Se un romanzo ci insegna la storia dei nostri diritti
Alla fine la distanza tra noi e loro si è ridotta, quasi annullata. Noi siamo sempre stati italiani. A volte più fieri, a volte meno. A seconda di come soffiava il vento della Storia. Loro, invece, italiani lo sono diventati quasi in silenzio. E molto lentamente. Nonostante si fossero messi di traverso al vento della Storia. E lo sono diventati quando la parola italiani (come tedeschi, sudtirolesi, ladini, austriaci) ormai ha poco senso. Loro, sono i sudtirolesi. Un popolo che ha subito dalla Storia tante meschine ingiustizie, quasi tutte inutili. Ripagati, però, e risarciti con gli interessi grazie a una classe politica che ha saputo capire che l’unica politica adeguata per promuovere la convivenza pacifica e l’integrazione piena era la politica dei piccoli passi e del reciproco rispetto delle diversità. Tutti i manuali di Storia raccontano bene le vicende e le vicissitudini di una regione montana tanto lontana dal nostro modo di vivere e di considerare il concetto di nazionalità. Eppure sono i romanzi che possono aiutare in maniera più efficace a rendersi conto di cosa vuol dire essere sudtirolese in un Paese dove le diversità non sono mai considerate fonte di ricchezza culturale ma pericolose forze centrifughe. Tanto è vero che negli ultimi anni l’Alto Adige è diventato più volte quinta di splendidi romanzi. In alcuni casi questi romanzi sono anche riusciti a fornire notizie utili e illuminanti sulla Storia della comunità sudtirolese e di quella altoatesina. Come Resto qui di Marco Balzano (Einaudi) e Lissy, opera seconda di Luca D’Andrea, autore del thriller La sostanza del male (Einaudi), bestseller mondiale. Prima di tutti, però, fu Eva dorme di Francesca Melandri (pubblicato nel 2010 da Mondadori) a fornire un ampio spaccato della storia di questa regione dagli anni Trenta dell’altro secolo ai giorni nostri. Il successo del romanzo fu più contenuto ma comunque importante, tanto che ora la casa editrice di Segrate ha deciso di riportarlo nelle librerie con un’edizione tascabile. Ed è un’ottima iniziativa. Lo inseguivo da tempo questo romanzo, che era comunque disponibile nel formato digitale. E l’attesa è stata ben ripagata. La Melandri non soltanto ci racconta la saga familiare degli Huber, concentrandosi soprattutto sull’emancipazione di Greta (da sguattera a cuoca rinomata) e sulla formazione di sua figlia Eva, ma ci offre anche un affresco dettagliato della storia di questa regione montana. Anzi il libro abbonda di dettagli e di spigolature che aiutano il lettore e il turista distratto a entrare in profondità nelle problematiche che hanno caratterizzato la società altoatesina negli ultimi ottant’anni.
Il romanzo ovviamente ha un’ambizione letteraria che riguarda soprattutto le due protagoniste. E già nel titolo nasconde un indizio sicuro. Cosa vuol dire per una donna affrontare la Storia? Come si pone rispetto agli uomini? E rilancia una provocazione già presente nel Paradiso perduto di John Milton. Lì, nell’XI canto, il poeta inglese fa addormentare Eva per permettere all’arcangelo Michele di mostrare ad Adamo di quali colpe si macchierà la stirpe che da lui (da loro) sta per nascere. Eva insomma non è interessata al futuro. Vive il presente senza preoccuparsi, senza malizie o ambizioni sbagliate. La nostra piccola Eva invece, nella sua prima notte d’amore con un giovane beatnik americano, non vuole dormire. Non perché nutra maliziose curiosità, non perché covi ambizioni poco cristalline. Semplicemente non dorme perché è proprio durante il suo sonno che la Storia è solita relegarla a una posizione marginale. La testarda, coraggiosa, e imperturbabile Greta, che indossa la sua bellezza come un vestito dozzinale, senza alcuna cura e senza alcun orgoglio, respinge al mittente le lettere che il suo ex amante (e padre putativo della piccola Eva) manda alla “figlia”. Lo fa mentre questa dorme e lo fa per tagliarla fuori dal mondo. E dagli affetti che, pur a distanze siderali (il padre putativo è il classico carabiniere calabrese tornato al paesello per sposare la donna scelta dalla famiglia), tentano di restare saldi. Greta è diventata una cuoca affermata. L’albergo-ristorante dove lavora ha avuto anche l’onore di ospitare una delle più importanti riunioni tra una delegazione della Democrazia Cristiana (guidata da Aldo Moro) e una della Sudtiroler Volkspartei, guidata da Silvius Magnago. Due figure queste, Moro e Magnago, che a confrontarli con i politici di oggi svettano come giganti. Per la loro cultura, per la loro educazione, per la capacità di pensare come statisti cioè non guardando il tornaconto del momento ma il bene delle generazioni future. Ed è proprio il disegno di Magnago che emerge concretamente nel corso della vita di Eva, che procede speditamente come il treno che la sta portando in Calabria per rivedere finalmente Vito, ormai in punto di morte. Non ci sono più monumenti sfregiati da ordigni rudimentali, non ci sono più commemorazioni funebri per morti inutilmente tragiche. Non ci sono più quegli sguardi in cagnesco e silenzi gelati tra componenti delle diverse etnie. Non c’è più quel sentimento di italianità che si viveva nella provincia durante gli anni “caldi” dell’irredentismo tirolese. “Bolzano – scrive la Melandri – è l’unico posto sul territorio nazionale dove gli italiani si sentono appunto italiani, e non siciliani, napoletani, veneti o piemontesi” Eva dorme è un libro godibilissimo che nelle mani dei giovani che nulla sanno della storia di questa ragione possono capire che quell’armonia che regna oggi tra vallate sempre verdi e candide piste da sci non è lì da sempre ma è il frutto di chi ha saputo governare gli umori più irrequieti della propria gente e, al tempo stesso, prefigurare una seria di – per l’epoca – nuovi diritti, come quello di difendere la propria identità culturale. Diritti all’epoca ancora pionieristici.