Evviva il capotreno che ci ha ricordato che senza biglietto si scende dal treno. A scriverlo dieci anni fa, si rischiava d’esser presi per sciocchi bacucchi. Scriverlo oggi, invece, è perfettamente in linea col rincoglionimento generalizzato che infesta l’anima comune. Uno sentimentalismo armato a targhe alterne: si piange a comando e solo per certe disgrazie di questo Paese. E allora senza biglietto si scende, come dalla tratta Villamassargia-Cagliari. Fermate il mondo giullaresco dell’empatia, senza biglietto si scende. Chi l’avrebbe mai detto che un capotreno nel pieno e regolare svolgimento delle proprie funzioni potesse diventare un Masaniello dei giorni nostri? Dietro […]