GETTY_20180608142705_26583090L’incontro tra il presidente russo, Vladimir Putin e il suo omologo cinese, Xi Jinping, svoltosi a Mosca questa settimana segna un ulteriore punto di svolta nelle relazioni sino-russe. E le notizie che sono emerse dagli incontri bilaterali sono di notevole importanza. La principale è che i due Paesi, sempre più messi sotto pressione dagli Stati Uniti, hanno esplicitato ulteriormente l’intenzione di intaccare il cardine dell’egemonia planetaria statunitense, che non è la US Army, ma il dollaro.

La Russia e la Cina intendono sviluppare la pratica degli scambi nelle rispettive valute nazionali”, ha a tal proposito dichiarato Vladimir Putin, nella conferenza stampa al termine degli incontri, svoltasi mercoledì, aggiungendo inoltre che i due stati hanno firmato accordi intergovernativi sull’espansione dell’uso dello yuan e del rublo nelle operazioni finanziarie bilaterali. Una bozza di decreto governativo sugli scambi in valute nazionali sarebbe inoltre stata pubblicata durante la stessa giornata, riporta RussiaToday.

Non si tratta di semplici convenevoli istituzionali. Perché, giova ancora una volta ricordarlo, è questo il tema che più preoccupa il deep state americano. Si ricordi che l’attacco all’Iraq avvenne in corrispondenza della decisione di Saddam Hussein di vendere il petrolio in euro e quello alla Libia di Muhammar Gheddafi in corrispondenza del progetto di un dinaro d’oro africano… E se la scelta dell’Iraq baathista prima e della jamahiriyya libica dopo crearono sicuramente nervosismo all’interno della Casa Bianca e del Pentagono, è facile immaginare il livello di allerta se, ora, a muoversi nello stesso senso sono due potenze del calibro della Federazione Russa e della Repubblica Popolare…

Così, mentre Pechino continua a combattere la sua guerra commerciale contro la Casa Bianca, Mosca si è offerta di supportarla. Dopotutto fu la Cina, nel 2014, all’epoca dello scoppio delle sanzioni per la crisi in Ucraina e dell’attacco speculativo al rublo, a tendere la mano verso Mosca, con ingenti contratti energetici. Così è emersa la possibilità che le piccole e medie imprese cinesi colpite dai dazi americani possano spostare, evidentemente con un regime di favorevole accoglienza da parte delle autorità russe, la produzione sul territorio della Federazione, aggirando così il problema.

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Ma numerosi sono stati gli accordi siglati. Su tutti quello che la compagnia nucleare statale russa Rosatom e l’omologa cinese CNNP – China National Nuclear Power hanno firmato per la costruzione della terza e quarta unità nella centrale nucleare di Xudapu, nella Cina nord-orientale. Un accordo dal valore di circa 1,7 miliardi di dollari. Merita un’altra menzione l’accordo tra Huawei e l’operatore telefonico russo MTS che permetterà al gigante cinese (i cui prodotti sono considerati dagli americani una minaccia per la sicurezza…) di sviluppare la rete 5G in Russia. Altri accordi saranno poi siglati in occasione del Forum di San Pietroburgo, dove Putin e Xi sono presenti oggi.

E mentre Cina e Russia sembrano fare quadrato contro una Casa Bianca sempre più aggressiva, una smentita della narrativa della presidenza Trump come “antisistema” arriva anche dalla partecipazione alla segretissima riunione del famigerato Club Bilderberg, tenutasi in Svizzera nei giorni scorsi, del genero di Donald, Jared Kushner, accompagnato dal segretario di Stato Mike Pompeo. Trattandosi di una riunione, come di consueto, riservata (anche nell’era della trasparenza…) non è dato sapere di cosa si sia parlato. In barba al populismo.

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