Nella biblioteca democratica ci sono i pensieri di Mao con i suoi 60milioni di morti?
Altro che Mein Kampf. Leggere la Bibbia in famiglia è un vero atto rivoluzionario, oggigiorno.
Ognuno pensi alla sua biblioteca e se la componga e scomponga come caspita gli pare. Imporre testi dal sentore di Stato e censurarne altri puzza di antica novità, ricorda l’Italia del Savonarola o la Germania di Hitler, ricorda la Russia di Stalin. Ricorda la muffa che diciamo di aver scrostato.
Nonostante non potrei generare mai un’apologia verso il Mein Kampf, sinceramente letto a fatica, una riflessione va fatta. Signori: volevate la libertà estrema, la maturità civile, intellettuale e politica? Quella che tutto puote, tutto vede? Volevate l’emancipazione, l’acculturamento per tutti, sognavate un mondo scevro dall’ignoranza? Pretendevate la società perfetta in cui nessuno si offende più ma in realtà, sotto, sotto, ma neanche tanto, s’indignano tutti? Eccola. Se con Il Giornale esce il Mein Kampf? Non fa nulla, nel mondo delle idee che viaggiano a velocità supersonica, svincolate dall’accorpamento delle ideologie. E allora? V’indignate per quale motivo? Perchè l’autore è Adolf Hitler? Per la brutalità di contenuti deliranti? Nella biblioteca democratica, quella dei santi patroni dell’indignazione, oltre ad una copia della triologia di Kieslowsky e di tutti i libri che dicono come vada davvero il mondo, di come si faccia correttamente la cacca, il taccagno e l’amore, non ci sarà mai un posto per il Mein Kampf, e dunque, viene da chiedersi, per i pensieri del presidente Mao, con la sua sessantina di milioni di morti crepati, nudi, impiccati, torturati, proiettilati, invece? Il sacro gusto del marketing vorrebbe che in realtà alla Feltrinelli il Mein Kampf di Adolf Hitler ce l’abbiano, scontato per giunta, e che si possa ordinare anche online. Continua la domanda da cento milioni di dollari, dal sapor sacro – per questo scomoda e destinata a rimanere senza una risposta -: chi è senza peccato? Chi lo, è scagli la prima pietra?
Stroncatura, quella del Giornale, verso il Mein Kampf. Ode sciocca e faziosissima, invece, quella de L’Unità quando si struggeva per la morte di Stalin o della meno estremista Repubblica quando piangeva la morte del “grande Mao”, come giustamente sottolinea Giovanni Sallusti direttore de L’Indipendente. Torna il fantastico giochino delle figure: chi deve fare cosa? Chi è fascio, cosa non lo è? Il progressismo per sua natura, confonde. Confonde padroni e schiavi, uomini e donne, sesso e biologia, spiritualità e laicità. Il gioco delle tre carte, ora è qui, dopo lì e adesso? Proseguo la mia crociata strafottente alla coerenza. Se si sono persi i significati, resi elastici per essere adattati, al momento giusto, in base agli interessi dell’egemonia culturale vigente, tutto significa tutto e tutto significa niente. Dunque, chi vieta la vendita di un libro, cos’è?