Esattamente come si combatte l’odio e il razzismo con la scorta a Liliana Segre? E ancor più: precisamente in che modo, i cugini del discount  di Ruggero l’hippy, alter ego verdoniano, pensano di combattere il consueto e suddetto odio, con una miriade di post, commenti, meme sull’originalissima Piazzale Loreto a testa in giù, da applicare al politico di turno o al semplice cittadino in dissenso col vangelo dell’establishment culturale, con gli smiles rovesciati nelle chat, con le scritte sui muri Salvini stramuorto o con un nugolo di insulti, minacce e offese pensatissime?

La battaglia da combattere urgentemente è sempre più, e più che mai, culturale. Poiché quella che abbiamo innanzi appare sempre più come la repressione del dissenso, l’annullamento della differente visione e del diverso modo di ragionare sopra le cose, e non l’autoregolazione di una società votata ad una nuova maturità.

Il titolo di questa uscita è irriverente. Certamente. Ma testimonia la genesi di uno stadio periglioso e preoccupante della società italiana: l’essere eletto. L’essere eletto, ovvero colui il quale per elezione, e non certamente quella dovuta alle urne, è eletto, o meglio, autoeletto, principe assoluto del foro e delle menti, della civiltà e del buon senso. L’homo novus che si distingue da l’homo rozzus e ignorantus, ovvero tutti gli altri. L’essere eletto è il nuovo prototipo umano spinto a ogni piè dalle sinistre nazionali, racchiuse nella catalogazione più vaga e meno definibile possibile, ma in tutto ciò che opprime e si oppone a qualsivoglia rinascita nazionale e dell’uomo nazionale, ovvero quello odiante, rozzo e ignorante, a prescindere. Le sinistre nazionali espresse in una mediocrità, che trova, quindi, virtù nella medietà delle definizioni, che mixa populismo e sovranismo, quella che confonde l’odio e la rabbia sociale, quella che fonde, ad cazzum, nazionalismo e bande di neonazisti armati dell’Illinois che occasionalmente vanno al Lucca Comics a dar sfoggio delle mostrine SS giusto per ricordare all’Italia quanto odio scorre sotto questo cielo e che siamo tutti in pericolo e ansia costante, non, certamente, perché non riusciamo a pagare le tasse, ma perché, visto mai, qualche giorno un fascista travestito da Cthulhu ci ucciderà tutti col gas nervino; insomma quella entità che definisce fascismo, razzismo e odio, tutto ciò che non riesce a digerire, si badi bene, non a comprendere, ma a digerire, a mandar giù, a tollerare. In un perverso gioco di tolleranza e intolleranza. Firmato le sinistre tolleranti. O intolleranti? Madonna di Salvini, che confusione!
Quel fascismo, che oggigiorno, per le sinistre è una salvifica giustificazione d’esistenza. Tutti quei fenomeni da essa dimenticati, disimparati, lo sono, come la tutela degli ultimi, delle classi sociali più basse, la strenua difesa del proletario, di quella rozza e zozza partiva Iva che ora, “ingrata”, gli scende in piazza contro. “Ma come osano”. Quella sinistra nazionale, per essere coerenti con Pascal Bruckner, che “ha perso tutto: l’Unione Sovietica, il Terzo Mondo che sogna un’economia di mercato e la classe operaia, che si è spostata a destra”, e di cui, “l’Islam è l’ultima speranza. Per questo vorrebbe che fosse intoccabile”. Le sinistre che sono passate dalle periferie, a essere esse stesse periferia del reale, del buon senso, della politica. Le sinistre che giocano il tutto e per tutto misurando il tempo col righello del codice penale, nel tentativo di risvegliare l’orgoglio del proprio elettorale, per meri scopi di marketing, ci mancherebbe, schierando tutto l’esercito sui propri temi identitari (antifascismo in testa), anziché rendersi conto che dovrebbe essere una loro urgentissima priorità la riduzione della distanza con il cittadino (vedasi la rossa Umbria che ai rigurgiti dell’antifascismo ha preferito anteporre gli interessi dei lavoratori e delle famiglie. Pensate che villici…).
L’emanazione di editti, in quella che, infatti, possiamo considerare democrazia edittale, mostra solo una robusta confusione. Ben scrive Vittorio Macioce, parlando a proposito della commissione Segre: “Ho sentito in questi giorni molte persone chiedere una legge per sanzionare i linguaggi dell’odio. È uno dei confini più insidiosi del sistema di norme e valori del sistema liberal-democratico. Fino a che punto può estendersi la tua libertà di espressione? C’è un limite? Si, un limite c’è ed è definito in Italia da una legge del 25 giugno 1993. Negli Stati Uniti, per fare un esempio, i confini sono meno ristretti. Il guaio in Italia è che spesso ci dimentichiamo delle leggi. Ci sono, ma di fronte a nuovi fenomeni sociale se ne chiede subito una nuova. Qualcuno dirà: certo, perché nel 1993 non c’erano i social network. La mia idea invece è che la “legge Mancino” sia ancora solida e non sia invecchiata. Dico questo perché temo che il vizio di scrivere leggi su leggi, senza poi magari applicarle, non solo generi confusione, ma finisca per fare danni e allarghi il potere arbitrario dello Stato. La stessa legge nata per tutelare chi subisce discriminazioni razziali diventi uno strumento per delegittimare chi non la pensa come te. Quel confine è già insidioso, aggiungere mattoni può far franare tutto. Non basterebbe applicare la legge Mancino?”.

Insomma, da quel ribollente percolato di opere e intenzioni, a sfioro su una nuova adolescenza, in cui se le regole le impongo io possiamo discuterne, altrimenti giù di censure, commissioni, bavagli, certificati antifascisti anche per avere un passo carrabile, riconoscimenti pubblici, da quel brodo di coltura nasce l’uomo, o la donna, autoeletto, l’essere eletto. Ne è gloriosa dimostrazione, nel continuum spazio temporale di questo tempo pirlone, ma pirlone per davvero, la vicenda “scorta Segre”. Alla senatrice a vita sarà assegnata la scorta. Come specifica Ansa, infatti, “In seguito alle minacce via web e allo striscione di Forza nuova esposto nel corso di un appuntamento pubblico a cui partecipava a Milano, il prefetto Renato Saccone ha deciso di assegnare la tutela alla senatrice a vita Liliana Segre, ex deportata ad Auschwitz, che, da oggi, avrà due carabinieri che la accompagneranno in ogni suo spostamento”. Ma la domanda più basilare, più diretta è: se Liliana Segre ha la scorta, a 89 anni, Matteo Salvini cosa dovrebbe avere? Un esercito privato in sua difesa? 150 lance scozzesi e 150 catalane come Rodrigo Borgia? Già immagino la simpatia dei detrattori che apostroferà me come servo del sistema (io che sono rinomatamente testa libera, indipendente, che guadagna col suo lavoro giornalistico e comunicativo, e che se non lavora non guadagna, proprio come tutti, che non ho tessere di partito, non becco quattrini da nessun partito o qualsivoglia movimento) e non vedrà l’ora di gridare alla SS salviniane. Uh LA LA LALASKD2PALALA! Che brio!

Quindi, l’essere autoeletto, quello comunemente, pubblicamente accettato. Alla faccia delle sinistre dell’uguaglianza sociale. L’uguaglianza sociale col culo degli altri, possibilmente nero. Altro che élite contro popoli. Qui non vedo aristocrazia contro volontà nazionali, ma solo rozzi feudatari contro servi della gleba sporchi di terra. La guerra totale è culturale.

Qual è la consistenza dell’odio? L’odio è trasparente. È così facile certificarne i contorni, ed è francamente stupido isolarne la fonte. In una società che realmente ha raggiunto un grado di libertà e maturità tale da avanzare nel progresso a occhi chiusi, il superamento della faziosità dovrebbe essere regola, in un sistema simile relegare l’odio a una forma originaria ideologica dovrebbe essere un orpello vecchio come il cucco, fuori tempo e fuori luogo. L’odio o è o non è, e prima bisogna distinguere l’odio cieco, dalla calca rabbiosa, che in OGNI TEMPO ha dato manifestazione di sé, a gradi più o meno bassi o alti; l’odio è odio in quanto tale per ognuno o non è. Si punisca l’odio contro la Segre e contro Salvini, col medesimo grado di giudizio; si punisca, allora, l’odio contro i razzisti, quanto contro i cristiani. Punire l’odio contro tutti, come concetto sgradito alla società civile dell’oggi, è la più alta forma di garanzia liberale. Altrimenti è faziosità, tifo, interesse elettorale. Qual è il peso dell’odio? Le minacce online sono il grosso cane virtuale che abbaia ma non morde. Un abbaio che genera frustrazione, ma non morde. Un abbaio, un abbaglio.
Ma vedete. Tutta questa provocazione, che poi tale, in fondo, non è, sorge per concretizzare l’idea dell’essere eletto, del prototipo nuovo, socialmente privilegiato, sopraelevato, autoincarnato, staccato dal resto del corpus sociale, resosi Dio, secondo i crismi più basilari della “religione dell’umanità”, con l’azzeccatissima definizione che ne darebbe, Jean Louis Harouel, che le sinistre generano. Un processo che nasce da una logica semplice e commercialmente utile; non occorre cambiare le regole o agire solo di codice penale: per rimanere bisogna scavare a fondo e plasmare gli uomini, le loro abitudini, finanche la dimensione privata del loro pensare, del loro spirito critico, occorre modificare in maniera concreta i ritmi sociali, le abitudini e le certezze etiche. Del resto, solo i cambiamenti antropologici e culturali restano, specie nell’epoca della velocità siderale della politica. E questo le sinistre, lo sanno e lo fanno benissimo da decenni. Mutare il tessuto connettivo più profondo degli uomini, affinché anche se, maledetto il sistema democratico, le urne dovessero tradirti e condannarti alla lunga morte politica, tu avrai sempre uno stargate, un portale da cui controllare il battito del sistema, tramite cui rigenerarti e generare sempre la cultura di massa e stimolare, stuzzicare, plasmare, all’uopo, il sentire comune, che non è solo percezione del reale, ma un più profondo lavoro di smussatura dell’essere eletto perfetto: antifascista (sempre e comunque, trinariciutescamente, a prescindere), globale, senza l’ingombro di un Dio, di una patria e di un’identità, anche nazionale, che ne compongono il volto più profondo, lo legano alla tradizione, alla propria storia, ai propri padri, semplicemente, precario, migrante, canterino, ballerino, Jovanotti. Dalle scuole alle associazioni sul territorio, dalle aule di tribunale, alle riunioni di condominio.

Et dunque, poco importa se, oggigiorno, il sentire comune vuole Salvini e la Meloni al governo, il centrodestra alla guida del Paese: la strategia dell’odio è fattore più urgente. Ma visto che ci siamo realizziamo la volontà di risparmio del Movimento Cinque Stelle, nuovo amante delle sinistre, e togliamo la scorta agli imprenditori che collaborano con la giustizia perché si sono ribellati al pizzo. Quelli che hanno davvero la propria vita e quella dei loro familiari appesa al filo di un momento, di uno sparo, di un attimo di terrore, e diamola, chessò, a Chef Rubio, uno che a forza di odiare è odiato tanto. Magari è in pericolo davvero, anche se l’unico pericolo che forse può correre, è quello di trovarsi in una cucina vera a cucinare per davvero.
Liliana Segre è parte delle donne, e degli uomini, (auto)eletti. Il resto s’arrangi da sé. Anche a costo di prendere seriamente due mazzate.

Attendiamo, con fremiti ovunque sparsi, un impegno concretissimo della signora Segre, a cui va il rispetto del dolore storicamente vissuto e la solidarietà per l’ondata di bava famelica ricevuta da azzannanti individui, nell’estirpare anche altri fenomeni d’odio netto e cieco, contrapponendosi, con la medesima passione, a chi va augurando la morte a Matteo Salvini, agli esponenti politici o a semplici persone del mondo ideale a lei contrapposto.

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