Da Funari, Buscaroli e Zahreddine, ad Asia Argento. Viaggio nella morte della trasgressione
Prendi il rap, magari Fedez. Prendi Asia Argento.
Volevamo fare il mondo perfetto e va a finire che ci ribelliamo ai nostri fantasmi.
Non è obbligatorio fare la fine di Tupac Shakur, morto ammazzato in una pioggia di proiettili a Las Vegas. Non è obbligatorio fare il rap. Non è detto che serva a qualche cosa, non è detto che sia alla portata. Ciò che l’italianità tocca, deprime. Dal Re Mida al Re Merda. Non tutto si può italianizzare, perché la nostra filosofia mediterranea è più adatta ai grilli che cantano le odi dei poeti antichi, che a tante giravolte della modernità globalizzata ed ipertecnologica. Più adatta a Nostalgia canaglia o al nasale Peppino Di Capri. Noi in questo, molto spesso, facciamo ridere. Come quando proviamo a fare le fiction su Rai 1. Puntiamo agli Usa ma ricordiamo l’Ungheria sovietica.
La filosofia della vecchia scuola, della strada che insegna, della metamorfosi della rabbia, da odio a odio cantato e giustificato, non sta bene dappertutto. Da quando poi l’hip hop ha sostituito la canzone militante del moscio cantautore, dei Guccini o dei Nomadi, o quelli che passavano su Radio Alice nel ’77, chitarra lenta e pedalare, è finita; perché la politica, l’hip hop, l’ha sempre fatta, allora non è necessario che tutti lo facciano. Perché la politica non è per tutti. Trasgredire non è obbligatorio. È da un pezzo che la politica, appunto, non trasgredisce più. È da un pezzo che la militanza popolare non trasgredisce più. Figuriamoci la musica, tutta incasellata in un caspita di talent show, dove prendono il morto, lo vestono, lo pregano, lo compongono e lo lanciano con la fionda nel mercato musicale. E ti deve piacere per forza. Ecco, trasgredire non è obbligatorio.
È solo un caldo consiglio nell’epoca in cui siamo tutti uguali.
Trasgredire eroticamente, eroicamente, come D’Annunzio nudo in spiaggia e Gianfranco Funari con la stampella – Funari che quando è morto ha chiesto di essere seppellito con un pacchetto di sigarette, ma diceva ai giovani di smettere di fumare, un telecomando, anche se la televisione lo stava scocciando parecchio, e un set di fiches -. Come Piero Buscaroli – con quella testa da intellettuale così libera in un’epoca di sensi unici ideologici, che già tempo fa intravide “una nazione in coma”, che rifiutò l’iscrizione nell’Ordine Al merito della Repubblica Italiana; “io non desidero e non voglio alcuna onorificenza da questa repubblica. Mi parrebbe uno scherzo di cattiva sorte. Detesto questa repubblica. Grazie. Piero Buscaroli”, nata su principi di partigianeria che schifava – e Giovanni Lindo Ferretti – uno che mentre la sinistra diventa un business lui, storica voce dei CCCP, si allontana dai salotti radical, tutti mandorle bio dell’Uzbekistan e Bianca di Nanni Moretti, e approda ad una nuova visione, che contempla anche le sonorità armoniose del cattolicesimo. E si converte. E va alle feste dei nazifascistispaziali, come Atreju, dicendo: “mi sento in debito con tanta gente che c’è qui e che è stata costretta a vedere i miei concerti alla festa dell’Unità […] non mi faccio influenzare da queste menate, non mi interessano […] il pubblico può essere intelligente e apprezzare una persona anche se le idee non combaciano”. Poi l’affondo che gli è valso il “traditore”: “c’è un diritto dell’umanità a vivere in pace nella sua terra, ma lo straniero è straniero, uno Stato che non protegge i confini e non pensa ai suoi compatrioti non è uno Stato, mi fanno molta impressione le persone che mettono i propri cari all’ospizio per dedicarsi ai poveri del terzo mondo” -.
Trasgredire come Dominique Venner, sparandosi contro la rovina e la decadenza, come richiamo, come atto esemplare e brutale, in un mondo in cui nessuno più si ammazzerebbe per un’idea, impugnerebbe un’arma per contrastare la fine certa, rischiando la persecuzione solitaria, senza più sodali, distanziato, emarginato.
[youtube NwFFdMCBzZU]
Avete rotto la morale! E i coglioni. Trasgressione non è riempire di soldi un tatuatore, né le femministe a “fica vista” 2.0 – fuori tempo come un treno sulla Roma-Viterbo; più vicine al ridicolo anacronistico che alla lotta per l’emancipazione della femmina, ormai pensata e narrata emancipata, e vissuta realmente come una marmotta delle Ande in via d’estinzione – non è Salvini con le ruspe, né Grillo con i vaffanculo di piazza. Quello è solo rabbia veicolata al consenso. Trasgressione non è Asia Argento che insulta la Meloni, si espone in tutta la sua fresca indelicatezza, manda a quel paese gli italiani e fa la morale sul berlusconismo dopo essersi pomiciata un Rottweiler. Non è questo tipo di incoerenza, di faciloneria a buon mercato, che mixa Italia, italiani e un altro paio di stereotipi internazionalisti/rivisti.
Rockstar ci si nasce. Non si diventa. La Rockstar non chiede scusa.
Trasgressione non è creare altro caos, ma mettere ordine, arrivando ad una visione, ed imporla in un dinamismo artistico/squinternato che parla del tempo molto più delle parole dei profeti. Ricordare quando tutti vogliono dimenticare. E pur sapendo di essere osteggiati ed isolati, schifati, ricevendo sputi, continuare a ricordare, ancora più forte. E ancora, e ancora.
Trasgredire come farcela senza i soldi del babbo. Trasgredire, non come la Catalogna in cui, negata l’indipendenza, si vedono uomini svuotare bancomat, anziché impugnare armi. Trasgredire è rimanere uomini e non diventare replicanti. Trasgredire potrebbe essere metter su famiglia. La partita Iva che ce la fa. Il disoccupato, anche. Magari con il “provocatorio” uso di pène e vagina.
Rompere palle e regole per forza, quella è un’altra cosa. È adolescenza. Rompere le regole per forza, come fa Fedez, ad esempio. Contro il nemico naturale – naturale non si capisce in che senso, per uno che se la piglia con Casa Pound ma non viene dalla politica, dalla militanza, che non ha mai avuto una tessera di partito -, imboccare il senso comune e viaggiare a 220. Prendere la preferenziale di quello che tutti vogliono sentirsi dire. Ma farlo con tanti tatuaggi, e sei subito un Power Ranger. Tra la pubblicità di una merendina con la nonna ed un pianto in diretta tv – come a Le Iene -, meno emozionale di quel che sembra. Anche i rapper hanno un cuore, ma almeno non vadano sfidando il mondo per poi…
Fedez è un bravo ragazzo, forse un bravo artista – chi sono io per dirlo -, ma non è obbligatorio che faccia il rapper.
C’è rap e rap. C’è l’etica e l’estetica, c’è chi frigna e chi regna. C’è chi rompe e chi paga. Che chi schiuma e chi si fa i tatuaggi, e che una volta finito il rosa s’attacca al rosa degli altri. C’è Salmo e Fedez. Che solo ad accostarli ti senti male. Perché il primo è un artista cocciuto – guardatelo sul palco poi mi dite; uno che rifiuta di fare il giurato ad un talent e che non parlavelocecontanteparoleacaso. Uno che ha detto: “cerco sempre di scappare dalla tv. Non voglio andare in tv perché in Italia diventi un personaggio automaticamente, la gente vede solo il personaggio e puoi anche fare un disco di scoregge e te lo comprerebbero. La gente comincia a notare solo i difetti e inizia a farsi i cazzi tuoi in tutte le maniere possibili, io invece voglio espormi quando cazzo mi pare e come voglio io. Ho vinto disco di platino senza andare in tv. Sto cercando di cambiare un pochino le regole del gioco, voglio comandare la mia immagine, la mia musica come meglio preferisco”. E come se non bastasse, in un’intervista alla Stampa: “Non voglio che il mio personaggio diventi mainstream, per questo sono rimasto lontano dalla tv” E i talent? “Non ci andrei mai, nemmeno da giudice. Ma mi rendo conto che molti artisti ne hanno bisogno per arrivare al successo”. E Sanremo? “Il Festival è anche peggio. Credo che avrebbe bisogno di una bella svecchiata. E non parlo degli artisti, ma degli organizzatori. Ci vogliono idee nuove. Così al posto dei fiori magari ci mettono il fuoco” – , l’altro un performer con l’attico. Giurato del talent, uomo-réclame, comunista col rolex che litiga col vicino di casa.
Allora me ‘ncazzo pure io, scrivo du rime e faccio il rèppe. Magari alla romana, come quel gran figo del Piotta.
Fare come ti pare non è trasgressione, è ribellione a mamma e papà. Cantare la poesia del ribelle è trasgressione, è meta, fine; non ha la velocità di un tweet, non è lo slogan sensazionale. La trasgressione non si fa nel luogo comune – abbiamo scoperto l’acqua bollente -. Cantami, o musa, di Carmelo Bene. E di Simone Cristicchi, di Rocco Normanno, di Giovanni Gasparro, di Marcello Veneziani. Dei Motorhead e di Beppe Niccolai.
E niente. All’Italia di oggi non ne riesce una. Il massimo della nostra trasgressione è mettere la cipolla nella Carbonara. Gli altri hanno Dan Bilzerian, noi Andrea Diprè. Gli altri hanno Marine Le Pen, noi Valentina Nappi – che vuole squirtare in faccia a Diego Fusaro, considerando il fascismo il nuovo anticapitalismo, con una missione chiara: “essere radicalmente antifascisti in presenza del concreto rischio di derive fasciste”. Gli altri hanno il generale Zahreddine – che ora riposa nei campi celesti degli eroi. Uno che con la sua 104ª Brigata Paracadutisti della Guardia Repubblicana, ha combattuto e sconfitto l’Isis, contro ogni difficoltà, spesso contro tutto, senza demordere un solo secondo per la libertà della sua terra dal demonio, fino a saltarci sopra una mina. Uno che ha lottato anche per noi, mentre facevamo i madonnari in piazza, ma che non finirà su nessuna tshirt. Dove lo mettiamo ora Zahreddine?, dicono dai quartier generali intellettuali della generazione moderata, su una maglietta o nella foto di una conferenza? Ma poi in fondo che ce ne facciamo? Non era italiano, non era Mario Carli; né Enrico Toti, non era occidentale, nemmeno, anche se è riuscito ad indebolire più lui l’Isis che tutti i marines a stelle e strisce, e le pregherine laiche della generazione occidente. Il comandante Massoud, onore a lui, nemmanco era occidentale. Ma lui era Massoud. Dove va messo Zahreddine? Tra i redenti, o tra gli esclusi? Tra i grandi, o nei piccoli? Più vicino a Giovanni dalle Bande Nere o a Vasco Rossi? Nel piazzale degli eroi, o in fondo alla via delle puttane? Forse in un libro. -, noi il Generale Pappalardo e la sua One Nation Brancaleone Army – uno che vuole cacciare “i cialtroni abusivi che occupano le istituzioni”, e fino a qui. Il problema è che il suo piccolo esercito racchiude una simpatica banda brancaleonesca, tra nostalgici, postfascisti, ex-forconi, complottari e tante altre figure a margine -. Amen. I rapper degli altri si masturbano con una banconota da cento dollari, si sparano botte di Desert Eagle in faccia, si fanno 15 anni di S. Quentin tra flessioni e sodomia, i nostri piangono ma in compenso hanno il cappello girato.
Le cose non vanno fatte per forza.
La trasgressione è la più affascinante poesia militante in pieno struggimento di un’epoca che non ci appartiene più, per cui si farebbe a meno di tutto per portare a termine la piccola, grande guerra del presente, senza correre al museo del tempo che fu, appena il gioco, oggi, si fa difficile. Ricordando Agamben: “contemporaneo è chi riceve in pieno viso il fascio di tenebra proveniente dal suo tempo”.
La trasgressione è il segno della storia che continua nelle gambe ossute di una generazione. Ah, la (de)generazione. A proposito.
Che dici Narciso che ti specchi nella beltà della tua età, nell’acqua di un tempo trascorso, disse il bel giovanotto, il comandante Che Guevara è più a destra o a sinistra? E Pier Paolo Pasolini? Heidegger fu nazista in maniera irritante…E tutto si limita al sesso degli angeli per dare una parvenza di presente, per rievocare lo spirto battagliero della gioventù, il suo essere qualcosa che ancora non è, nel limbo, nella transizione di una lucida incoscienza. Come quella foto del 1974, di cui Repubblica narra le gesta, di Giovannina che vola, a pugno chiuso su una folla di giovani assetati di futuro, in un bianco e nero che tanto ha rotto il cazzo, in cui si scopre che i sentimenti non sono mai cambiati tra due generazioni, quella del NO al referendum sul divorzio, e quella di oggi, del NO a qualsiasi cosa. Quella che per palesarsi, ha bisogno di una tragedia. Tipo le commari pagate per piangere ai funerali a Napoli. I sentimenti, l’empatia, la bontà, lo straccio delle vesti, il pregiudizio. La venialità di una favola finta, stupida e melensa, nociva come tanti fedeli che si comunicano a Dio, un quarto d’ora dopo aver picchiato la moglie. Che palle! Quella che aspetta che un siciliano rubi del pane e fuggendo dalla polizia, dia una spallata ad una genovese, che viene salvata da venditore di rose pakistano, per urlare alla meraviglia di un mondo che ce la fa grazie a chi non è di qui. Mai di qui, Gramellini. Il fondista che fa il fondo mentre si tocca il fondo sempre più. Gramellini, uno che scrive di pakistani che fermano gli scippatori siciliani e ne gode.
Chi è l’ardito, cent’anni dopo?
Giovanotti, manchiamo a noi stessi. Nostalgici di un passato trasmesso, e non di un presente che non riusciamo a possedere, ma solo a transitare. Il gregge transuma e va verso i pascoli che il pastore predestina loro. Vai a brucare l’erba, a nutrirti di accademia. E allora dov’è la risposta presente, che non evochi per forza il passato, all’inutile abominio arrivista dell’arte contemporanea? Quella degli Hitler penitenti e inginocchiati che valgono 17 milioni di dollari? Dov’è? Dov’è la lettura del Cristo e del Verbo, dove sono gli eserciti di piccoli santi peccatori che riempiono i confessionali mentre monta, continuamente, la cacciata di Dio da queste terre, mentre escono nuovi libri sui papi rinascimentali, considerati sempre meglio di questo che sta “distruggendo la Chiesa”? Dove sono i barbari sognanti, e dov’è la trasgressione? Nel farcela, forse, da soli, senza i soldi paterni? Nel conoscere bene solo tre o quattro filosofi? Nel citarli meno di due volte in un articolo? Dove sono le piazze? Dov’è l’impronta di questo tempo, e dei giovanotti? Dov’è? Perché vogliono essere ricordati, celebrati, accarezzati.
L’epoca della trasgressione sarà quella dell’eros che supera il porno.
Aridatece Califano. Tutto il resto, è noia.
La vera trasgressione è distruggere il politicamente corretto, strappare il bavaglio, togliere i punti.