Alle donne non serve la Boldrini
È Laura Boldrini ad aver bisogno delle donne o sono le donne ad aver bisogno di lei? Perché l’immaginifica Presidenta vuole essere ricordata per forza? Per quale motivo non si limita ad eseguire formalmente ed istituzionalmente il compito per cui si trova dov’è? Perché si ostina a volere che il suo nome sia legato alla storia come novella paladina del neofemminismo, come femmina tra le femmine, come femmina delle femmine?
Non le bastava vedere avviato un processo di santificazione a suo nome, avviato da Monsignor Galantino, per aver improvvisamente abbracciato la sua battaglia e la visione della Chiesa sui migranti. Toh, guarda caso! (clicca per i dettagli della prossima cerimonia)
“In questa legislatura stiamo vedendo una escalation di aggressività, turpiloquio, insulti purtroppo spesso sessisti”. 40 giorni di sospensione per chi si rivolge nell’Aula parlamentare con insulti a sfondo sessista.
Brava Laura, ecco il tuo esatto dovere. Nient’altro.
Le donne non hanno bisogno della Boldrini, né del boldrinismo militante.
Non ne hanno bisogno per sentirsi amate e desiderate, né per realizzare la loro identità.
Non ne hanno bisogno per fare i ravioli fatti in casa per cena, dovendo sentirsi necessariamente ignobili schiave della ‘violenza sessista’. Ci manca solo che ‘è pronto in tavola’ divenga il motto della barbarie, quello per cui organizzare tavole rotonde, gruppi di ascolto, numeri d’emergenza, sollecitando i principi del ’68 – da ‘Io sono mia’, all’aborto takeaway -, le visioni di Rodotà, il machismo e tante brave sociologhe.
Non ne hanno bisogno per gestire umanamente ed economicamente la propria famiglia, per esserne riferimento. Lei, la mater familias è la più robusta colonna, la più resistente certezza.
Non ne hanno bisogno per difendersi dal male. Il piglio dello Stato posto contro la violenza sulle donne, in ogni accezione, deve essere ferreo. Sempre, come missione etica da non ideologizzare, ma soprattutto come dovere primario.
Non ne hanno bisogno per liberare la propria sensualità, la propria femminilità, per andare al mare in bikini dovendo sentirsi necessariamente oggetto del porco ‘desiderio sessista’.
Non hanno bisogno di un linguaggio di genere, eretto a tutela, né di una spazio in ‘quote’. Non esistono riserve per chi è già normalità. Istituire un gruppo di esperti con il compito di “sensibilizzare la società sull’uso corretto della lingua italiana in un’ottica rispettosa di entrambi i generi” è una restaurazione da regime, un’inutile forzatura. Come si risolvano conflitti, si garantisca pienamente la parità di genere, come, attraverso il linguaggio si riformi la realtà e si estingua la piaga della violenza sulle donne non è dato saperlo.
Non ne hanno bisogno, fortunatamente, per crescere i propri figli alla purezza dell’educazione primaria, intima, famigliare, alla consapevolezza del mondo in cui viviamo, nella porzione di storia delirante che stiamo attraversando.
Non ne hanno bisogno per fare l’amore con il proprio uomo e lui, non ha bisogno di una compagna di vita frustrata ed incatenata ad un protocollo continuo, snervante, pressante. Snaturante.
Non ne hanno bisogno per non sentirsi umiliate, condizione, sentimento paritario per natura (Natura, che fantastico concetto…) in ogni caso. L’umiliazione non nasce dall’appellativo corretto, ma dai dati sull’occupazione femminile, che in Italia è la più bassa d’Europa, dagli stipendi che sono inferiori del 13% e dall’altissimo tasso di abbandono del lavoro dopo la maternità, come ricordava Giorgia Meloni qualche mese fa proprio in una lettera indirizzata alla maestrina del bigottismo.
Allora, incarnare l’immagine della regina del focolare non va bene, soprattutto se si sta preparando la cena mentre il marito sulla poltrona controlla la formazione del Milan che scenderà in campo la domenica ed i figlioletti urlano che hanno fame. Liberare la femminilità non va bene ugualmente.
Combattere il nostro tempo con la pretesa di cambiarlo, ergendosi a sacerdotessa della religione civile bio-etica – l’unica pubblicamente e seriamente ‘permissibile’ per il regime progressista -, con la sua nuova inquisizione e con i suoi nuovi peccati: sessismo, razzismo, omofobia, xenofobia, fascismo.
Cosa devono essere le donne, Laura? Come devono essere? Donne in carriera o madri, madri e donne in carriera. Bikinate o corazzate, coscienti o incoscienti, responsabili o ingenue, risolute o parte di una battaglia di Stato?
O forse solo loro stesse?
E basta, per pietà!