferiore a 5.000 e il 35% tra 5.000 e 10.000 euro), mentre il 33,7% del campione percepisce tra 10.000 e 20.000 euro (solo nel 7,4% dei casi si superano i 20.000euro).

Non solo, lo studio mostra come la maggioranza dei giovani (54,65) ha esperienze di lavoro senza contratto, il 61,5% ha accettato un lavoro sottopagato, il 37,5% dichiara di aver ricevuto pagamenti inferiori a quelli pattuiti e il 32,5% di non essere stato pagato per il lavoro svolto. Il 13,6% dei giovani dice di aver subito nel corso della propria esperienza lavorativa molestie o vessazioni (12,8% uomini e 14,5% donne).

Una situazione drammatica che sta influenzato in maniera incredibile le scelte di vita dei nostri giovani. Per Maria Cristina Pisani, presidente Cng: «Un presente di instabilità e un futuro di indigenza stanno cancellando il diritto al futuro di un’intera generazione».

Da Istat a Bankitalia, passando per Eurostat e Upb, l’Italia si mostra tra i paesi più provati della pandemia. Anche con la nuova classificazione degli occupati (che non considera tale chi è assente dal lavoro da più di tre mesi) le statistiche mostrano che da febbraio 2020 a marzo 2021 si sono persi quasi 900.000 posti. Il tasso di occupazione è calato del2% (da 58,6% a 56,6%). Il numero di disoccupati (2.495.000) è rimasto stabile, mentre gli inattivi sono cresciuti di circa 650.000 (tra questi, moltissimi scoraggiati).Insomma, come tasso di disoccupazione (a livello generale, 10,1%, tra gli under 25 addirittura 33%) siamo ancora tra gli ultimi. Peggio di noi solo Spagna e Grecia. Da febbraio 2020 a marzo 2021 gli under 25 hanno perso 74.000 posti. E ci sono 76.000 disoccupati in più. Nella fascia 25-34 anni i disoccupati in più nello stesso periodo sono 238.000. Anche l’Istat evidenzia 100.000 occupati a termine in meno nell’anno, con oltre 200.000 autonomi persi.

I nostri giovani sono anche il nostro futuro. Investire su di loro è fondamentale per guardare con ottimismo al domani. Il premier Draghi ha annunciato che «verranno investiti 6 miliardi di euro per riformare le politiche attive del mercato del lavoro. Il Piano prevede un Programma per l’occupabilità e le competenze, destinato alla formazione e alla riqualificazione di coloro che devono cambiare lavoro o che sono alla ricerca di una prima occupazione, seguendo l’esempio del Programma europeo di garanzia per i giovani».

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