Se ci vieterete la messa di Natale, ci raduneremo davanti alle chiese (come in Francia). Ora basta!
L’Unione Europea arriva dopo Boccia in un’insopportabile castrazione, priva di fondamento culturale, dubbiosamente nipotina della scienza, sicuramente figlia di un maxi scarico di responsabilità. Se per il ministro “Gesù può anche nascere due ore prima”, il bue e l’asinello possono partecipare al presepe in smartworking e l’ultima cena si può fare anche da asporto con un massimo di sei persone, la Commissione Europea raccomanda di valutare di “non permettere la celebrazione delle messe”. In particolare, l’esecutivo europeo chiede di “considerare di evitare cerimonie religiose con grossi assembramenti, sostituendole con iniziative online, in tv o alla radio”. Il semplice disprezzo della burocrazia (torna a colpire) accuratamente privato di ogni tatto psicologico: non ci viene chiesto di capire ma di obbedire. Il Natale di Stato è servito, nonostante nulla di ufficiale certifichi che, con le obbligatorie precauzioni, la partecipazione dei fedeli alla messa faccia esplodere in maniera incontrollata il contagio.
Ebbene, ci siamo. Ci hanno posto di fronte al bivio della propria dignità di credenti e di uomini.
Non ci chiederò di vestire i panni del coraggio che ebbero i martiri di Otranto, trucidati dai Turchi di Ahmet Pascià nel 1480 per non essersi convertiti dopo l’invasione, né quello degli armeni costretti a infilare pallottole nei caricatori pur di difendere la loro fede. Non oso nemmeno pensare di chiedere alla nostra flaccida pigrizia di uomini occidentali di farci tagliare la capa sull’altare come padre Jaques Hamel, sgozzato nel 2016 mentre celebrava la messa in una chiesa francese da due seguaci dello Stato Islamico. Non immagino martiri suicidi o santi in estasi all’alba del 26 dicembre, ma se anche la messa di Natale dovesse essere negata, allora invoco una pacifica reazione. Pacifica, intelligente, ma tale.
Che siano le 22.00, le 19.00 o le 6.38 del 24 o del 25 dicembre, simbolicamente, poco importa, con o senza il triste cappone dickensiano alla Bob Cratchit sullo stomaco, con o senza l’ennesima sciarpa giallo vomito fresco fatta recapitare dai nuovi folletti di Babbo Natale – i corrieri di Amazon – da zia Sandra nell’altra regione proibita, i fedeli si radunino a pregare davanti alla chiesa del loro quartiere, del loro paese, della loro città, se anche la Messa di Natale, dopo quella di Pasqua, verrà ridotta a inutile ammennicolo dei nostri giorni. Ben altro scenario e ben altre testimonianze rispetto allo scorso aprile.
Accade in Francia. “Vogliamo la messa”: gridano centinaia di cattolici di fronte alla Cattedrale Saint Louis di Versailles, per chiedere che sia garantita la libertà di espressione della propria fede e che riaprano le chiese, dopo che sono state chiuse in seguito alle misure di lockdown generale in Francia, come riporta Affaritaliani
Tornano alla mente veloci le parole pronunciate da Vittorio Sgarbi ieri sera su Rete 4: “ Dunque perché non fare due messe per evitare assembramenti e salvare la dignità dei fedeli? Perché non farne una alle 22.00 e una alle 24.00? Un Papa che ora dà segnali inquietanti. È la chiesa che deve pretendere i suoi diritti, nessuno farà per lei, evitando la secolarizzazione. Il diritto del fedele di chiedere aiuto a Dio anche rispetto alla malattia. Posso garantire che nelle chiese che frequento per le opere d’arte ci sono moltissimi fedeli”.
La perdita del senso
Il corpo di Cristo, ponte tra Dio e gli uomini, per chi crede, non è una jpeg da mandare su whatsapp, né uno show televisivo mentre ci cascano i canditi dalla boccaccia violacea di morti viventi, replicanti dell’unico dogma concesso: quello di Stato. Comunicarsi a Dio, specie nella notte di Natale, non è fottuto folklore di qualche imbecille che ancora crede alle favole. Nell’epoca dei diritti per tutti, che appare come elevazione di capricci a legge, persino quella di una bambina di nove anni, come Milla, di cambiare sesso, perché i diritti di centinaia di migliaia di fedeli devono essere sottoposti all’ennesima umiliazione? La trinità anatomica perfetta per questi giorni di insulsa mediocrità: i membri del governo e i coglioni. I membri del governo si irrigidiscono (distribuendo editti), mentre i coglioni si frantumano nel vedere i credenti trattati, senza distinzione, come curiose bestie anacronistiche e inservibili, analfabeti non funzionanti incapaci di evolversi e di stare al mondo, usciti da un impolverato manualetto ottocentesco. L’ultima ruota di un carro monco, a cui chiedere, però, consensi elettorali e di porgere sempre l’altra guancia.
Le guance sono terminate, Cristo ci perdonerà, per un’altra volta. E se il Pontefice, quel vicario che rischia di apparire come la fotocopia sbiadita di Cristo – lo stesso che diserterà la consueta visita dell’8 dicembre in Piazza di Spagna, tra una dichiarazione a l’altra sul fatto che la proprietà privata non sia un diritto intoccabile; furono bei tempi quelli delle donne e degli uomini santi che leccavano le ferite ai lebbrosi per avvicinare la morte che è vita eterna in Dio -, se le gerarchie ecclesiastiche, abdicano alla loro missione, i fedeli orfani isolati e derisi, prendano parte alla vita. Alzino il ditino, la mascherina e il gel, ricordando a questo mondo maturo e ipertecnologico, che esistono, e che, soprattutto, l’Ostia non si può ordinare su Glovo.
Davanti alla televisione si può pregare, certamente, ma non ci si può comunicare con Dio, si può solo comunicare a Dio. Conviviamo tutti, fratelli, ognuno si tenga il proprio strazio, ma il rito e la liturgia non possono essere subordinati all’opinione. È impensabile passare da Andreotti a Di Maio, figuriamoci da Sant’Agostino a qualche incrostato burocrate europeo o a qualche improvvisato, totalmente a digiuno culturale, intellettuale, che compone il governo degli aborti umani, i mai nati come uomini, figuriamoci come politici, coloro i quali sembrano discolparsi da tutto per l’incapacità di assumersi le proprie responsabilità. Dio è ovunque, certamente, ma è nel Santissimo Sacramento che un fedele si comunica con lui, nell’ostia benedetta lo assume, ne diventa parte. E dove si trova l’ostia? In CHIESA! Cosa prevedono le Scritture? Di partecipare alla messa, che si tiene in…? CHIESA, in quel luogo ancora in piedi nella proliferazione dei non luoghi del presente, come il fantamirabolante mondo del web, in cui un sacerdote officia il rito. E un sacerdote dove officia quel rito millenario? Al cesso, su whatsapp? No, in CHIESA! E dove si svolge la confessione che può purificarci agli occhi di Dio? In CHIESA.
Cautela non negazione. Prudenza, tutela, non cancellazione. Ma reazione, stavolta. Leggera, leggiadra, simbolica, ma tale.
L’accidente
Da ultimo, ci coglie un accidente, come fitta solo nel pensarlo.
Disattivare l’abitudine alla Fede come atto necessario in società, riducendola ad atto privato. Ognuno col suo Cristo personale e demistificato, col suo altarino casalingo arredato alla bene e meglio o riccamente imbellito di candele, a ricordo del culto dei lari e dei penati, purché non si parli di Cristo in società, né si pretenda la diff. Purché non si pretenda che sia normale riconoscere la fede come un diritto pubblicamente posto in essere. Ciò mi terrorizza e ciò, se nessuno reagisce, potrebbe accadere.
Le vie brevi (che detto così, dopo tutte queste parole, sembra una presa per il culo)
Alla reazione, fedeli, se anche la messa di Natale dovesse essere impedita. Ad assumerci, ognuno, la nostra piccola porzione di responsabilità agli occhi della storia, per poi non piangere sul diritto negato in maniera stabile. Non si vuole diffondere il contagio, ma solo difendere la dignità di chi crede da chi ha ridotto Cristo e la sua Parola a una barzelletta hippy, così come San Francesco a una canzone di Jovanotti. Nel frattempo, non potendo festeggiare la venuta di Cristo, attendiamo l’arrivo del Dio Vaccino, l’unico in grado di salvarci da noi stessi e dallo sprofondo rosso in cui siamo incastrati psichicamente.
Il Cristo ideologico è orribile.
Al Pontefice
Pontificare significa creare un ponte. Creare un ponte con Dio, lontano dall’emissione di sentenze, umanissime sentenze, come ben ci ricorda, con una taglientissima dichiarazione, il prof. Alfonso Piscitelli: “Quando sei il primo proprietario immobiliare d’Italia e godi di sfacciati privilegi fiscali non è molto simpatico fare una predica dicendo che è lo Spirito Santo a volere la tassa patrimoniale che si prepara per i ceti medi”.