Caporedattore della rivista “Geopolitica” dell’Università di Mosca e del sito “Geopolitica.ru“, Leonid Savin, autore e analista prolifico, con all’attivo già tre pubblicazioni in lingua italiana, è forse una delle “penne” più interessanti per chi volesse comprendere che cosa realmente si muova, dietro la cortina di fumo della propaganda e della guerra psicologica, nella mente delle classi dirigenti moscovite incaricate di governare il conflitto in corso con l’Ucraina: direttore della Fondazione di monitoraggio e previsione dello sviluppo degli spazi culturali-territoriali (FMPRKTP), membro della società militare-scientifica del Ministero della Difesa russo, Savin è anche uno dei principali esponenti del movimento eurasista internazionale.

Particolarmente interessante, a tal proposito, è la recente pubblicazione in lingua italiana del saggio Ordo pluriversalis. La fine della pax americana e la nascita del mondo multipolare, edito da Anteo Edizioni, con la prefazione di Marco Ghisetti, giovane e brillante studioso di geopolitica, già autore, per lo stesso editore, del saggio “Talassocrazia” (il quale, peraltro, vedeva la prefazione dello stesso Savin).

L’opera – spiega proprio Ghisetti – comincia prendendo atto che il cosiddetto paradigma della ‘pace americana’ sia collassato in seguito agli ultimi eventi, di cui lo scoppio di guerre calde in aree e zone che si riteneva ormai da tempo consolidate all’intero dell’orbita di Washington confermano chiaramente. L’influenza statunitense si sta infatti ritirando in varie regioni del mondo, ma, più che un generale tramonto della potenza d’oltremare, ciò è anche dovuto ad un cambio di strategia, ovvero un riposizionamento, di Washington lungo nuove linee strategiche. Sta di fatto che però la crescita delle cosiddette potenze revisioniste, che hanno obbligato gli Stati Uniti a ritirarsi da regioni che avevano tentato di conquistare, non si esaurisce in un mero aumento della loro potenza relativa, ma è anzi accompagnato ad una generale e diffusa sofferenza nei confronti della struttura mondiale che negli ultimi tempi si era andata delineando. Per questa ragione la fine della pax americana può comportare una vera e propria modifica dell’intero assetto internazionale e non solo dell’equilibrio di potenza. È per questa ragione che l’analisi di Savin intende andare più a fondo delle numerose analisi già presenti, individuando così sia le più profonde ragioni della, ma anche delle eventuali alternative alla, fase di transizione che stiamo attualmente vivendo. Inoltre, dalla lettura di questo testo appare evidente che il fine di Savin non si fermi alla decostruzione o alla descrizione dell’attuale fase di crisi. L’obiettivo di Savin è infatti costruttivo: il suo auspicio è di riuscire ad individuare ed offrire delle grammatiche intellettuali che possano rivelarsi utile a questa costruzione alla cementazione del nuovo ordine multipolare in fase di gestazione. Abbiamo scelto di proporre ora questo fresco studio di Savin proprio perché la recente azione russa in Ucraina (a cui si aggiunge un enorme e sottaciuto dinamismo di Mosca nell’Africa subshariana) non solo hanno rapidamente confermato quanto prognosticato da Savin, ma impongono il bisogno, per ogni attore politico che voglia essere qualcosa di più di un semplice oggetto della politica di potenza altrui, o per ogni analista che voglia orientarsi nell’attuale fase di transizione, di cogliere pienamente sia le principali strategie delle grandi potenze, sia la visione del mondo che le indirizza. Esso è quindi di particolar importanza e particolarmente utile per il lettore italiano. Infatti, l’Italia, che si colloca al centro sia della macroregione mediterranea che di quella europea, è un Paese la importanza è ahinoi direttamente proporzionale all’inettitudine della sua classe dirigente e al disinteresse in materia internazionale dell’opinione pubblica, col risultato l’Italia naviga priva di bussola in questa burrascosa fase di transizione. Il libro di Savin, che a dispetto del titolo e delle dimensione è davvero di facile e scorrevole lettura, ha le potenzialità di offrire la bussola necessaria ad orientarsi nell’attuale fase di crisi, con la possibilità quindi di rispondere più consapevolmente ed opportunamente alla scelte che dovremo presto compiere”.

Ma quali sono, dunque, le alternative all’attuale scenario globale proposte dall’autore?

“Le alternative allo scenario attuale – prosegue Ghisetti – dipenderanno dalle azioni e dalla volontà degli attori in gioco, e al tipo di ordine che vorranno e riusciranno ad instaurare. Il multipolarismo, e particolarmente l’attuale fase di transizione, è un cantiere aperto. Per Savin l’ordine mondiale non è un qualcosa che dipende esclusivamente dall’equilibrio di potenza mondiale, poiché la sua stessa struttura è non è un qualcosa di dato e immodificabile. Allo stesso tempo, Savin sostiene che nella politica mondiale coesistano numerosi livelli, tante visioni ed interpretazioni del mondo egualmente legittime, e che perciò influenzano l’ordine mondiale, qualsiasi esso sia. Per questa ragione Savin preferisce parlare di ‘pluriverso’, piuttosto che di multipolarismo. Essenzialmente e in questo momento, le principali alternative sono quelle fornite dalle principali potenze eurasiatiche (Russia e Cina), a cui si aggiungono quelle del mondo (o dei mondi) musulmano e latinoamericano, il cui denominatore comune è appunto l’opposizione al dominio della crematistica e di una singola potenza mondiale. A seconda dei successi delle loro politiche antiegemoniche, unite alla loro particolare visione del pluriverso politico, queste potenze offriranno la possibilità ad altre visioni del mondo di affermarsi, anche in regioni o in culture a loro distanti. Una di queste regioni è proprio l’Europa, nei confronti della quale Savin dedica un intero capitolo alla progetto di autonomia strategica e al particolare ruolo che essa potrebbe giocare”.

Quali lezioni possono essere apprese dal saggio e dal pensiero di Savin, alla luce degli eventi più recenti?

“Una prima lezione – continua il curatore dell’opera – nonché la più evidente, è che non siamo più in un periodo di ‘pace’ garantito dall’egemone statunitense, se di pace si può parlare, dato che alcuni autori hanno, nemmeno completamente a torto, preferito parlare di ‘guerra infinita’, piuttosto che di ‘pace americana’. Una seconda lezione, che si deriva direttamente dalla prima è che, viste le guerre che ormai sono scoppiate proprio sul suolo europeo, non è per noi più possibile presumere disinvoltamente ed ingenuamente che la nostra sicurezza possa completamente dipendere dalla volontà benigna di un egemone che, evidentemente, è disposto a far combattere a noi le sue guerre (o a combattere le sue guerre sulla nostra pelle). Una terza lezione è che, vista la situazione attuale, dobbiamo deciderci a diventare responsabili del nostro destino e, perciò, decidere che cosa vogliamo fare e che cosa vogliamo essere in un mondo in cui la nostra importanza e l’influenza delle nostre istituzioni politiche ed economiche sta velocemente diminuendo (per non parlare della nostra sempre più irrisoria influenza culturale). Ottenuta questa consapevolezza si aprono dinnanzi a noi i portoni di ogni possibile futuro alternativo, verso il quale abbiamo la possibilità di indirizzare il nostro futuro storico, se solo fossimo consapevoli della situazione e volenterosi di intraprendere le azioni e gli eventuali rischi di tale impresa”.

Che svolta può arrecare l'”operazione speciale” decisa dal Cremlino in Ucraina alla transizione verso un modello policentrico?

Foto di Tatyana Kazakova da Pixabay

“Nel libro – spiega sempre Ghisetti – Savin afferma a chiare lettere che l’impegno della Russia per la costruzione di un modello policentrico per il mondo è condizione sine qua non, sebbene da sola non sufficiente, per l’effettiva cementazione di un mondo multipolare. Effettivamente, la Russia già da più di vent’anni ha cercato di promuovere la costruzione di un mondo nel quale potesse salvaguardare la propria sovranità e mantenere una certa capacità di proiezione estera, che negli occhi degli uomini del Cremlino si manifesta in una politica volta a far rivestire a Mosca un ruolo di stabilizzatore e del ruolo di equilibratore nelle varie regioni mondiali. Ad esempio, con la Cina e gli Stati centroasiatici ha fissato una volta per tutte i rispettivi confini e cercato di armonizzare i propri progetti di integrazione con la Nuova Via della Seta cinese, evitando così che si instaurasse tra Pechino e Mosca un gioco a somma zero in Asia Centrale; nel Vicino e Medio oriente Mosca è intervenuta militarmente e diplomaticamente al fine di stabilizzare la regione e di estromettere attori che invece fomentavano divisioni e conflitti interetnici e interreligiosi; anche nell’Artico la Russia cerca di seguire la medesima politica, gettando le fondamenta delle future rotte artiche e cercando di evitare che si instauri una corsa al riarmo nel Mare Glaciale. Il confine con l’Europa Orientale è perciò l’ultima zona di confine non ancora stabilizzata, o comunque nei confronti della quale in relativo progetto di integrazione (l’Unione Europea) permane una situazione di gioco a somma zero, sebbene Mosca abbia cercato di instaurare col progetto di integrazione dell’UE una relazione per certi versi simile a quella con la Nuova Via della Seta cinese. Non è stato possibile far ciò per via politica della NATO, che ha voluto prevenire ogni tipo di intesa Bruxelles/Berlino-Mosca, fomentando così un gioco a somma zero nell’Europa Orientale che è alla fine degenerato nella guerra in Ucraina. La decisione di Mosca di procedere con quella che ha definito ‘operazione militare speciale’, la cui logica segue quella dell’intervento in Siria in favore del governo di al-Assad, mostra la venuta al pettine delle contraddizioni nei rapporti della Russia con l’Occidente e, da parte di Putin, di impedire alla dirigenza russa ogni velleità filo-occidentale. Ciò non significa che Mosca abbia voltato le spalle all’Europa o all’auspicio di stabilizzare anche il proprio confine occidentale. La Russia sa bene di non poterselo permettere, e il fatto che ufficialmente continui a definire quella in Ucraina una “operazione militare speciale” volta alla denazificazione e neutralizzazione dell’Ucraina o alla protezione della popolazione russofona delle Repubbliche separatiste ne è la prova. Tuttavia, le politiche europee volte, sotto pressione statunitense, a tagliare i ponti con la Russia, anche a prezzo di castrarsi e distruggersi economicamente e socialmente (la Russia invece è in grado di sopravvivere a ciò, siccome ha seguito per ormai un ventennio una politica estera multivettoriale e una politica interna di quasi-autarchia), fatte nel nome di un vuoto predicozzo morale o di fedeltà al mondo atlantico, non potranno che, da una parte, prolungare la situazione di guerra nella zona di confine euro-russa e, dall’altra, velocizzare il declino europeo verso una situazione di isolamento e insignificanza internazionale. Ma la macroregione europea rimane ancora nonostante ciò una di quelle più strategiche a livello internazionale; ed è probabilmente per questa ragione che Savin, che comincia il proprio studio indagando la crisi del modello occidentale (inizialmente eurocentrico e successivamente americanocentrico), lo conclude con un capitolo dedicato al declino europeo vis-à-vis la minoritaria, seppur presente, volontà europea di affermare la propria autonomia strategica e culturale. L’’operazione militare speciale’ russa, detto altrimenti, non costituisce tanto una svolta nella costruzione di una mondo policentrico, quanto la sua accelerazione, accorciando perciò il tempo entro il quale l’Italia e l’Europa devono decidere che cosa vogliono essere e che cosa vogliano fare nell’attuale fase di transizione, col rischio di mancare all’appello della storia e di cadere infine nell’oblio”.

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