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01Feb 23
Geopolitica quantistica
Nell’antico paradosso di Zenone, Achille non raggiungerà mai la tartaruga partita in anticipo, perchè quando è sul punto di farlo, l’animaletto avrà già compiuto un passettino in più. Roberto Ghisu, professore del Politecnico di Torino, in una delle sue interessantissime lezioni su YouTube sostiene che la meccanica quantistica abbia risolto quel paradosso.
Tutto ebbe inizio il 14 Dicembre 1900, quando Max Planck inserì la “costante” che porta il suo nome nella formula per calcolare l’Energia, intesa come la capacità di svolgere un lavoro. Fino a quel momento, i modelli prevedevano che l’Energia fosse una grandezza continua: nella fisica classica, per percorrere una qualsiasi distanza da 0 a 10, era scontato che si raggiungessero anche tutte le mete intermedie (0,1 … 1,7 … 2 … 3,6 … 4,3 … 5,9 … 7,5 … ecc … fino a 10). Con la costante di Planck, invece, a livello microscopico ci si muove a gradini infinitesimali chiamati “quanti”. Sotto quella misura non si va, e si arriverà a un punto in cui, sotto quel limite, Achille raggiungerà la tartaruga.
Per spiegare la costante di Planck, nella lezione Quant#1 (qui), Ghisu usa due strumenti musicali come metafora: con il violino, la corda può essere toccata su tutta la sua lunghezza, rendendo possibile e “continuo” qualsiasi tono intermedio tra una nota e l’altra. Il pianoforte, invece, permette solo note “discrete”, quindi isolate, quantizzate: oltre alle sette note (tasti bianchi) esistono solo semitoni (tasti neri), e nient’altro. La musica del microcosmo, conclude Ghisu, è pianistica, non violinistica.
La fisica quantistica si applica solo a livello microscopico, non nel macromondo, ma dopo l’aggressione russa all’Ucraina, la geopolitica del nostro continente è stata ridotta a un unico, inscindibile “quanto”, come se in tutta l’Europa fosse lecito suonare una sola nota “discreta”, un unico monotono tasto bianco del pianoforte: dal Portogallo alla Lettonia, dalla Normandia alla Grecia, dalla Sardegna all’Ucraina, gli interessi di tutti devono far fronte a un unico babau: la Russia. Ora e per sempre.
Eppure non è così. E’ vero che il 26 Maggio 1799 i soldati russi (e austriaci) entrarono a Torino, ma furono accolti come liberatori dalla maggior parte dei nostri antenati, anche perchè sotto l’abile guida del generale Aleksander Suvorov avevano cacciato i francesi dal nord Italia. Poco tempo dopo i francesi varcarono di nuovo le Alpi con Napoleone (che nel 99 era in Egitto), e il ricordo dell’esercito russo sulla pianura Padana svanì molto presto. Non è sorprendente, quindi, che nel nostro inconscio non esista traccia di “mamma li russi!”, ma ogni tanto fa ancora capolino “mamma, li turchi!”, nostri compagni di merende nella Nato.
C’è una sostanziale differenza tra essere solidali con l’Ucraina, fornendo tutti gli aiuti necessari, e subire il contagio della loro secolare paranoia nei confronti del vicino ingombrante. Un solo “quanto” geopolitico che comprende tutta l’Europa non ha alcun senso, e forse lo slogan va ricalibrato: da Lisbona a Riga, da Dublino a Varsavia, da Canicattì fino a Kiev: una razza e una faccia… но два алфавита, и различные стратегические цели (ma due alfabeti, e obiettivi strategici diversi).
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