Nel collegio militare di Mahrisch Weisskirchen il giovane Robert Musil ha ricevuto molto più di una solida preparazione. In quell’ambiente claustrofobico e torbido il futuro autore dell’Uomo senza qualità ha imparato a riconoscere quali tragedie e quali abissi di angoscia e solitudine si celino dietro i volti brufolosi e gli occhi lucidi di febbre dei giovani cadetti. Ad appena 26 anni (nel 1906) dà quindi alle stampe un lavoro (I turbamenti del giovane Torless, Einaudi, traduzione di Anita Rho) che rompe con la tradizione del romanzo di formazione. Un titolo che fin da subito ottiene un successo enorme proprio per lo scandalo che crea. Un romanzo che, letto oggi a oltre un secolo di distanza, ci dimostra che l’evoluzione dei costumi e quella cosiddetta fluidità che caratterizza la coscienza di genere degli adolescenti di oggi non hanno poi spostato di tanto l’asticella dai tempi in cui il futuro scrittore austriaco frequentava il collegio militare.

Nel romanzo si racconta di un’intero anno accademico trascorso dal giovane Torless in un collegio. Non ci sono soltanto le perplessità di fronte ai grandi interrogativi posti dalla filosofia e dalla matematica. Quesiti ai quali un adulto forse eviterebbe di dare peso sapendo come tutto è relativo in un mondo fatto di responsabilità e compromessi; laddove un adolescente prenderebbe, invece, alla lettera gli stimoli dei nodi filosofici facendone una questione di vita e di morte. Ci sono anche la voglia di incidere sul presente e di vivere da eroe ogni giorno come se non ci fosse un domani.

Tra l’altro, ci suggerisce Musil, questa è l’età migliore per avvicinarsi al mondo dei grandi classici letterari. Torless legge Schiller, Goethe e Shakespeare. “Sono tragedie romane, o poemi lirici di una sensitività morbosa paludati di interpunzioni solenni e vestiti di merletti vaporosi  – spiega il narratore, quindi lo stesso Musil -: cose ridicole in sé ma di importanza inestimabile per un sano sviluppo. Perché queste associazioni di origine esterna e questi sentimenti presi a prestito aiutano i giovani ad attraversare il terreno morale pericolosamente morbido degli anni in cui è necessario essere qualcuno di fronte a sé stessi e tuttavia si è ancora troppo incompiuti per essere veramente qualcuno”.  D’altronde l’adolescenza non è altro che una corsa frenetica alla conquista di un’identità. Vista, quest’ultima, come il bagaglio unico ed essenziale per sopravvivere. Gli stimoli sono però tanti e tutti di origine differente. Quindi Torless passa anche per esperienze sessuali e affettive che attraversano tutti i confini della morale e del costume. Oggi parleremmo di fluidità. Allora semplicemente e silenziosamente quei ragazzi cercavano sé stessi confrontandosi con tutte le situazioni possibili. Anche all’interno di un collegio militare. Torless non è da meno dei suoi compagni più sfrenati. E passa, con i comprensibili turbamenti del caso, dal letto di un compagno a quello di una stagionata prostituta. E sempre chiedendosi cos’è l’amore e come si possa dominare quella passione indistinta che si vive (anzi si soffre) come una febbre che non si estingue mai. “La prima passione dell’adolescente non è amore per una ma odio per tutte – sentenzia l’autore austriaco credendo di cogliere in questo verdetto il senso la cifra esatta della crisi esistenziale dei giovani -. Sentirsi incompreso e non comprendere il mondo non è soltanto l’accompagnamento della prima passione, ma la sua unica causa non accidentale. E la passione stesa è una fuga, nella quale l’essere in due significa solamente una solitudine doppia”.

La violenza, le fughe, le regole infrante e la condotta esecrabile portano il preside a prendere provvedimenti. Alla fine dell’anno scolastico molti dovranno trarre le opportune conseguenza dal loro comportamento. Lo stesso Torless si ritirerà chiedendo e ottenendo dai suoi genitori di essere ripreso in casa e di essere affidato a un aio. Nel viaggio di ritorno verso casa il nostro giovane eroe si accorge di aver superato l’età dell’ansia. Ora il suo sguardo si posa su un mondo differente. Un paesaggio disegnato non più con i tratti decisi e colori primari dell’adolescenza ma tutti sfumature e nuances. “L’abiezione è passata – osserva il narratore -. Ma qualcosa è rimasto per sempre: quella piccola quantità di veleno che occorre per liberare l’anima dalla sua salute troppo sicura e compiaciuta e dargliene in cambio una più fine, acuta e comprensiva”. E l’arrivo a casa segnerà per il giovane Torless anche l’entrata nell’età adulta.

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