Ogni volta che mi passa accanto una minicar,  con a bordo ragazzi che scimmiottano il peggio degli adulti al volante, mi vengono in mente le figlie di papà Goriot. Il celebre personaggio di Honoré de Balzac è sicuramente una delle maschere più vivide della Comedie Humaine, il grande affresco dedicato alla società francese dell’inizio del XIX secolo. La sua è una situazione a dir poco proverbiale: vedovo, fiaccato da una vita di enormi successi economici, dedica la vecchiaia a proteggere le figlie. Le fa entrare in società consegnandole a due mariti ricchi ma soprattutto blasonati ed eleganti. Fatto questo si ritira a vivere con poco nella modesta pensione della signora Vauquer. E fin dalle prime pagine del celebre romanzo che porta il suo nome (uscito a Parigi nel 1834) stride forte il contrasto tra la modestia della sua esistenza e il tenore di vita delle figlie. Per gli altri ospiti della pensione Vauquer è un mistero di cui è piacevole parlare e sparlare. Sarà il giovane e ambizioso Eugène de Rastignac a entrare nel cuore di papà Goriot scoprendo tutto il dolore e le umiliazione cui il vecchio panettiere si sottomette quotidianamente pur di veder le figlie contente e soddisfatte. Dicevo che le minicar di oggi mi ricordano questo splendido romanzo. Forse è più giusto dire che mi ricordano madame de Nucingen e madame de Restaud, le due figlie ingrate e avide che si vergognano quasi dell’origine borghese del padre e che fanno di tutto per schiacciarlo sotto il peso del loro cinismo. E’ un romanzo sull’amore paterno e sui sacrifici che si fanno per i figli. Un romanzo che dimostra ampiamente come i figli (i giovani in generale) abbiano la memoria corta. Una volta soddisfatto un capriccio, i ragazzi non si fermano nemmeno per un istante a pensare cosa c’è dietro. Come è stato possibile soddisfare il capriccio, quali conseguenze quell’azione comporti per i genitori piegati dal loro stesso amore. I ragazzi in minicar fanno di tutto (a Roma se ne vedono moltissimi in giro). Violano tutte le regole del Codice stradale senza il minimo scrupolo. Si stampano sulla faccia smorfie da adulti impenitenti. E scimmiottano le persone mature in tutte le loro peggiori abitudini. E pensare che queste minicar non sono certo economiche. Costano caro e soprattutto impediscono ai ragazzi di salire i primi gradini della vita con la giusta dose di umiltà. Non prendono gli autobus, troppo affollati, non vanno a piedi, troppo stancante, e non si accorgono che i loro genitori, invece, si spostano con i mezzi pubblici o con i motorini per andare a lavorare. Insomma, una volta ottenuto quello che vogliono i ragazzi tendono a rimovere il sacrificio che è stato necessario per soddisfarli. La stessa mancanza di riconoscenza  delle sorelle Delfina e Anastasia. Il padre arriverà fino al sacrificio estremo nel tentativo di onorare i debiti che le due donne (e i loro mariti) hanno contratto pur di non abbassare di un millimetro il tenore di vita che consente loro di avere tutte le porte dell’alta società parigina sempre aperte. Per notare il disincanto e il cinismo di questa società ci volevano ovviamente gli occhi vergini di un giovane provinciale ambizioso appena arrivato in città. Saranno proprio gli occhi di Rastignac a mostrarci questo apologo in tutta la sua cruda verità. Per farla breve questo romanzo mi sembra adatto non soltanto ai ragazzi (il personaggio più affascinante e misterioso è quello di Vautrin, un abile ex galeotto, che in tutta evidenza è servito da modello per Alexandre Dumas) ma anche ai loro genitori. Forse sarebbe meglio leggerlo prima di tuffarsi anima e corpo nella logorante ricerca dei regali natalizi. Insomma un romanzo per tutti, perché a tutti ha qualcosa da insegnare e ricordare.
Ps
Ovviamente le ambizioni di Balzac, nel riscrivere la tragedia di Re Lear aggiornata ai tempi della società parigina del XIX secolo, coprono un raggio molto più ampio. La sua descrizione della società dell’epoca è impietosa e il finale (a sorpresa, almeno per me) non salva praticamente nessuno.

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