Colli Euganei: un distillato di bellezza
Colli Euganei: un distillato di bellezza
Un mare di colline verdi punteggiate
da ville nobiliari, castelli, abbazie,
vini d’eccellenza e buona tavola
di Dora Ravanelli
Una goccia di meraviglie distillate. Un poker d’assi di 200 kmq, appena a sud di Padova, che abbraccia arte, natura, storia, buona tavola e buon bere. Un’isola dei tesori, i Colli Euganei, creata dalle ere geologiche e dall’uomo. Cento i colli verdissimi, di origine vulcanica, di altezza omogenea (300 m circa), tranne il bizzarro Monte Venda, poco oltre i 600. Immaginate: un mare di onde morbide su cui convivono vitigni, uliveti, giuggiole, ogni specie orticola, ogni albero da frutto e, basta spostarsi di poche centinaia di metri, perfino i licheni, di cui si nutrono le renne nell’estremo nord d’Europa. Un miracolo della natura materializzatosi.
E poi la genialità e la capacità dell’uomo: ville, castelli, monasteri, chiese che stupiscono per raffinatezza ed eleganza, e che abbracciano, a dir poco, più di mille anni di storia e di arte e di elitaria cultura. Interlocutrici: Venezia e Padova nel periodo più splendente, le casate nobiliari venete e limitrofe, la ragnatela di acque che irriga, vivifica il territorio, confluenza di storie differenti, che si fondono in una bellezza incomparabile.
Il CASTELLO DEL CATAJO E I SUOI DIECI AMBIENTI MAI VISTI
Diamante del territorio, il Castello del Catajo (www.castellodelcatajo.it), prossimo a Battaglia Terme (già!, le terme con acque e fanghi curativi già dall’epoca dei Romani), ha aperto al pubblico il 13 aprile – dopo un coltissimo, scrupoloso intervento di restauro durato 2 anni – un’ala mai vista, pari a 10 ambienti, vissuti – in forma privata – prima dalla famiglia fondatrice, gli Obizzi del ‘500, poi dagli Asburgo-Este dell‘800. Manciate di secoli colti, zampate indelebili d’arte sia negli ambienti delle grandi feste – al piano nobile – sia negli spazi riservati alla vita familiare- a quello superiore – con delicate decorazioni neoclassiche e “sapore” d’intimità: camere da letto, servizi da tavola in ceramica, la sala della musica col fortepiano, quella da gioco. La scala a chiocciola, che congiunge i due livelli del castello, ha rivelato affreschi del maestro G. B. Zelotti.
In verità gli Obizzi erano dei parvenus per denaro, per potenza guerriera (un esercito privato), per importanza delle famiglie, ma non di sangue blu (origine francese imparentata coi Fieschi). Ciò non impedì loro l’esercizio della cultura: il Catajo divenne subito salotto letterario con ospiti come il Tasso e l’Ariosto. Proprio per farsi accettare e essere insigniti di qualche titolo (vi riuscirono, penando a lungo), fecero sfoggio di denaro, potenza, cultura, magnanimità…tutto concentrato in questo maniero-castello-villa di delizie e bellezza, 30.000 mq su 350 stanze, escludendo la nuova ala. In ogni salone, dipinti e affreschi sontuosi autocelebrativi con i grandi del tempo, opera di importanti artisti. Ogni ambiente ”dialoga” con il paesaggio esterno. Sede perfetta per feste sfarzose, regia e scenografia erano curate nei particolari: orchestra, saloni spalancati, candelabri ovunque, ponti e loggiati a disposizione degli ospiti senza limiti… Perfino le naumachìe, battaglie navali simulate sul canale d’acqua sottostante le mura difensive. L’ultima festa memorabile: quella per la visita dell’imperatore d’Austria (la proprietà del castello passò proprio agli Asburgo-Este, quando l’ultimo Obizzi restò senza eredi) con oltre 1.300 ospiti, 8.000 lumini e dai colli uno spettacolo pirotecnico di 45 minuti a imitazione di un’eruzione vulcanica. Anche nell’immediato esterno il Catajo esibisce, tra altri capolavori, un grosso elefante in cocciopesto e stucco, l’unico presente nell’Italia del Nord secentesca, dono venuto dall’Oriente. Quattro i giardini: straordinario quello con le due tra le più vetuste magnolie (‘700) che si conoscano. Alberi e fiori; un viale completamente ombrato per non intaccare il pallore delle dame; il lago, ex peschiera per trote, è oggi regno di eleganti ninfee.
LUNGO LA STRADA DEL VINO
Il nostro itinerario, da nord a sud, si snoda lungo tutti i cento Colli Euganei percorrendo La Strada del Vino Colli Euganei, che abbraccia pressocché l’intera area. E’ proposto dall’omonima associazione (www.stradadelvinocollieuganei.it), che concentra pregevoli realtà come aziende agricole, vitivinicole, artigiane, ricettivo-enogastronomiche, storico-culturali, ristoranti, enoteche, frantoi, distillerie, centri termali, il Parco regionale (www.parcocollieuganei.com)… Tutti visitabili in auto, a piedi (forze permettendo) o in bici. I vitigni, fiore all’occhiello dell’area, erano già presenti dal X secolo a.C. Oggi sono splendide geometrie che si alternano a prati, alberi, frutteti, oliveti. Pigmenti colorati: i borghi, i monasteri, gli eremi benedettini e camaldolesi, le ville e dimore, i castelli tutti di “sangue blu”, soprattutto casate patavine e veneziane, gli Este, i Carrara, le famiglie dei Dogi…
Vini rossi e bianchi di pregio nascono da specie autoctone come il glera, la garganega, il friularo, il pinello… Dall’Unità d’Italia entrano (d’importazione e a passo deciso) i bordolesi: il merlot, il cabernet franc e sauvignon …, che si trovano benissimo qui, unendosi in una felice parentela. Fiore all’occhiello, sinonimo dei Colli, il Fior d’Arancio docg nelle versioni spumante, fermo e passito.
BENVENUTI IN VILLA
Villa dei Vescovi, a Luvigliano, patrimonio del Fai (www.fondoambiente.it), è un ineguagliabile, armonioso esempio di “strabismo” artistico. Costruita nel 1535, come residenza estiva, dal vescovo di Padova, è antesignana delle ville venete palladiane, ma s’ispira anche alla Domus Aurea romana. Risultato stupefacente in un perfetto equilibrio tra natura (esterna) e bellezza degli ambienti interni. La facciata (ex) principale, opera di Giulio Romano, guarda a est, perché Padova è da quel lato. La scalinata (un tempo viale in leggero pendio a uso delle carrozze) nasce nel giallo della limonaia e nel verde delle colture picchiettate dalle “casette” marroni per le api. Al pianoterra un’infilata di volte; a quello superiore, un’infilata di sontuosi saloni con affreschi a temi differenti: musicali, agro-pastorali, pompeiani, con putti… Camini, soffitti a cassettoni, mobili antichi ma non coevi, grandi finestre e loggiati panoramici senza soluzione di continuità tra “fuori” e “dentro”. Copre la villa il tetto costruito postumo, a copertura dell’originario impluvium ovale, spalancato sul cielo (la neroniana Domus, appunto). Esperienza irripetibile: dormire in uno dei due appartamenti nel sottotetto (180 euro a notte per un minimo di 3 notti).
C’è sempre una gran vita, comunque. Non solo aperture serali per visite guidate (fino alle 23). La Strada del vino Colli Euganei organizza ogni prima domenica del mese (stagione permettendo) un mercatino enogastronomico (e non solo) sotto il porticato ed eventi con le migliori aziende vinicole. Di sua competenza anche l’enoteca sotterranea. Il Fai, unico esempio in Italia, cura il ristorante-caffetteria Bistrot (tel. 351.6181682), ambiente semplice e “fresco”, piatti creativi con ingredienti del territorio.
LE CILIEGIE RACCONTANO…
Pochi km a sud, Torreglia passerebbe, seppur bella, in anonimato, se non vi fosse la sede di un liquorificio storico italiano (da oltre 200 anni, la medesima famiglia), la Luxardo, sinonimo di Maraschino, cioè liquore ricavato dalle ciliegie marasche, piccole, aspre, da agricoltura propria come la fonte d’acqua usata per la distillazione. Se il whisky è sinonimo di Scozia, l’Italia si identificò, specie nel primo cinquantennio del Novecento, col Maraschino, oggi tornato di gran moda anche come ingrediente per cocktail. Visitare il Museo Luxardo inaugurato nel 2023 (www.museoluxardo.it) è come ripercorrere la storia nazionale
attraverso etichette, vecchi macchinari, locandine pubblicitarie, foto e documentari storici in b/n.
…E LE VIGNE RISPONDONO DALL’ABBAZIA
I monaci benedettini hanno la loro comunità nell’Abbazia di Praglia, quattrocentesca , ma edificata su fondamenta del Mille (www. praglia.it), a Teolo. Il precetto “Ora et labora” qui è applicato alla lettera. La comunità religiosa dispone, tutt’intorno, di 100 ha di terreno, di cui 11 a vigneto (oltre a limoni, lavanda, erbe officinali…) che, lavorato dai monaci, danno un totale di 60.000 bottiglie annue, in vendita in loco o su ordine: vini bianchi Igt, ma anche di classe superiore, metodo classico, passiti, e poi rossi, pure nella versione “riserva”. Emozionante vedere le antiche cantine, a colonnati e a volte in pietra, con le botti e le file di bottiglie a riposare.
Ma qui tutto è emozione. A cominciare dai quattro chiostri, di cui uno pensile per raccogliere acqua nel pozzo centrale. Manciate di meraviglia: la biblioteca del ‘500 con oltre 10.000 volumi antichi, soffitto dipinto dal caposcuola Zelotti, boiserie del’700 e, nelle formelle, ritratti di personaggi colti; la sala contigua è quella della lettura con grande camino settecentesco in pietra e i mobili-leggìo; il laboratorio di restauro volumi; il refettorio con dipinti del ‘500; le vasche in marmo con bassorilievi ad animali marini; la sala riunione minore dei monaci con le tombe sotterranee; il laboratorio cosmetico e l’erboristeria; l’ex-essiccatoio delle foglie di tabacco destinate ai produttori di sigari del Brenta; l’ultimo chiostro – il più antico – con pozzo centrale e la più vecchia magnolia vivente conosciuta, un doppio loggiato ogivale; il sotterraneo con forno per il pane, oggi locale-degustazione d’atmosfera per i vini prodotti… Il campanile-torre merlato che svetta su tutto. Un “Piccolo mondo antico” che nell’800 ispirò Antonio Fogazzaro per l’omonimo suo romanzo. Altri personaggi di cultura innamorati dei Colli Euganei? Niccolò Tommaseo, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Lord Byron, P. B. Shelley… e Francesco Petrarca, che merita un capitolo a parte.
IL TRONFO DI 3 SENSI SU 5
Attraversando verso sud il paesaggio calmo disegnato dalle onde verdi di cento colli, il botanico più raffinato gongolerà e tutti gli amanti della bellezza ricorderanno i versi di Leopardi “…e naufragar mi è dolce in questo mare”. Cinto Euganeo, in più, ha due splendidi Jolly da giocarsi: la Trattoria da Sgussa, località Faedo (www.trattoriadasgussa.it), in una casa dell’800, dehors, sala interna a L, pareti bianche, soffitto a travi, cucina tradizionale (come i medaglioni di cinghiale con pancetta e verdure saltate) a km 0. Uno zero “giottiano”, perfetto, perché i prodotti arrivano dalle piccole aziende di famiglia sparse intorno: formaggi caprini (quello erborinato con la menta è particolare), insaccati, verdure, marmellate… vini dei Colli.
In zona, il Frantoio di Cornoleda è uno degli apici di qualità nel mondo dell’olio (www.frantoiodicornoleda.com). La famiglia Zanaica produce, raccoglie, imbottiglia e vende olio extravergine, una piccola produzione da cultivar locali come Rasara e Matosso. Le olive sono staccate dai rami il mattino presto ed entro le 12 sono lavorate a freddo per non disperdere nulla di proprietà e aromi. Detentore di premi per l’eccellenza, il frantoio ha un punto vendita con tutte le tipologie di extravergine.
Un po’ più a sud, Este si presenta, nobile e possente, con la sua cinta muraria di circa 1 km e la torre dominante. Di proprietà dell’omonimo casato (migrato poi a Ferrara), passò alla famiglia patavina dei Carraresi e quindi ai veneziani Mocenigo. In un palazzo cinquecentesco, il Museo atestino sulla civiltà degli antichi veneti. Fuori le mura, nuova “zampata” nel panorama della ristorazione euganea è il ristorante Incalmo (www.incalmoristorante.com), luminoso, interno con vetrate sul paesaggio, dehors, luci e arredi dosati su un’estetica contemporanea, in cucina giovani chef con esperienze internazionali, menu che osa armonie e combinazioni d’ingredienti in apparenza lontane, ma sempre mirabilmente azzeccate. Per esempio: totano con ceci, rabarbaro e salamino piccante; riso e rane mantecate al cocco, polvere di cipollotto e spezie; tortiglioni gratinati con basilico, crema di melanzane e confit di pomodorini; babà al limone e levistico. Menu degustazione di 7 portate a 90 euro.
NEL NOME DI FRANCESCO PETRARCA
Puntando a est, la perla è Arquà Petrarca, spalmata su un colle, un borgo perfettamente medievale, dove è bello passeggiare nella morbida ragnatela delle strade. Guardare sui due lati o a naso in su lungo le facciate raffinate di case e dimore, spesso con verde sul retro, è perdersi nel passato e nella storia in leggerezza. Non è retorico, allora, pensare di potere incrociare il grande poeta Francesco Petrarca che visse l’ultima parte della sua vita qui, nella casa (visitabile, tel. 0429.718294) che gli permetteva di vedere il paesaggio sottostante, fondendosi con esso. Leggenda si mescola a realtà storica, ma è comunque magia. (Esiste anche un percorso naturalistico e di scoperta: il Parco letterario Francesco Petrarca e dei Colli Euganei, via Castello 6, www.parcopetrarca.com). Atelier e negozi occupano le antiche case godendo di muri possenti, soffitti a travi e altri elementi architettonici dell’epoca. Ne è un esempio, in via J. da Arquà 9, Terrebianche, suppellettili, decori e altro di charme.
Sotto un pergolato ampio e panoramico quasi a 360° o all’interno – curatissimo, camino, fiandre bianche, centrotavola delicatamente fioriti -, da Tavern (www.tavern.it) eleganza e buona cucina si fondono. Piatti di tradizione con un quid in più e specialità di pesce. Proposte: tartare di cinghialetto con gocce di stracciatella al basilico; bigoli ai 7 cereali con lepre in salmì; coscia di lepre marinata con prugne e castagne; scampo alla Busara in fagotto di pasta fresca con spuma di castagne e mostarda di mela bruciata.
Persa in un mare di… giuggiole (350 piante in produzione più 250 non ancora “mature”), ecco, ai confini di Arquà, l’azienda agricola Scarpon (www.scarpon.it). Bacche rosse, come grosse olive, fiori bianchi, le giuggiole –frutti di alberi centenari, 120 tipi nel mondo – vengono raccolte a mano il mattino presto: quelle perfette sono messe sotto grappa dalla famiglia Callegaro, le altre usate per confetture entro 2 giorni, le più mature sono per il brodo (da qui l’espressione idiomatica: “Andare in brodo di giuggiole”, appunto). Curiose, le giuggiole! Arrivano dall’Oriente in epoca romana e successivamente sbarcano a Venezia. I lotofagi dell’ “Odissea” non si nutrivano di fiori di loto – sembra – ma di giuggiole; con la pianta, quanto mai spinosa, fu fatta la corona di Gesù crocefisso; e, sempre per le sue caratteristiche, un tempo le barriere per definire le proprietà si “costruivano” con i loro rami ad aculei. Da Scarpon si acquistano e gustano nelle varie preparazioni assieme a tutte le altre produzioni di famiglia: grappe e liquori, confetture, miele, sott’olii…da asparagi, paprica selvatica, zucchine, pungitopo, ortiche, estragone (alla lettera: “piccolo drago”).
CHIARE, FRESCHE, DOLCI ACQUE…E ANCHE TERMALI
Dove soggiornare con eleganza e per visitare facilmente il territorio? I Colli Euganei sfumano a nord con le due regine dei centri termali non solo più importanti d’Italia, ma d’Europa: Abano Terme e Montegrotto, quest’ultima anche testimone dei più importanti resti archeologici della Roma Antica oggi visitabili in zona. Già da allora, acque salutari risalivano, da un sottosuolo profondo 2.000-3.000 metri e fino in superficie, anche con l’aiuto dell’uomo, attraverso canalizzazioni e bacini di raccolta. Temperatura fino a 80° C. Arricchendosi, nel tragitto sotterraneo, di sali minerali e altre sostanze benefiche, erano – e sono – perfette per trattamenti curativi e anche di bellezza sia sotto forma di fanghi sia di acqua. Abano e Montegrotto (www.visitabanomontegrotto.it) vissero nella Belle Epoque e nei primi decenni del Novecento la loro stagione d’oro. Teste coronate, alta borghesia, politici, intellettuali, letterati amavano vivere il loro buen ritiro qui. Gli alberghi si fecero splendidi. Sono – alcuni – tra gli stessi che ritroviamo ora, medesima atmosfera scintillante, colta, ineguagliabile. Servizi superlativi al passo coi tempi. Ad Abano, affacciato sulla zona pedonale vivissima, mirabile il 5 stelle Grand Hotel Trieste & Victoria, testimone anche, tra le sue mura, di eventi storici (www.hoteltriestevictoria.it). Un giardino d’ingresso circonda la facciata, aperitivi musicali al Secret Bar, sul retro un parco di 25.000 mq, 4 piscine ad acqua termale ricca di sostanze minerali salso-bromo-jodiche; in quella estiva scorre acqua fresca e incontaminata. E poi la nuovissima White Spa, enorme e pur perfetta, con ogni tipo di trattamento esistente e/o personalizzato. E, ancora, il grill, il ristorante Diaz con cucina italiana e veneta d’eccellenza , il “corner” dei gelati artigianali, gli eventi a tema, camere e suite con grande personalità, saloni che dispiegano arredi, suppellettili, dipinti, specchi Otto-Novecento, mai incombenti, sempre sotto il segno della raffinatezza.
Informazioni: www.stradadelvinocollieuganei.it