Alcune semplici riflessioni, ora che il nuovo governo è fatto.

La questione più grave che si sta prefigurando in queste ore, non è la formazione del nuovo governo, perfettamente aderente alle più alte norme dello Stato, ma la legittimazione ufficiale del disagio, l’istituzionalizzazione della miseria umana. La formalizzazione della bugia. La normalizzazione del tradimento. La sacralizzazione dell’inciucio con chiunque sia purché sia. Inizia a mancare Alfano e Razzi…

Questo è imperdonabile. La generazione di questi processi è imperdonabile, perché disattiva, di fatto, ogni devozione all’etica politica, alla responsabilità, alla competenza. Anche fosse per facciata. Ora più neanche quello, neanche la finzione, neanche il teatro dell’uomo in cravatta. Niente, nulla. A crudo.

Delle mutazioni degli uomini mi interessa. Le classi politiche fanno l’Italia più di ogni altra cosa. Perché ne costituiscono il volto, oltre alle scelte, la credibilità. Il senso di non dover più credibilità agli italiani mi spaventa. E LeU al governo, rappresenta una delle più alte tappe che più ci avvicinano al ridicolo. Al di là degli equilibri interni tra Cinque Stelle e PD che porteranno a una revisione radicale dei decreti sicurezza bis o meno, se sarà davvero scongiurato l’aumento dell’Iva o meno, se vi sarà o meno il Green New Deal o l’efficientamento energetico. L’idea di strappare il tessuto umano che lega come pelle sottile eletti ed elettori, genera la fiducia che è alla base dell’idea di democrazia e di repubblica parlamentare. Proprio in queste ore occorre specificarlo in contrasto alla risposta automatica dei grillini, fornita dalla Casaleggio Associati per mezzo dei profeti incollati ai gruppi parlamentari, arroccati sugli specchi; coloro i quali rispondono beatamente, connessi a un mondo ulteriore che non è il più nostro, e che, evidentemente, è un universo parallelo, (beati come sono: loro possono votare!), che almeno il Cinque Stelle ha “chiesto il parere” ai propri elettori, mentre altri partiti, fino a ieri, avrebbero deciso in tre nella stanza dei bottoni. Parere che fu per altro richiesto e simile (quasi le stesse percentuali) per il governo con la Lega. Ecco, la fiducia dei cittadini si esprime con il voto che esce dalle urne. I cittadini attivano, legittimano un movimento e i rispettivi eletti a rappresentarli nel Parlamento per mezzo delle elezioni. Lì risiede il parere, la fiducia “prevista”, pubblica, riconosciuta come legge ufficiale e condivisa. Il “parere” di una piattaforma privata gestita da una società privata, non è nient’altro che una riunione di sezione, una primaria (del PD), un gruppo whatsapp del presidente di un’associazione culturale che chiede ai propri iscritti se fare la festa anche se sabato piove o rimandarla a domenica. NON è e non può essere il trionfo “MAI accaduto prima” della democrazia diretta, non scherziamo. Qualora la piattaforma Rousseau avesse tenore di legge pubblica, costituzionale, allora cambierebbe la considerazione storica. Far passare per marchingegno indispensabile per il futuro di tutti, un voto, i cui meccanismi sono certificati da un notaio ma della cui trasparenza ci si può sempre interrogare, posto in essere da 80mila cittadini, praticamente poco più della città di Viterbo, che chiaramente sono un puntino fatto a penna rispetto al corpus elettorale, per un “evento”, un “record”, una “lezione di democrazia” da impartire persino ai padri greci, mi pare una fesseria. Ia ia oh!

Siamo tutti concordi sul fatto che il tessuto umano che lega come pelle sottile eletti ed elettori, vada rinnovato. È logoro da anni di consistenti e maravigliose prese per il culo. Certamente. Ma sono convinto che il modo migliore per farlo sia permettere ai cittadini di eleggere direttamente il capo del governo. Liaison diretta al cuore. Laddove vi è l’esigenza di un modo nuovo di essere rappresentati, garantiti, tutelati, per i cittadini, laddove il meccanismo di elezione dei parlamentari che compongono il parlamento è slacciato dalle masse furenti italiane per un cambio valoriale decisamente negativo (la lealtà dell’eletto, solo per citare un aspetto e nella maggior parte dei casi, è volatile come la coerenza del Movimento Cinque Stelle verso l’odio per il PD), laddove il rapporto della politica con i cittadini fugge nella velocità del personalismo più sciatto. Laddove non può essere una piattaforma privata a decidere per tutti. Né un ministro dell’Interno a chiedere pieni poteri e stravolgere tutto in piena estate, per quanto nel diritto di farlo.

Insomma, la fiducia pubblica, condivisa, costituzionalmente accettata, si accorda col voto e il cittadino ha la libertà di dissentire stracciando la tessera di quel movimento fino a diventarne il più grande nemico se necessario, dal più forte sostenitore che ne era, qualora quella fiducia SACRA venisse tradita, infangata con delle giravolte immonde, con un’incoerenza insopportabile, pur di governare, pur di continuare (Di Maio dixit). Innovare la domanda e l’offerta, il rapporto logoro e usuraio della politica con i cittadini è missione del nostro tempo. Ma non si può lasciare nelle mani di 80mila persone, chiamate record, il destino comune.

Riassumendo, vinse il SÌ. Di Maio parlò di record.

Record.

80mila persone hanno fottuto la democrazia in un Paese in cui pochi(ssimi) votano al posto di molti. Una nazione intera ad aspettare il voto di X Factor. Casaleggio junior, a seguire, parlò di trionfo perché i cittadini hanno potuto votare e partecipare, nell’epoca dell’illusione della partecipazione globale. Quelle di cui parlò Zaraleggio si chiamano elezioni da ormai molti e molti anni, le stesse che i suoi adepti hanno evitato come la morte, arrivando ad allearsi col nemico rinnegato, odiato, schifato, vomitando sulla dignità. 80 mila votanti online che credono di aver cambiato, dopo secoli, le regole della democrazia, non sono milioni di italiani, la cui fiducia viene chiesta a valle, nel momento in cui sono chiamati a votare determinati parlamentari e partiti. Gli stessi che se poi tradiranno il loro consenso decidendo distortamente rispetto alla volontà popolare accordata su temi, mosse, visioni e programmi, magari in tre nella stanzetta dei bottoni, dovranno subire il malcontento popolare in ogni modo, dal cambio di voto, alla perdita del consenso, fino allo straccio della tessera, all’isolamento. Eccoli gli strumenti, da rivedere, da rifondare, ma ecco gli strumenti riconosciuti realmente validi.

La politica del tempo che fu, almeno mimava di avere a cuore la propria credibilità.

Insomma, potrete insultarmi, potrete uccidermi ma non mi impedirete mai di pensare che un uomo vale quanto la sua parola. Di Battista, di Maio, Casaleggio, Zingaretti su tutti, perché ne fecero vero e proprio refrain, ma anche Salvini quando ammise – seppur con meno forza, o forse con più intelligenza tattica, rispetto al “Mai col partito di Bibbiano”, o come Casaleggio senior ammise a Nuzzi in un’intervista “se il Cinque Stelle si allea col PD esco dal Movimento” -, che il governo gialloverde sarebbe durato cinque anni. Non potrete mai impedirmi di pensare che costoro siano bugiardi, tutti. Siamo stronzi noi ultimi romantici.

Vi lascio con quattro riflessioni. Puramente per la coscienza di ognuno, proposte a crudo.

LA PRIMA. Riproposta da Nicola Porro, con le parole di Costantino Mortati – eletto per la Democrazia Cristiana all’Assemblea Costituente, fece parte della Commissione dei 75: insomma gran parte della nostra carta è debitrice del suo pensiero – : “Sembra più consono all’indole di governo parlamentare considerare la presunzione di concordanza fra corpo elettorale e parlamentare (presunzione che sta alla base della podestà di quest’ultimo di determinare l’indirizzo politico generale dello stato, vincolante gli altri organi) non assoluta, ma relativa, subordinata cioè alla possibilità di un accertamento in ogni momento della sua reale fondatezza. E poiché ciò è ottenibile attraverso la consultazione del corpo elettorale, da effettuare con lo scioglimento anticipato delle camere o con il referendum, occorre affidare ad un organo indipendente dal parlamento un compito siffatto, diretto alla constatazione di eventuali disarmonie fra corpo elettorale e parlamento. Tale organo dovrebbe essere appunto il Capo dello Stato, ed a lui pertanto rimane affidata quella parte della funzione del governo consistente in una suprema sopraintendenza dell’attività degli altri organi costituzionali, non allo scopo di indirizzarla in un senso o nell’altro intervenendovi attivamente, bensì solo per compiere presso gli organi stessi un’opera di segnalazione delle eventuali gravi disarmonie che potessero rilevarsi rispetto al sentimento o alle esigenze espresse dal popolo, o per effettuare un appello al popolo stesso, attraverso l’impiego dell’istituto dello scioglimento anticipato, quando vi siano elementi tali da renderlo necessario o anche solo opportuno.” (Costantino Mortati. Istituzioni di Diritto Pubblico, Cedam 1958, Pagg. 369+370).
Ecco perché qualcuno chiedeva di votare, signori. Oltre ogni legittimo dettame costituzionale. Il senso della porcata vive a sé.

LA SECONDA. Ora è ministro degli Esteri, prima era ministro del Lavoro, pochi anni fa vendeva bottigliette allo stadio. 33 anni, e perché no, magari ministro della Salute o dei Beni Culturali. Altro che competenza, nel senso puro di possedere semplicemente il linguaggio, le categorie mentali, le conoscenze, i meccanismi di ciò che si sta facendo nel reale. REALE. Non è un genio, non ha visioni culturali, non scrive, dubito legga, non studia i processi politici e della storia, non conosce l’Italia dell’arte, della Tradizione millenaria, dei borghi, della vita eterna, non ragiona sopra le cose della politica, dell’anima, delle idee, non lascia alcuna eredità politologica, non è uno statista. Nessuna esperienza, né etichetta diplomatica, “ambasciatoriale”. Non conosce il significato più profondo di militanza, di scuola di formazione. Replica, replica e basta. Fra qualche anno lo faranno anche regino di Inghilterra. La casualità, l’ignoranz e u sorris ha sostituito finalmente l’antico stereotipo pizza, baffi neri e mandolino. Pertanto, a te, ragazzo, che ti spacchi la schiena sui libri e ti stai ciecando, suicidandoti di studio e passione per la carriera diplomatica, a te, ragazzo, che sogni di diventare ambasciatore, diplomatico, energia equilibrante di questo Paese. A te ragazzo, lascia fare, non serve a un cazzo, finché un Di Maio qualsiasi può diventare Ministro degli Esteri.

LE TERZA. Ancora una settimana è la colpa di Bibbiano ricadrà su Casa Pound, se ci va di lusso, altrimenti direttamente sui bambini…

LA QUARTA: LeU (L  E  U) è al governo. E non c’è più Speranza, anzi sì…

Ora sia guerra alla fine degli uomini, con le parole di un santo ispiratore mai nascosto dalla morte, conoscitore profondo del nostro morbo, che sicuramente Di Maio, Toninelli, Bonafede, Salvini, Speranza, Conte, hanno letto e apprezzato: Giuseppe Prezzolini. La guerra alla fine di quegli uomini lì: “Gli uomini sono una razzaccia. Sono bestiacce cupide, libidinose, avare, senza fede, senza gratitudine, egoiste, nella maggior parte dei casi esseri senza forza di spirito, incapaci di seguire il bene o il male, incerti e pronti a cedere al più forte, senza sentimento di responsabilità, vittime del primo partito che capita”. Vinta la trincea, i nemici tornano fratelli. Uomini virtuali, segnaposto, replicanti. Un esercito di persone senza più spirito critico e capacità di ragionare sopra le cose del reale. Il tempo è gentiluomo e questo è il picco dei piccoli uomini: non basta farcela, bisogna governare, bisogna cambiarla l’Italia. La storia vi condannerà.

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