Manchester. Noi vogliamo integrarli. Loro vogliono disintegrarci. A quando il secondo tempo della Battaglia di Lepanto?
Manchester.
Ancora una volta andrà in scena il festival della moderazione. Verso i cadaveri europei fatti a pezzi sotto ad un palco, moderati; verso una partita Iva che minaccia il suicidio, pugno di ferro.
Ancora per una volta, noi porgeremo l’altra guancia. Di più, ancora di più. Ci manca solo di insegnare ai nostri figli a farsi saltare in aria a Rotterdam, o a Milano, e poi a rivendicare su Twitter, per compiacere i nostri fratelli lontani…
Beati i perseguitati, perché di essi è il regno dei Cieli. Ma che grande ipocrisia. Della Parola di Dio, della Fede, dello Spirito non ce ne frega un beneamato cavolo. E quindi eccoci ad autodistruggerci, laicamente; laicamente a sbattere in faccia ai cani la pace fine a se stessa, senza una visione ulteriore, senza un’ispirazione superiore, così da sbattere i denti addosso ad un morte lenta e indecorosa. Lenta e indecorosa.
L’integralismo religioso, può essere pericoloso come l’estremismo della pace. Tanto confonde uno, tanto annebbia l’altro. Tanto rende virtualmente onnipotente e bigotto il primo, quanto illude e rende superbo l’altro.
Quantomeno, però, giustificare il “non-interventismo” coatto verso i nuovi mostri, per un’idea superiore, avrebbe donato fascino a questo suicidio, come i martiri e protomartiri, come i kamikaze del Sol Levante, come i dissidenti anticomunisti o i patrioti, come Palach e Sands. Ma le processioni sono vuote, sono sfottute dai passanti. I pellegrinaggi deserti e chi prega la Madonna, accarezzando i grani del Rosario, è visto come un povero barbone ubriaco fuori tempo e fuori luogo.
Ammazzarsi con ruolo, per un Credo, vero. Almeno. Tanto per coglionare la storia. Anche perché se questa immondizia esplosiva crede di poter fermare il tempo che avanza in queste terre vecchie e malate di Alzheimer si sbaglia di grosso. Terre che hanno plasmato e vissuto la civiltà, che si sono scannate per secoli; che hanno scoperto mondi e particelle, che hanno dato un senso al tempo; che hanno cresciuto l’uomo.
Di questa follia omicida, un domani, rimarrà ben poco, cari kamikazzo che non siete altro e che, soprattutto, non rappresentate lontanamente il fedele musulmano, cioè colui che sa mediare, modernamente, tra le sure del Corano e le mille pieghe ostili della propria epoca.
E la religione laica del progresso? Se la Divinità ha stancato, la materialità ha fallito. Il vitello d’oro non funziona. Non resta che farci il segno della croce: prima destra, poi sinistra, ora alto contro basso. Chi ama gli uomini, contro chi li odia. Chi combatte per quei valori irrinunciabili, antropologici alla base dell’essere, non negoziabili (cifr. Fabio Torriero), e chi per la dissacrazione della natura umana a scopo di marketing. Migrare, precari e senza volto, nell’eterna incertezza, nell’eterno riposo.
Un contro serve sempre. La contrapposizione forma l’autocoscienza, il pudore, il senso di dignità in se stessi. Delle proprie virtù, certamente, ma anche e soprattutto dei propri limiti.
L’uomo reagisce, e se vede i figli aggrediti, ferisce. Quanto è vero che la scienza, sorellona dell’unica spiritualità concessa nel futuro, afferma che scimmie fummo e scimmie rimarremo. Insomma, se n’è accorto anche Gabbani. Dotati di quell’istinto salvifico che ci ha fatto evolvere; che ci ha fatto capire. L’uomo può ingoiare merda, ma arriva quel giorno, quel soffio d’aria sulla faccia sudata d’ira, che lo fa esplodere; non verso l’istinto animalesco: verso l’autodifesa. E noi imperialisti, schiavi del nostro ego, turisti sessuali in Thailandia, egoisti, egotisti, egocentrici; turbocapitalisti, antiumani, capaci di metterci in catene tra noi, non siamo poi il migliore dei mondi possibili.
Ma solo l’uomo può fare tutto questo. Non un suo surrogato. E se non si vuole continuare a capire che per generare un futuro sostenibile, se si vuole parlare di sovranità, di responsabilità, di un avvenire per le nuove generazioni, bisogna coltivare l’uomo, bisogna innaffiarlo di cultura che parli della propria identità, che risvegli la memoria di chi fummo, dando acqua alle radici. Se queste si seccano, la grande quercia secolare cadrà. È solo una misera questione di tempo.
Allora, se i gessetti non hanno funzionato, se John Lennon in piazza non ha funzionato; se le Ong, se la frittata solidale non ha funzionato, se togliere i soldi agli italiani non ha funzionato, non sarebbe più utile, senza assistere di nuovo a piagnistei imbecilli delle istituzioni di mezzo mondo, ripartire, come in un pc, dall’ultimo punto di ripristino utile? Ma cosa deve succedere per capire che questi due mondi non possono integrarsi? Che noi vogliamo integrarli e loro vogliono disintegrarci? Che è necessaria la rivincita della Battaglia di Lepanto – una provocazione (?) -, non l’ennesimo atto di sottomissione culturale, spirituale e politica; che non è necessario destinare milioni di Euro che un tempo spettavano ai figli naturali di questa terra, per insegnare agli ospiti d’oltre mare, come cucire i pantaloni da clown in Val Brembana?
E ciò che spaventa non è morire, forse, all’improvviso, a pezzi su un marciapiede, o chissà come. È la rabbia soffocata della gente d’Europa. Sparita, annichilita, evaporata. Trasformata in un orribile assistenzialismo forzato, in un sorriso finto, isterico. E quando ad una Nazione asciughi la dignità e la rabbia, la volontà di riprendersi il proprio tempo, di fermare il sangue, di difendere i propri figili, allora, più di ogni altra umanissima storpiatura, di ogni altra legge, capisci che l’hai domata.
Continuiamo a marci(a)re su Milano.