Craxi e Sigonella: l’ultimo conato di vera sovranità. Prima del buio
Viviamo un’epoca in cui ci si è abituati a considerare come un dato di fatto il timore di ministri e premier per una semplice dichiarazione fuori posto, poiché questa potrebbe infastidire gli onnipotenti e ingovernabili mercati. Sperimentiamo quotidianamente un periodo storico in cui oscuri burocrati ed economisti spadroneggiano nei programmi televisivi di approfondimento dedicati alla res publica, in luogo dei rappresentanti del popolo eletti per occuparsene. In questo scenario desolante diventa difficile e forse addirittura doloroso ricordare un episodio come la crisi di Sigonella. Difficile, ma necessario. Perché, quel mese di ottobre di 33 anni fa, di fatto, l’Italia esalava l’ultimo respiro di quella sovranità oggi tanto agognata e sognata.
Non è necessario ricordare gli eventi che accaddero dal 7 all’11 ottobre del 1985. Solo alcuni fotogrammi. Il dirottamento, a opera di quattro terroristi palestinesi, della nave italiana da crociera Achille Lauro; l’uccisione di Leon Klinghoffer, un cittadino americano disabile; le trattative tra il Governo italiano e in particolare il presidente del Consiglio Bettino Craxi, l’OLP di Arafat, la Siria, la Tunisia e l’Egitto; la consegna della nave a Porto Said e la resa dei sequestatori; l’aereo egiziano che, con a bordo i terroristi e due rappresentanti dell’OLP, Abu Abbas e Hani el Assan, insieme a personale governativo del Cairo, decolla diretto in Tunisia e viene intercettato dai caccia americani, che lo costringono ad atterrare in Sicilia. E, infine, Sigonella. I carabinieri che, per ordine di Craxi, circondano l’aereo appena atterrato per prelevare i terroristi. I militari americani che circondano i carabinieri, circondati a loro volta nuovamente da truppe italiane. Lo scontro diplomatico sul filo dello scontro a fuoco. Gli Stati Uniti che cedono: i reati sono avvenuti a bordo di una nave italiana, i colpevoli dovranno essere giudicati da un tribunale italiano.
E poi quella lettera di invito di Ronald Reagan, che cominciava così: “Dear Bettino”. Caro Bettino. Gli Stati Uniti cercavano l’Italia, volevano ricucire. L’Italia rispettata dai “padroni” americani, nonostante le numerose basi militari presenti nella penisola. E rispettata nel Mediterraneo, il suo orizzonte geopolitico naturale.
Sigonella. L’ultimo conato di sovranità. Poi il buio. Maastricht, che non a caso proprio Craxi temeva. Tangentopoli. Il Britannia. Il crollo della politica e dell’interesse nazionale, vittime sacrificali immolate sull’altare del dio mercato, delle esportazioni di democrazia, della globalizzazione a colpi di cannone, di indici di borsa e di spread. La politica economica e la politica estera dell’Italia repubblicana cancellate, addomesticate, sottomesse a suon di scandali giudiziari e ingegneria sociale da pensiero unico. Craxi, forse, tra le altre cose, pagò anche quell’atto di forza. Chissà. Qualcuno lo sussurra.
Comunque sia, mai come in questi giorni è opportuno ricordare quegli eventi. Ricordare e capire che la realtà che qualcuno sta cercando di imporre come assoluta, come mero dato oggettivo di cui i “competenti”, i “seri” e i “moderati” devono soltanto prendere atto, ossia quello della politica italiana al guinzaglio di poteri e vincoli esterni, non è che una delle realtà possibili. E, molto probabilmente, è solo la realtà peggiore.