Al supermercato con Henry James
“Sono cose che capitano” sembrava dirmi la signora dietro di me nella fila alla cassa del supermercato. E intanto sorrideva, inclinando leggermente la testa di lato. E forse la stessa cosa stava pensando l’attempato cliente che era proprio alla mia altezza nella fila a fianco alla mia. Anche lui si era girato. Ogni occasione di distrazione dalla routine è la benvenuta soprattutto se ci sono tre persone davanti a te per raggiungere la cassa del supermercato.
La scenetta cui abbiamo assistito ha colpito soltanto noi anche se, probabilmente, era a disposizione di molti. Una ragazza, dall’apparente età di 25/30 anni tentava di trascinarsi un ragazzino di 10/12 anni che si attardava al banco dei libri e delle riviste. Non voleva seguirla al reparto surgelati. Nicchiava, e faceva finta di essere colpito dal titolo di alcuni volumi esposti. Poi, all’improvviso, come se avesse trovato un modo per impedire la sua deriva verso i sofficini e i minestroni surgelati chiese “Cosa vuol dire giro di vite?” La ragazza non gli prestò nemmeno attenzione, piuttosto attratta dalle confezioni di pile tipo AA in offerta speciale (“Quelle adatte alla mia fotocamera digitale!” stava pensando lei, con ogni probabilità). “Forza! Dimmi cosa vuol dire!” insistette il ragazzino che mostrava di trattare la ragazza con sufficiente disinvoltura, propria di chi si sente comunque al centro dell’attenzione di qualcun altro. La ragazza non poté – a quel punto – fare a meno di voltarsi verso il banco dei libri e disse tutto d’un fiato: “Vedrai che sarà il libro di un economista sulla crisi finanziaria. Giro di vite dovrebbe significare stretta economica. Forza vieni. Che non abbiamo ancora finito di prendere le cose della lista di tua madre!”
Il ragazzino rimase perplesso osservando la copertina del libro (dove si vedeva una signora ritratta di mezzo busto in abiti ottocenteschi) e poi spostando lo sguardo verso i titoli vicini. Uno diceva Racconti fantastici, quello seguente L’educazione sentimentale e l’ultimo proprio vicino a quel presunto trattato di economia aveva per titolo Padri e figli. “Magari sono tutti libri di economia – si trovò a pensare il ragazzo –. Oppure manualistica varia accanto a libri sui fantasmi”.
L’anziana davanti a me nella fila girò la faccia per incrociare il mio sguardo e tenendo la mano davanti alla bocca mi sussurrò: “Quella ragazza non sa nemmeno la differenza tra stringere la cinghia e girare le viti. Ah, i giovani!” chiudendo la sentenza con un sospiro di strisciante malinconia.
Dal che ne ho dedotto che la ragazza ignorava sicuramente il significato dell’espressione “giro di vite” e, ovviamente, non conosceva l’arte narrativa di Henry James. Un gran peccato. Non per lei, si badi bene. Bensì per il ragazzino che voleva trascinarsi dietro. Chissà quando arriverà a conoscere quel capolavoro del racconto gotico, mi sono chiesto. Chissà se mai lo conoscerà? Che poi è la domanda più azzeccata. Di certo adesso penserà a come usare (a sproposito) quell’espressione tanto curiosa. Perdendo in un sol colpo due piccoli tesori: la conoscenza di una splendida, anche se truculenta, metafora (la vite che viene girata per rendere più dolorosa una tortura e in senso lato un’azione negativa che forzi qualcuno a reagire) e quello che può considerarsi come il più elegante e raffinato racconto dell’orrore scritto in lingua inglese. Non il più terrifico. Ma il più “letterario” senza meno. D’altronde quello di James era più che altro lo sfoggio di un’altissima capacità fabulatoria. Per il puro divertimento di mostrare il suo genio, l’autore delle Bostoniane e di Ritratto di signora aveva preso alla lettera quel contratto di quieto convivere tra l’autore e il lettore ben sintetizzato da Milan Kundera: “Tra romanziere e lettore i patti devono essere chiari fin dall’inizio: le cose qui narrate, per quanto terribili possano essere, non sono serie”. E di cose terribili, dentro quelle pagine, se ne raccontano molte. Ma senza mai ricorrere a effetti speciali. Forse è per questo che, a distanza di anni, la tenebrosa vicenda dei due orfanelli e della loro istitutrice è ancora vivida nella memoria. Come chiaro anche resta il significato di quel titolo, passato nel linguaggio comune. Leggere i classici aiuta fra le altre cose a districarsi nei significati delle frasi fatte e a non smarrirsi quando si è in fila alla cassa del supermercato.