Volevo ribadire un concetto. Da semplice cittadino. Il Pnrr, che consta di 68,9 miliardi di euro a fondo perduto e di 122,6 miliardi di prestiti, non è ciò che pensiamo che sia. Non è uno strumento finanziario per stimolare la crescita del Paese dopo la pandemia. Il suo impatto aggregato sul Pil 2021-2026 è del 3,2% ai valori dell’inflazione di due anni fa. Quindi, zero o poco più. Il suo valore è simbolico: testimonia che l’Unione europea si fida a tal punto dell’Italia da affidarle 191,5 miliardi di euro. Il che è una buona pubblicità sul mercato internazionale del debito pubblico. Una sponsorizzazione ottenuta in cambio di alcune riforme che, in condizioni normali, nessun governo italiano avrebbe adottato per motivi di convenienze elettorali: dal fisco alla concorrenza alle politiche attive per il lavoro.

I cronici ritardi della burocrazia nella sua attuazione e le conseguenti polemiche lasciano il tempo che trovano. Il governo Meloni non ha tutti i torti a dire che la situazione non dipende dalla sua responsabilità, essendosi insediato da poco più di quattro mesi a pieno regime. Ma tra poco anche questa giustificazione non sarà più utilizzabile. L’Italia non avrebbe dovuto chiedere tutto quel denaro e non avrebbe dovuto impegnarlo in una miriade di progetti dispersivi. Il danno ormai è fatto. Evitiamo almeno la beffa.

Gian Maria De Francesco

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