Fiano, solo un morto di fama…
Chi muore di fama, chi di fame. In Italia si crepa comunque. Emanuele Fiano muore di fama; i precari, le partite Iva, i disoccupati, muoiono di fame. La realtà non esiste più.
Quando ero piccolo, avevo tredici anni o giù di lì, ero iscritto ad Azione Giovani (si può dire o mi devo sentire più alieno di Vinny Ohh, il ragazzo statunitense che ha speso più di 50mila dollari in interventi per assomigliare ad un alieno inespressivo e senza sesso?), frequentavo con vero entusiasmo la vita militante dell’ex Fronte della Gioventù. Manifestazioni, volantini a scuola, musica alternativa. Pioggia, gazebi e colla. Come tanti. Una visione anticonformista che cresceva come un batterio buono rende migliore il pane. C’era in me quel nostalgismo necessario, vacuo, ma ardente e innocente, che riempie di sogni di gloria ogni adolescente.
(IN FOTO: Tom & Jerry in una foto prima dell’arresto a Bologna da parte della Digos per effetto della Legge Fiano)
Poi sono cresciuto e la militanza non si è mai spenta, in altre occasioni politiche e partitiche (si può dire o devo sentirmi un verme, vedermi cancellata la stima di molti lettori? Ah, forse se avessi detto Lotta Continua facevo i corsivi corrosivi su Repubblica). Eppure mai, garantisco, mai, ho sentito parlare di FASCISMO come in questo momento, in cui ho trentanni e ho deciso di smettere con la vita di partito dopo quindici anni. Chiuso per lunghe ferie causa assenza comunità e idee e triplicazione di orticelli e affari personalissimi.
In sezione, in quell’agenzia sociologica così utile alla formazione, bestia letteraria del mondo odierno che neanche più sui muretti si riunisce, ma preferisce anteporre la viltà di Zorro tastierato, alla faccia di Tyson, si parlava delicatamente di fascismo. Mai a sproposito. Specie tra i “ragazzini” come me, richiamati ad ogni saluto romano fatto tanto per farlo.
Sotto, a sistemare i tavoli per la festa tricolore del fine settimana successivo. Montare tavoli, sistemare sedie, ascoltare. Zitto, imparare. Imparare cos’è la storia, sentendola. E se stai sempre a parlare, non è un dialogo, è un monologo e finisce che ti perdi qualche pezzo; imparare a formarsi e, solo dopo al limite, imitare il Duce con le braccia attorno alla vita, quello era concesso. Ti sia concesso di sentire Giovinezza, oggi. Ma cerca di capirne il perché.
Zitto, va e monta i tavolini che è tardi, e mentre li monti parla piano perché devi ascoltare, e ascoltare ancora cosa mai fosse stata la mistica fascista, cos’era il corporativismo, quale concezione dell’uomo, del mondo e dell’Italia, fin nei gangli più intimi, il fascismo avesse elaborato. Quale idea di bellezza, cosa fosse, per esso, la bruttezza, e l’integrità. Ricorda di contestualizzare il tempo, cerca di asciugarne i limiti per filtrare solo la validità sempre attuale, concettuale. Impara quali furono gli errori, le leggerezze. Permeati di eredità: chi siamo e perché siamo qui, con quella fiamma tricolore accesa, a montare i tavolini per una festa.
Attivare un processo culturale. E se ti sentiamo parlare a sproposito delle “origini” ideali, ti becchi un ceffone. Perché mai dovrai capire male, mai dovrai esaltare, mai fomentarti. E mai fornire una giustificazione a chi ti dirà che per curare il fascismo bisogna leggere. Sentiti offeso, e contrattacca culturalmente. Un orgoglio ero(t)ico, finché c’erano gli uomini, non i replicanti.
Ebbene, nonostante tutto ciò, mai sentii parlare così tanto insistentemente di FASCISMO, mai. Mai così a sproposito. Dopo aver svuotato questo termine da ogni significato, da ogni aggancio storico, da ogni sviluppo spirituale e culturale. Mai. E a farlo, non sono i compagni di Togliatti, “giustificati”, comunque, nella signorilità dell’avversario e della formazione, ma uomini casuali, nel governo, e nella figura, persino nell’aplomb. Nella mente, e nella propria partecipazione attiva alla vita sociale e politica di questo Paese.
Mi insegnarono a soppesare ogni significato di FASCISMO (alla luce di ogni pericolosa facilitazione frettolosa, per schivare il rischio di identificarlo come bene o male assoluto, per addossargli ogni facile merito o facilissima colpa), perché qualcuno voleva formarti. Voleva farti il regalo più bello di tutti: fornirti gli strumenti politici e culturali per comprendere i significati e le visioni degli uomini del passato, affinché non scadessero, dopo una gentile chiacchierata con la coscienza, nella vuotezza dello stereotipo, nella gita a Predappio, ma potessero essere, con la giusta elasticità mentale, precetti per interpretare il presente. Aderenza al tempo, e alla realtà. Quella che ora è lontana, in un delirio surrealista e situazionista pericolosissimo. Formaazione, per valutare con maturità e, all’occorrenza, rispettare il degno avversario.
(IN FOTO: Latina diventa di nuovo una palude per iniziative del Governo in seguito agli effetti della Legge Fiano)
Mi insegnarono, sistemando i tavolini, che il FASCISMO veniva segretamente tollerato e partecipato, in Italia, come una perversione intima, come la masturbazione a casa da solo, come atto intimo nel silenzio di molti; e che, moltissimi, più dei molti di prima, lo avrebbero voluto definitivamente estinto perché incapace, secondo loro, di aver partecipato dignitosamente alla storia d’Italia, di non aver lasciato segno nel grande libro della storia, se non graffi di sangue e atrocità, storie di figuracce internazionali, di nonni in bilico, di carriarmati di cartone, di guerre non volute, nonostante clamorose acclamazioni di piazza, di un popolo che non ha mai voluto veramente un Duce, ma una scusa. Una scusa alla propria inettitudine, alla propria viltà e negligenza, espressa nel grande numero che scappa e butta una divisa alle ortiche, una mattina di settembre, senza neanche chiedersi perché lo stesse facendo. Eppure il degno avversario ha provato a metterlo Ko, ma con uno schiaffetto del potere, arginandolo nella legge da tirar fuori solo quando, poi, i fascisti cominciavano ad avere ragione alle elezioni, nelle piazze e negli atenei. Magari nei disgraziati ’70. Quando si riorganizzavano. Ti dovrei cancellare dalla storia, te e tutti i monumenti tuoi, dicevano loro, ma per questa volta passi pure. Qualcuno te lo butto in cella, e valga da esempio; per gli altri, se proprio ci tenete ad avere la bottiglia del Duce a casa, prendetela pure, ci farete solo tenerezza (e permaneva, nei rapporti di un tempo, quasi sempre almeno, quella schermaglia gentile come un pugno alla milza). La bottiglia del Duce a casa. A questa dimensione di vergognosa piccolezza è stato ridotto il FASCISMO storico, politico, filosofico, artistisco? All’accendino con la celtica (?), alla sciarpa con scritto Noi tireremo diritto? Al negozio di gadget? All’abrasione di una scritta, all’annichilimento di un monumento, alla furia demolitrice che rassomiglia moltissimo a quella di Palmira. Fuori tempo e fuori luogo come i figli di babbo architetto e mamma yoga-psicologa che in nome della rivoluzione del proletariato distruggono a estintorate la vetrina del negozio di una povera donna che l’ha tirato su con anni di ansia, conti stretti e nottate insonni. Fuori tempo, fuori luogo e fuori legge l’accendino del Duce? Fuori tempo, fuori luogo e fuori legge anche la violenza dei centri sociali, dunque. Questa è democrazia!
Mai ho sentito parlare così di tanto di fascismo, da parte dell’antifascismo radicalizzato, istituzionalizzato. Diffuso e alla rinfusa. Prima rimaneva prerogativa dei fissati, missione degli ossessionati che in ogni male vedevano i gerarchi, delle sezioni dell’ANPI, che, seppur ingiustificate, quantomeno se lo ponevano come obiettivo statutario, quantomeno avevano una missione culturale. Ma oggi no. Oggi si vuole la gloria per incapacità di incidere nel presente: MORTI DI FAMA quali sono; si vuole debellare il fascismo fin nelle bottiglie di Ferlandia. E per farlo, anziché relegarlo nell’indifferenza, se ne rispolverano i fasti e le disgrazie, non si fa altro che parlarne, e ciarlarne, e blaterarne.
FASCISMO. FASCISMO. FASCISMO. FASCISMO. FASCISMO. FASCISMO. FASCISMO.
(IN FOTO, A SINISTRA…: Efanuele Miano – Ph. Larealtànonesistepiù Press)
Per poi arrivare al risultato di tanto rimescolare: due anni di galera per una bottiglia souvenir, nel Paese in cui se fai una rapina, con ostaggi e feriti, rischi che ti danno un anno e mezzo di carcere, con la condizionale, un cesto di prodotti calabresi omaggio e tante scuse. Come gli stupratori di Rimini: due anni e poi vi andrete a fare una famiglia. E allora viene da dirgli, satireggiando un po’: se proprio si vogliono fare una famiglia, cominciassero dalla figlia. Che tanto ormai non rimane che gettarla in caciara. Tutta, ma proprio tutta.
E poi, vogliamo dirlo? CINQUE ore alla Camera (CINQUE!) per ribadire che la faccia del Duce è fuorilegge come Al Capone. 5 ore per dire no ad un accendino con la faccia di Mussolini. Cinque ore: come c…o glielo spiegate ad un partita Iva, appena aperta, col 23% di tasse (se non di più…) che sta aspettando che due clienti su tre lo paghino, da più di 2 mesi, quanto pesano 5 ore in una giornata?
Cinque ore per una questione fuori tempo e fuori luogo, già risolta dalla legge, peraltro. Voi date i numeri. Voi non siete come alcuni furbacchioni della Prima Repubblica, ladruncoli ma preparati. Voi siete un delirio, con cui non si può intraprendere un ragionamento culturale, visionario, verso cui frapporre una ragione che richiami alla libertà di pensiero garantita per Costituzione, alla barbarie della negazione democratica, alla furia demolitrice, come quella di Palmira; con cui sperare nella definitiva pacificazione nazionale, in quella che ritenete l’Italia migliore possibile. Cinque ore di antifascismo applicato col fascismo. Andate a cagare e basta! Si può dire?