Spegni la Fiamma, accendi la Fiamma. Se la destra si dà all’archeologia mentre l’Italia marcisce
Indiana Jones e il mistero dell’arca dell’Alleanza (Nazionale). Solo un archeologo poteva andare a caccia della grande arca dell’Alleanza (Nazionale). Solo un archeologo poteva andare a trattare di archeologia (politica). Spettri, evocazioni, ricordi, grandi regnanti, polvere e piramidi sommerse dal tempo. Egitto, direte voi: no, destra italiana. Esattamente, la destra della destra o la destra alla destra, non potete sbagliarvi. Non quella moderata, ehm, aspetta sì, moderata ma conservatrice, moderna in realtà ma più vicina ai padri di quanto si creda; o meglio, nazionale ma antieuropeista. No, aspetta, non proprio antieuropeista, antimondialista, per un’Europa diversa. Vabbè, insomma, quella che un tempo fu destra sociale, comunemente intesa, non proprio figlia di mamma e papà liberali.
“Via la Fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia”. Nuovo congresso “subito dopo il referendum. Inizialmente pensavamo a novembre, ma se Renzi continua a rinviare il momento del voto…”. Parola di Giovanni Donzelli, membro dell’esecutivo di Fratelli d’Italia. Questo perché? “perché l’ex centrodestra non esiste più” sacrosanto, e quindi è giunto “il momento di iniziare a immaginare una nuova fase”. L’eterna nuova fase. L’eterna. Il rendersene conto solo dopo. Il ritardo estremo. Il ciclo continuo: entusiasmo/decadenza/grinta e si ricomincia. Dopo cotanta guerra interna – vedasi quella tra i quadri in Fondazione AN – per riaccendere la Fiamma…
Più moderati, meno moderati. Ma poi, verrebbe da dire: moderati de che? Moderati come quella “putrida degenerazione del machiavellismo; che è già esso stesso forma regredita del pensiero del ‘’Segretario fiorentino’’. Ricerca continua del compromesso al ribasso e di opzioni che non scontentino nessuno; rinuncia alle scelte nette e gradimento verso quelle melliflue e lenitive. Un morbo divenuto anche ‘forma mentis’ di una comunità nazionale e col quale bisogna convivere”, per dirla con Luigi Iannone proprio sul Giornale. Più di governo, meno di governo. Più conservatori, meno conservatori. Più Fiamma, meno simbolo; più simbolo, meno Fiamma. Incapaci di tirare una linea retta e seguirla a dovere, essendo esempio – come si soleva dire un tempo -, alla faccia delle mutazioni disumanizzanti di questo nostro tempo gender, della politica show – vedasi quel furbacchione arraffagiovani di Salvini col mojito in mano al Papeete -, della sovranazionalità e della massificazione, delle minacce d’aborto dell’identità nazionale, di cui le destre furono e dovrebbero essere vero antidoto. Meno Fiamma, più Fiamma. Meno congresso, più congresso. Di questo si discute alla destra della destra, oggigiorno, eccezion fatta per le uscite, le prese di posizione isolate della sorellina d’Italia Giorgia Meloni. Un mal di pancia, continuo, a destra della destra. Un caos colossale che si protrae, impietoso, ogni lustro. Ma perché? “Quella di An non è una storia chiusa. Dopo la provocazione di Giovanni Donzelli […] sulla necessità di superare il totem chiamato An […] i dirigenti del movimento hanno discusso con Il Tempo della cosiddetta «fase 2»”, scrive l’attento Antonio Rapisarda che su Il Tempo di ieri, a piena pagina, riporta i tormenti della destra della destra in un dossier; ecco arrivare, quindi, la versione di Carlo Fidanza, responsabile Enti locali di FdI – “mantenere un richiamo simbolico alla tradizione della destra, con una fiamma, aggiornata, modernizzata” e fare come ha fatto Marine Le Pen, aggiunge Rapisarda – la risposta di Marco Scurria, responsabile di FdI dei dipartimenti tematici – “nel momento in cui nasceva una nuova storia bisognava far capire chi era l’erede. Oggi è un dato ormai assimilato». Per Scurria la «fase 2» è già avvenuta nella campagna elettorale di Roma dove, come fu nel ‘93 per Fini, la leader ha raggiunto un obiettivo fondamentale – di Buonfiglio – “non è vero che AN ha fallito” – e di Storace che sul suo Giornale d’Italia si rivolge alla Meloni che, nel frattempo, pare non esporsi più di tanto sulla questione simbolo, ritorno al futuro o condanna al passato: “riesce difficile immaginare come conciliare il fuoco senza la fiamma”. Reazioni, altre reazioni.
Insomma la destra c’è. E visto che ci siamo, convochiamolo un congresso a destra della destra. Apriamo il dibattito: togliere la fiamma, accendere la fiamma, tenere la fiamma, pagare la bolletta del gas. No ma votiamo il sostegno al Governo Tambroni, ascoltiamo la mozione Rauti, dai, evochiamo la necessità di una marcia sul Coma, di una destra modernamente democratica oppure che richiami le radici, che torni a casa e sfrontata affronti i tempi. Rimetta la celtica, la Fiamma e il teschio degli arditi. No ma perdiamo tempo mentre il dramma avanza. Freghiamocene di interpretare il nostro tempo, di forgiare l’alternativa. Mentre c’è bisogno di esserci.
Intanto i giovanotti della generazione millenials sono completamente tagliati fuori dalle guerra interne, dalle dichiarazioni esterne, dalle volontà endogene, dalle proposte esogene, insomma dalla destra della destra. Lasciati nelle riserve dell’illusione anacronistica e delle aggregazioni spontanee giovanili, costretti a interpretare, senza guida, tempi e significati.
Solo il grande Indiana Jones potrà scoprire il tesoro dell’Arca dell’Alleanza (Nazionale). Solo un bravo archeologo dei primi ‘900, armato di frusta, charme e pistola a tamburo.