“Oggi più che mai gli uomini dovrebbero imparare a vivere senza gli oggetti. Gli oggetti riempiono l’uomo di timore: più oggetti si hanno più si ha da tenere”. Lo consigliava Bruce Chatwin che alla Patagonia dedicò un lungo viaggio di sei mesi e il suo primo libro. E un viaggio in Patagonia è senz’altro un ritorno all’essenza della natura tra paesaggi scolpiti dal vento e dall’acqua, ghiacciai azzurri che si tuffano in mare, silenzi irreali rotti solo dal vento. Soprattutto se si sceglie di esplorarla a bordo di una nave.

 

La nave Cruceros Australis tra i ghiacciai della Patagonia

Cruceros Australis tra i ghiacciai della Patagonia

Quando Stella Australis  salpa dal porto di Punta Arenas, Patagonia cilena, dalla grande finestra della cabina inizia a scorrere un film di ghiaccio e acqua, con notti nere illuminate solo dalle stelle e dalla luna. 100 cabine, confort e niente orpelli. Fino a Ushuaia in Argentina per cinque giorni non si incrociano più città, barche o luci sulla costa. Solo ghiacciai azzurri che nascono dall’acqua dove galleggiano scampoli di ghiaccio in un silenzio irreale in questa che è stata chiamata da Magellano Tierra del Fuego, per via dei fuochi che gli indios accendevano facilmente grazie alle pietre fossili. A bordo, esperti geologi e guide raccontano in inglese e spagnolo le vicende dei ghiacciai, storie di spedizioni e naufragi, la flora e la fauna, le tribù indigene. E accompagnano con agili Zodiac ad esplorare da vicino questo mondo.

Durante la crociera le escursioni avvengono su agili Zodiac

Durante la crociera le escursioni avvengono a bordo di Zodiac

Il primo approdo è la baia Ainsworth da dove si ammira il ghiacciaio Marinelli e la Cordigliera Darwin nel Parco Nazionale De Agostini (dedicato al salesiano Alberto Maria, geografo ed esploratore). Dalla rena ci si inoltra nella foresta sub-antartica scoprendo alberi sconosciuti come la nirre che profuma di cannella, il canelo, ricco di vitamina C, il calafate, dal cui frutto si ricavano liquori e marmellate, licheni giganti e parassiti appesi ai rami come lanterne cinesi. Nel pomeriggio gli Zodiac si avvicinano agli isolotti Tuckers: negli anfratti rocciosi si osservano i cormorani imperiali, mentre i pinguini di Magellano si godono qualche raggio di sole. Con un po’ di fortuna compaiono elefanti marini, delfini e il condor, tre metri di apertura alare e tanta suggestione mitica.

I Pinguini di Magellano si godono qualche raggio di sole

I Pinguini di Magellano si godono qualche raggio di sole

La mattina si scivola già nel Canale di Beagle, dal nome della nave che arrivò nel 1833 con un giovane Darwin a bordo, e si imbocca il fiordo del ghiacciaio Pia che termina con una gigantesca lingua di ghiaccio azzurro cristallino. Il silenzio è assoluto, ma appena sbarcati dagli Zodiac, è rotto da un boato. Un blocco di ghiaccio si stacca sollevando una nuvola bianca e cade nell’acqua gelida, alzando un’onda fugace. L’imponenza ha un cuore fragile.

Il fiordo del ghiacciaio Pia nel canale di Beagle

Il fiordo del ghiacciaio Pia nel canale di Beagle

Nel pomeriggio, lungo l’Avenida de los Glaciares sfilano i ghiacciai Romanche, Germania, Francia, Italia e Germania: dai ponti della nave si ammirano cascate di ghiaccio ipnotico, mentre al bar sono serviti aperitivi a tema per ogni Paese. Il terzo giorno Australis punta verso Capo Horn, l’ultima roccia d’America. Il vento monta, e dall’isola (425 m sul livello del mare) si staglia la silouhette di un albatros innalzata in memoria dei naufraghi. Si dice che gli albatros incarnino le anime dei marinai inghiottiti dal mare e a Capo Horn, doppiato per la prima volta nel 1616 da una nave olandese, sono naufragati innumerevoli velieri. Dalla penisola Antartica lo separano 954 km lungo lo Stretto di Drake, tra i mari più tempestosi del Pianeta. Il Pacifico e l’Atlantico si incontrano e scontrano, gli alberi non sopravvivono al vento, le onde sferzano le rocce scure dell’isola alzando colonne di schiuma e la luce è radente. Si sbarca nell’unico punto possibile: la caletta Leon. Tra le nuvole filtra un raggio di sole che non porta calore ma ha già la morbidezza del tramonto e sembra dilatare lo spazio. Il faro solitario ospita il guardiano e la sua famiglia. Vicina, la piccola cappella in legno, l’ultima del mondo, custodisce l’immagine di Papa Wojtyla che nel 1978 mediò la disputa cileno-argentina sulla sovranità di alcune isole nel Canale di Beagle, evitando lo scoppio di un conflitto. Il miracolo custodito a Capo Horn.

 

L'albatros in memoria dei naufraghi di Capo Horn

L’albatros in memoria dei naufraghi di Capo Horn

Elena Pizzetti

@Epizzet

credits: Australis

 

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